Questa storia ha inizio nel 1980 negli Stati Uniti. A dare il la al processo di fusioni e acquisizioni nel settore dell'agrochimica è una decisione della Corte suprema che stabilisce che un essere vivente, nel caso specifico un batterio, può essere brevettato. A partire da quel momento il settore privato comincia ad investire nella ricerca agricola, prendendo il posto fino ad allora occupato da varie istituzioni pubbliche. L’offerta d’acquisto di Syngenta da parte del gruppo pubblico cinese ChemChina possiamo farla partire da qui. Da un batterio. O meglio: dalla possibilità brevettarlo. Ma andiamo con ordine. Allora Syngenta non esisteva ancora. La prima grossa azienda a comprendere il potenziale, scientifico e economico, delle biotecnologie agricole (Ogm) è stata la Monsanto. Sono i ricercatori di questa multinazionale americana a creare le prime piante geneticamente modificate. Monsanto all’epoca era un’impresa tutta chimica che faceva del Roundup – l’erbicida più diffuso al mondo – la principale fonte di guadagno. Vi era però un problema: il brevetto su questo prodotto stava per scadere, mettendo così a rischio i profitti dell’azienda. Monsanto ebbe così un’idea diabolicamente geniale: creare delle piante resistenti al Roundup. Così, a partire dal 1994, l’azienda di St. Louis ha potuto fare della vendita del pacchetto seme/pesticida il suo modello di business. Tutto ciò ebbe un impatto estremo nel mondo dell’agrobusiness. Il settore dei semi, fino ad allora poco concentrato, operativo su scala regionale e focalizzato sui risultati della ricerca pubblica, diventa di colpo interessante. Con gli Ogm, il legame tra prodotto fitosanitario e seme diventa indissociabile e le multinazionali chimiche cominciano ad acquisire decine di piccole società produttrici di sementi. È un riconversione industriale senza precedenti: di colpo la chimica pura non interessa più e le multinazionali decidono di puntare sulla rivoluzione biotecnologica, coniugando ricerca farmaceutica e agricola, assicurandosi un portafoglio di brevetti e sfruttando le sinergie presenti in settori apparentemente lontani per trarne il massimo profitto. Un impulso maggiore verso questo nuovo modello industriale arriva dalla Svizzera. Nel 1997, una fusione crea il nuovo gigante dell'economia elvetica: Novartis. Un’operazione che, a livello mondiale, provoca la perdita di 10.000 posti di lavoro. La nuova società prende origine dalla fusione tra Ciba-Geigy e Sandoz, due nomi storici del polo chimico basilese. Con alle spalle una storia secolare nel settore chimico e farmaceutico, le due società cominciano ad acquisire un'importante posizione nel settore dei semi già a partire dagli anni '80. Prima della creazione di Novartis, Sandoz è il terzo produttore mondiale di sementi, Ciba-Geigy è il sesto. La stessa strategia è stata applicata da altri giganti del settore: la statunitense DuPont ha acquisito Pioneer Hi-Bred, il più grande produttore semenziero mondiale, mentre l’inglese Zeneca ha dato luogo, con la farmaceutica svedese Astra, alla più grande fusione della storia. Passano due anni ed ecco che in Svizzera vi è un nuovo colpo di scena: Novartis decide di scorporare la propria divisione agricola e di fonderla proprio con gli anglo-svedesi di Astra-Zeneca. È la nascita di Syngenta. Nel mondo altre 3.500 persone perdono il lavoro. Syngenta diventa la prima multinazionale interamente dedicata all’agrobusiness, leader mondiale di prodotti agrochimici e terzo produttore di sementi. All’inizio del nuovo millennio, l’agricoltura mondiale è ormai controllata da una stretta oligarchia. Sei multinazionali controllano il settore: Syngenta, Monsanto, DuPont, Dow Chemical, Basf e Bayer. Questa concentrazione nelle mani di pochi attori di sementi, tecnologie e brevetti crea inquietudine. La ricerca è sempre più orientata su poche varietà di piante, in particolare quelle più adatte alle grandi superfici coltivate con metodi industriali. Mais, soia, colza e cotone: sono queste le principali varietà toccate dal fenomeno Ogm. Varietà non certo indispensabili alla sovranità alimentare ma sulle quali si possono cospargere grosse quantità di prodotti chimici. Sfogliando i rapporti annuali di Syngenta e Monsanto si nota come sono proprio soia e mais a generare la gran parte dei profitti nel settore delle sementi. Inoltre, con il rinforzamento a livello internazionale della proprietà intellettuale sulle piante, grazie agli accordi presi nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio, e lo sviluppo delle sementi ibride, gli agricoltori sono sempre più costretti ad acquistare ogni anno le sementi da queste poche società, ciò che genera una dipendenza molto forte. Il processo di concentrazione nel settore ha preso una nuova dimensione a fine 2015. Dow e Dupont-Pioneer Hi-Bred (il cui quartier generale per l’Europa si trova in Ticino, a Manno) si sono accordati per una nuova megafusione che creerà tre nuove entità, di cui una dedita all’agrobusiness. La mossa successiva l’ha fatta Syngenta che ha accettato l’offerta record di ChemChina, dopo mesi di avances da parte di Monsanto. Il gruppo statale cinese entra così di peso nel settore agricolo, considerato strategico da Pechino. Un’operazione che potrebbe aprire il mercato cinese agli Ogm prodotti da Syngenta, così come a quei pesticidi tossici vietati in Europa. Per Pat Mooney, esperto dell’Ong canadese Etc Group, attiva nell’analisi dei fenomeni di concentrazione nel settore agricolo, l’arrivo dei cinesi avrà delle conseguenze sul settore: «Monsanto è ora da sola, esasperata per acquistare un’altra società o farsi acquistare. Gli scenari sono diversi ma è probabile che il gruppo americano si accorderà con una delle due tedesche, Basf o Bayer». Insomma, a controllare l’agricoltura mondiale resteranno tre squali: uno americano, uno tedesco e... Cyngenta. |