Le reazioni agli incendi appiccati all’inizio della settimana alla sinagoga e ad un negozio di proprietà di una famiglia israelita di Lugano sono molto significative: parecchie sono state tardive (in primis quella del Consiglio federale), e quasi tutte hanno esitato a definire “antisemiti” gli attacchi, quando non hanno semplicemente evitato il termine. Queste reazioni sono significative perché indicano quanto basso sia il grado di consapevolezza delle autorità e della società di fronte al pericolo che viene dal razzismo e dalla xenofobia. Eppure di queste malattie si può morire: incendiare deliberatamente degli edifici abitativi è un gesto criminale, non si tratta di semplice vandalismo. Oltretutto quelli di Lugano non sono, nella storia ticinese degli ultimi anni, dei fatti isolati: a più riprese le roulottes dei nomadi sono state fatte oggetto di colpi d’arma da fuoco che soltanto per pochi centimetri non si sono rivelati assassini. Né si possono dimenticare, a livello svizzero, i numerosi attacchi ad alloggi per richiedenti l’asilo. Viviamo dunque in una società, quella ticinese non meno di quella svizzera, intrisa di razzismo latente, di cui l’antisemitismo è solo una delle forme, un razzismo però sempre più pronto ad esplodere in gesti criminali. Una società nella quale i giornali di Udc e Lega possono tranquillamente flirtare con l’antisemitismo senza che quasi nessuno si ribelli. Una società in cui il più importante partito di governo a livello federale ha costruito le sue fortune seminando sistematicamente odio verso gli stranieri (ultimi della serie i musulmani). Una società nella quale si esita ad intervenire contro gruppi ed eventi dell’ambiente naziskin e dove emblemi neonazisti campeggiano indisturbati nelle curve dei tifosi di hockey e di calcio. Una società in cui troppo spesso si tollerano violenze e angherie di certi agenti di polizia nei confronti di stranieri e richiedenti l’asilo (di quanti di loro, finiti all’ospedale, ci si è sentiti dire che sono “caduti dalle scale”?) e che per anni ha ignorato lo scandalo delle carceri pretoriali, tanto ci vanno gli stranieri. E l’elenco potrebbe continuare a lungo. Se si vuole trovare un aspetto positivo negli incendi di Lugano, che sia almeno quello di ridestare le coscienze dei cittadini e delle autorità. Che la si smetta di banalizzare, come ancora fa il Consiglio federale, i pericoli che vengono dall’estrema destra e dalla sua cultura razzista e xenofoba. E potenzialmente assassina. Svegliamoci, è già bruciata una sinagoga.

Pubblicato il 

18.03.05

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato