Svolta sul salario minimo

Da anni questa rubrica racconta del timido approccio dell’Unione europea nell’ambito delle riforme sociali. Alla fine del 2017 si tenne a Göteborg un vertice sociale dell’Ue che proclamò il “Pilastro europeo dei diritti sociali”. «Aria fritta» pensarono in molti all’epoca. Ma la Confederazione europea dei sindacati (Ces) decise di prendere in parola i politici. E nel maggio 2021 al vertice sociale di Porto i leader europei hanno adottato un piano di attuazione impegnandosi a conseguire gli obiettivi sociali per il 2030. «Aria fritta» ha giudicato il sospettoso Partito comunista portoghese. Dopotutto, esistevano già alcune bozze di nuove leggi e la Ces stava esercitando pressioni a ritmo continuo.


Nel dicembre 2021 è emerso chiaramente che la nuova legge più importante sarebbe stata la direttiva sui salari minimi e la contrattazione collettiva. Non si tratta dunque solo di singole misure (come un congedo paternità di 10 giorni o più tutele per i lavoratori delle piattaforme), ma di un testo riguardante i negoziati in materia di salari e di condizioni di lavoro. Per il 2022 avevamo annunciato una “partita decisiva” che avrebbe determinato la “curva sociale” della politica europea.


Ora sono arrivati i goal e il risultato è migliore di quanto persino gli ottimisti come il sottoscritto osassero sperare. Per i paesi che conoscono salari minimi legali, l’Ue fissa dei requisiti: i salari non possono più restare a livelli bassi ma devono avvicinarsi al 60% del salario mediano. Il minimo legale si applica inoltre a tutti i rami professionali, quasi senza eccezioni. Con un’attuazione rapida, 24 milioni di salariati (5 milioni solo in Romania e 4 in Italia) otterrebbero sostanziali aumenti.


La direttiva vuole anche promuovere i contratti collettivi in tutti i paesi membri. Gli stessi vanno negoziati con i sindacati e non con pseudo-organizzazioni non rappresentative. Sindacati e sindacalisti che peraltro non possono essere discriminati a causa della loro attività. I contratti collettivi devono essere rispettati, il che richiede controlli e sanzioni dissuasive. Nei paesi in cui meno dell’80% dei salariati è coperto da un Ccl, devono essere elaborati piani d’azione per promuovere questo strumento. Per esempio, nell’ambito dei criteri di aggiudicazione di appalti pubblici e concessioni.Questo risultato è per i sindacalisti come festeggiare Natale e compleanno lo stesso giorno.


Siamo curiosi di vedere se il nostro Consiglio federale è ora disposto ad accogliere questa opportunità e a collegarla alla controversia con l’Ue in materia di protezione dei salari.

Pubblicato il

15.06.2022 10:52
Roland Erne
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