Tabù infranti

A inizio mese nelle edicole del Cantone Ticino e, negli scorsi giorni, in Italia è uscito un giornale che parla di droghe utilizzando un linguaggio accessibile a tutti coloro che, senza essere dei professionisti del settore, vogliono saperne di più su questo problema che tocca l’intera società. Carta patinata, grafica accattivante, notizie certe, rigorosamente documentate o documentabili, «Il lecito» vuole essere innanzitutto uno strumento di prevenzione primaria. Dalla linea editoriale dichiaratamente anti-proibizionista – il che non significa assolutamente difendere o peggio incitare al consumo di stupefacenti – questo bimestrale, primo nel suo genere, scritto in italiano ha optato per un approccio realistico e disinibito al fenomeno droga. Chi nonostante tutto non intende rinunciare allo sballo, può trovarci almeno quelle informazioni utili a capire cosa sta consumando ed a quali rischi va incontro con il suo comportamento. Realizzato in Ticino, ma rivolto anche e soprattutto al mercato italiano, dal suo osservatorio privilegiato «Il lecito» cerca inoltre di far conoscere e comprendere le peculiarità dell’approccio elvetico al problema droga. Quello di un Paese all’avanguardia nelle politiche di riduzione del danno, descritto ancora troppo spesso erroneamente all’estero come una sorta di paradiso della tolleranza in cui l’eroina viene regalata in farmacia. All’editore de «Il lecito», il giornalista Michel Venturelli, abbiamo chiesto di raccontarci come è nata l’idea di questo bimestrale. «Ci siamo accorti che il fenomeno droga è diventato un problema che, chi più chi meno, riguarda tutti. O perché ti fai, o perché hai un figlio tossicodipendente, oppure hai paura perché è l’amico di tuo figlio che si fa, o lavori in banca è sei confrontato con i problemi del riciclaggio, oppure sei un autotrasportatore e hai sempre il dubbio che tra la merce ti nascondano della roba. Ci siamo però anche accorti che tutte le riviste che trattano di droghe sono riviste scientifiche, fatte da specialisti per mantere aggiornati altri specialisti. Con il risultato che all’edicola non le vendono e anche se sei abbonato non ci capisci un accidenti. Uno spazio da occupare Guardandoci un po’ attorno e partendo dalla prima rivista di questo tipo che si chiama «High Time», nata 25 anni fa negli Stati Uniti, abbiamo visto che ce n’è una molto bella in spagnolo, ce n’ è una molto bella in tedesco, ce ne sono di niente male in olandese, ce ne sono in inglese, ma ne mancava una in italiano. Così abbiamo pensato di creare un prodotto da distribuire sul mercato italiano e stare a vedere che cosa accade. Per forma e contenuti vi siete ispirati a qualcuna di queste riviste in particolare? Come le altre, anche la nostra rivista contiene un centinaio di pagine ed è su carta patinata. La differenza è che «Il lecito» è un giornale atemporale. Di stretta attualità abbiamo solo una rubrica che si chiama «no comment», in cui facciamo il punto sulla situazione partendo da estratti stampa di tutto il mondo, dicendo «è successo questo e quest’altro», senza però far commenti, perchè non siamo pagati per indottrinare nessuno. Semplicemente cerchiamo di esporre dei fatti anche se quando si parla di droga è estremamente difficile essere neutrali ed oggettivi. Ma noi non abbiamo questa pretesa. Inoltre «Il lecito» non parla solo di canapa ma di tutte le droghe. Anche se l’«erba» occupa comunque una parte importante della rivista. C’è la rubrica del giardiniere, ci sono spiegate le principali piazze della marjuana e dell’hashish in Italia, cominciando da Milano. Abbiamo un collaboratore che ha appena finito un dottorato in sociologia proprio sul gergo del fumo in tutte le città d’Italia. Si tratta di articoli abbastanza divertenti e scherzosi che saranno pubblicati in parte anche da «Il Diavolo». In questo primo numero dedichiamo ampio spazio anche alla canapa medica e al suo uso terapeutico (in Italia c’è una grossa associazione che si occupa di canapa terapeutica). A questo proposito bisogna dire che le possibilità terapeutiche stanno rivoluzionando il panorama delle leggi sugli stupefacenti in Europa. In Canada «l’erba» non è legale, ma è usata legalmente a scopo terapeutico. In Inghilterra se ne sta discutendo. Finalmente si torna a riconoscere, perché in passato già lo si sapeva, che la canapa ha degli effetti benefici su determinate patologie. Malattie anche gravi come la sclerosi multipla, l’epilessia, il glaucoma, o può servire per il mantenimento durante la cura del cancro, contro gli effetti collaterali causati dalle radiazioni e dalla chemioterapia. Firme prestigiose Per quanto riguarda la realizzazione, la stampa e la distribuzione come vi siete organizzati? «Il lecito» non è organizzato, nel senso che non ci sono dei giornalisti fissi. Ci sono collaboratori fissi a Milano, ce ne sono a Roma, ma si tratta in tutti i casi di esperti di queste tematiche. E tra i nostri redattori, c’è chi sa tutto sulla droga perché sono 30 anni che si documenta solo ed esclusivamente su questa problematica. Abbiamo professori universitari che scrivono per noi, corrispondenti da Los Angeles, Sudamerica, Olanda, Barcellona. Tutta gente che sa di cosa sta parlando. Non ci sono giornalisti che oggi si occupano, che so, dell’apertura dell’anno scolastico, e domattina dell’eroina. Questo per quanto riguarda i testi. Per la grafica a chi vi siete affidati? Tutta la parte grafica è curata da Consuelo Garbani, che secondo me ha fatto un gran bel lavoro. La trovo interessante, ben ordinata, facilmente fruibile. È riuscita a risolvere uno dei nostri problemi: quello di rendere leggibile la rivista. Dato il tema un po’ «particolare», avete incontrato difficoltà per riuscire a stamparlo e distribuirlo? Per la stampa no. Ci siamo affidati alla Medigraf, in Italia, perchè ci assicurano la tiratura che attualmente è di 40 mila copie. Per quanto riguarda la distribuzione invece è stato un disastro. Infatti dovevamo uscire a settembre ed invece abbiamo accumulato due mesi di ritardo. Anche perché essendo un bimestrale abbiamo preferito aspettare anzichè uscire ad ottobre. Pensa che, a settembre, stavo per dare l’ordine di stampare quando trovo un messaggio sul mio cellulare in cui la segretaria del distributore mi avverte che l’accordo era saltato. Ho avuto una serie di rifiuti da parte dei distributori, uno dei quali mi ha detto chiaramente: «se lei vuol fare l’editore border line faccia pornografia. Della pornografia conosciamo le regole, della droga no». Ero un pochino spiazzato perché sembrava stessimo facendo incitamento al consumo di stupefacenti. Cosa che assolutamente «Il lecito» non fa. Alla fine la distribuzione me l’ha regolata una signora che ho avuto il piacere di conoscere di recente a Roma, che è la direttrice del settimanale Carta, la quale ci ha risolto il problema tramite la Rete europea di distribuzione stampati (la stess del quotidiano «il Manifesto». L’informazione inquinata Il fatto di essere distribuito soprattutto in Italia, dove generalmente di droghe si scrive poco e in modo disinformato, pensi possa contribuire a far comprendere meglio all’estero la politica della Confederazione in materia di droghe? Ti dico solo che se a Berna ci siamo presentati alla ministra dell’interno Ruth Dreifuss dicendo «stiamo facendo un giornaletto sulle droghe, dateci un’intervista», convinti che ci avrebbero mandato a quel paese, ed invece ci hanno dato niente meno che Ueli Locher, che di fatto è la mente di Dreifuss per le politiche di riduzione del danno, credo voglia dire molto. Penso proprio che quando a Berna hanno saputo quel che stavamo facendo erano piuttosto contenti. Nel dibattito tra proibizionisti e antiproibizionisti, qual’è la linea editoriale di Il lecito? Noi seguiamo una linea editoriale dichiaratamente e squisitamente antiproibizionista, ma si tratta di un antiproibizionismo di tipo scientifico. Io non ho alcun problema a scrivere che la marjuana uccide dal momento che qualcuno farà una ricerca scientifica che stia in piedi e dimostrerà che la marjuana uccide. Per ora le ricerche scientifiche dimostrano che la marjuana non crea dipendenza e non fa male, contrariamente a quanto si cerca di far sapere in giro. La conseguenza dei tanti interessi che ruotano attorno al problema della droga è proprio quella di ritrovarsi con un’informazione inquinata, difficile poi da verificare e smascherare. Trovo il titolo particolarmente azzeccato. Come vi è venuto in mente? Il titolo è un colpo di genio. Si era pensato a «le cito» o «lecito». Poi attaccandoci un «Il» è diventato «Il lecito», che quindi ha praticamente 3 significati. Inoltre, anche se ci occupiamo prevalentemente di droghe, questo tiltolo ci lascia un’apertura. Nella zona d’ombra tra lecito ed illecito c’è la tv spazzatura, l’aborto, la pedofilia, l’incitamento alla bulimia o all’anoressia con tutti quei meravigliosi spettacoli pieni di stupende signore con il culo e le tette fuori.Quello che vorrei riuscire a far capire è che la droga è un fenomeno culturale. Che sia quella dei rave o degli indiani del Messico, sempre di cultura si tratta. Una cultura underground estremamente interessante e variopinta che, forse anche come criminologo e quindi già border line per conto mio, conosco meglio di altre. Personalmente se mi metti davanti ad un quadro non ci capisco nulla, ma se mi fai vedere un tatuaggio ti so dire chi lo ha fatto. Michel Venturelli, hai altre esperienze editoriali alle spalle? No. Sono un incosciente nato. Questo lo puoi scrivere.

Pubblicato il

30.11.2001 02:00
Stefano Castagno