Svizzera umanitaria in cerca d'identità

Nel mezzo dell'euforia degli Europei di calcio, si è tenuta a Berna la votazione del Consiglio nazionale sul credito quadro per l'aiuto svizzero allo sviluppo dei prossimi anni. Nonostante la recente consegna di oltre 200 mila firme a sostegno della petizione "0.7 per cento – insieme contro la povertà", promossa da oltre una settantina di organizzazioni umanitarie ed enti religiosi di tutto il paese per chiedere l'aumento dei contributi pubblici a favore dei paesi in via di sviluppo in conformità con gli Obiettivi del Millennio votati dall'Onu nel 2000, la maggioranza dei consiglieri nazionali ha deciso di non concedere oltre quanto sinora autorizzato: lo 0,4 per cento del Prodotto nazionale lordo.
Benché la partita non sia ancora chiusa, in quanto il Consiglio degli Stati deve ancora pronunciarsi su tale oggetto, nella sessione d'autunno, con l'ipotesi che modifichi la decisione dell'altra Camera nazionale, i promotori della petizione in questione hanno accolto con sorpresa e delusione il voto bernese. Una volta ancora, in un ambito oggettivamente controverso sul piano interno ed internazionale, la Svizzera si pone tra gli Stati meno generosi in materia di promozione della crescita sociale ed economica a livello mondiale. E verrebbe voglia di dire che il nostro Paese, una volta di più, predica bene (ovviamente agli altri!), ma razzola male, mostrandosi di nuovo incapace di elaborare una politica a lungo respiro, realistica rispetto ai fenomeni complessi che stanno modificando il volto del pianeta (leggi i cambiamenti climatici, le catastrofi naturali, la globalizzazione della finanza, le migrazioni di massa, ecc.), lungimirante per quanto concerne gli anticipi sui tempi e sulle trasformazioni sociali in corso.
La quasi indifferenza del Consiglio nazionale alle richieste di una petizione, che ha ottenuto maggiore appoggio popolare di quanto i promotori avevano auspicato, suscita non poca perplessità. È vero che dall'interno di un consesso, pericolosamente scivolato a destra lo scorso autunno con posizioni tendenzialmente conservatrici e solo in apparenza liberali (liberiste sì, ma solo per la finanza e l'industria), non ci si poteva attendere molto. Tuttavia, era più che legittimo sperare in una maggiore considerazione di un impegno assunto solennemente anche dalla Svizzera all'inizio del Millennio: contribuire a dimezzare il livello di povertà entro il 2015, insieme a sette altri Obiettivi a favore della salute, dell'educazione, dell'ecologia e della giustizia economica.
Tuttavia, se la politica è riflesso della società, i rigurgiti nazionalistici suscitati nell'intera Confederazione dai Campionati europei, s'impone a mio avviso la necessità di riflettere sulla nostra spesso sventolata tradizione umanitaria. In realtà, la Svizzera continua ad essere fedele alla propria storia per quel che concerne la salvaguardia dei propri interessi locali e federali, poco attenta però a quanto capita al di fuori delle sue frontiere, preoccupata più di difendersi da ipotetici attacchi esterni che di promuovere la crescita comune mondiale.

Pubblicato il

27.06.2008 12:30
Martino Dotta
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