Non importa se li chiamiamo “tagli” o “contenimenti dell’aumento” di una spesa in crescita. Le misure che la maggioranza del Consiglio di Stato ha messo nel cantiere del preventivo 2004 per risparmiare sui sussidi dell’assicurazione malattia avranno effetti che vanno ben al di là delle disquisizioni semantico-ideologiche. L’effetto combinato dell’aumento dei premi e del disimpegno del Cantone dall’erogazione dei sussidi si tradurrà in un aumento significativo della parte del premio a carico degli assicurati. L’anno prossimo i circa 90 mila ticinesi che ricevono un aiuto dallo Stato per far fronte ai premi delle casse malati dovranno sborsare dai 14 ai 119 franchi in più al mese. Ad essere maggiormente colpite sono le famiglie con figli (vedasi tabella accanto), mentre se la caverà a buon prezzo chi riceve il sussidio pieno e paga quindi solo la quota minima (anche se quest’ultima subirà un leggero ritocco verso l’alto), purché sia affiliato a una cassa fra le meno care. Il perno della manovra: la quota media ponderata Il maggior onere sulle spalle degli assicurati è il risultato di una manovra finanziaria da 20 milioni di franchi concepita dal Dipartimento delle finanze e dell’economia (Dfe) allo scopo di frenare «la tendenza in atto ad un aumento insostenibile della spesa netta a carico del Cantone e dei Comuni per i contributi destinati a sussidiare i premi di cassa malati» (Messaggio 5432, Preventivo 2004, 17 ottobre 2003, p. 67). Tale manovra è composta delle seguenti misure: nuova modalità di calcolo della cosiddetta “quota media cantonale ponderata” (risparmio valutato in 9,5 milioni di franchi), limitazione dell’assunzione da parte dello Stato del pagamento dei premi degli assicurati insolventi (2,4 milioni), adeguamento dei limiti di reddito che danno diritto al sussidio per i premi dei figli a carico (800 mila franchi), abbassamento dei limiti di reddito determinante al di sotto dei quali l’assicurato percepisce il sussidio pieno (5,3 milioni) e adeguamento verso l’alto della quota minima a carico degli assicurati sussidiati (2 milioni). Il perno della manovra finanziaria che di fatto porta a una riduzione dei sussidi è la “nuova” quota media cantonale ponderata (il premio medio in Ticino che serve per determinare il sussidio) calcolata non più su tutte le casse del Cantone, bensì unicamente sulle 20 meno care. Introdotta già anni prima dell’entrata in vigore della Lamal nel 1996, la quota media ponderata era stata pensata come una sorta di parametro di “avvertimento” agli assicurati: chi resta o entra in una cassa malati con un premio superiore alla media pagherà di più di tasca propria. Abbassando la quota media ponderata con il nuovo metodo di calcolo basato sulle 20 casse meno care, il Consiglio di Stato di fatto decurta ulteriormente il sussidio di chi è assicurato presso le grandi casse più care (Helsana, Supra, Css, Kpt/Cpt) inviando ai loro affiliati un segnale ancor più esplicito: è ora di andare verso le casse meno care. «In un periodo di gravi difficoltà finanziarie per il Cantone, si ritiene che un passo in questo senso possa e debba essere fatto. (...) Non vi sono ragioni plausibili che giustifichino un maggior sussidio statale a parità di reddito unicamente perché il beneficiario decide di spendere di più. A mente del Consiglio di Stato l’assicurato sussidiato che non si preoccupa di verificare e di confrontare i premi tra i diversi assicuratori e che resta o entra nelle casse più care, fa una scelta antisolidale proprio nel momento in cui invoca la solidarietà dei contribuenti chiedendo il sussidio», si legge nel messaggio. I silenzi del messaggio Chi per giustificare e mascherare le riduzioni dei sussidi all’improvviso scopre il significato della parola “solidarietà” (e si vanta di rispettare il diritto alla libera scelta dell’assicuratore da parte dell’assicurato su cui allo stesso tempo fa del mobbing per spingerlo verso le casse meno care), passa sotto silenzio alcune cose e ne sottovaluta altre. Nel messaggio sul preventivo 2004, ad esempio, non si dice che già con la quota media ponderata calcolata con la “vecchia” formula la parte residua di premio (detratto il sussidio) che resta a carico degli assicurati è quasi sempre superiore ai parametri indicati nella seconda revisione della Lamal attualmente in discussione alle Camere. Gli alti funzionari del Dfe che hanno redatto il messaggio sul preventivo 2004 non dicono nemmeno che tutti i sussidi attualmente erogati dal Cantone sono già mirati a persone che rientrano nella categoria dei “meno abbienti”. Checché ne dica il Consiglio di Stato quando scrive della necessità di mettere in atto «misure ragionate ed adeguate affinché l’aiuto dello Stato sia riservato agli assicurati più bisognosi e non esteso a un numero crescente di cittadini», il sistema di sussidiamento per i premi di cassa malati è sempre stato mirato agli assicurati meno abbienti. L’orientamento seguito dal Cantone sin dall’entrata in vigore della Lamal nel 1996 – che aveva portato a una diminuzione della parte a carico di Bellinzona a seguito dell’arrivo dei sussidi della Confederazione – non era stato infatti quello di estendere le fasce di reddito che davano diritto al sussidio per i premi delle casse malati. L’idea di fondo, rimasta pressoché invariata da allora, è quella di riservare una proporzione assai consistente dei sussidi alla parte economicamente più debole della popolazione, e di alleviare le persone appartenenti al cosiddetto “ceto medio-basso” attraverso sgravi fiscali. Ora, a fare le spese del cambiamento del metodo di calcolo della quota media ponderata saranno soprattutto gli affiliati alle casse più care, assicurati che non possono non essere considerati – come invece sembrerebbero fare nelle alte sfere del Dfe – fra «i più bisognosi». Si tratta infatti di persone appartenenti in gran parte a famiglie del cosiddetto “ceto basso” (operai non qualificati e impiegati con bassa remunerazione) con almeno due figli e un reddito imponibile inferiore ai 34 mila franchi. L’illusione del passaggio alle casse meno care Per sfuggire al decurtamento del sussidio gli assicurati hanno la possibilità di optare per una cassa malati con premi inferiori. L’invito più che esplicito che il Consiglio di Stato rivolge loro con il preventivo licenziato due settimane fa appare però irrealistico e insidioso. Il passaggio da una cassa all’altra non è per nulla automatico se ci sono anche delle assicurazioni complementari, ed è il caso dell’85 per cento circa degli assicurati ticinesi. Per la gente comune muoversi nell’intricato mondo dell’assicurazione malattia è difficile e scegliere di cambiare cassa nei ristretti termini di disdetta fissati dalla legge per l’assicurazione di base (entro il 30 novembre) o dagli assicuratori per le complementari (di regola da tre a sei mesi) è una decisione di non poco conto che va oltre un semplice calcolo finanziario. La prudenza vale a maggior ragione per gli assicurati anziani con un legame consolidato con la loro cassa malati e con un’avversione all’idea di avere l’assicurazione di base in una cassa e le complementari in un’altra. Non va infatti dimenticato, come ricorda Laura Regazzoni-Meli nell’ultimo numero di Borsa della spesa, il periodico dell’Associazione consumatrici della Svizzera italiana (Acsi), che «se per l’assicurazione di base si può cambiare cassa malati senza problemi, per le coperture complementari la situazione è molto più complessa e gli assicuratori possono selezionare i rischi rifiutando gli assicurati anziani o malati». Ma uno degli aspetti più perniciosi della spinta verso le casse meno care riguarda gli stessi assicuratori malattia. Il rischio è quello di innescare un circolo vizioso. Obbligate ad accogliere tutti gli assicurati che bussano alle loro porte, le casse piccole con un premio basso saranno costrette ad aumentare le riserve. E la via più diretta per farlo è quella dell’aumento dei premi. Così, le casse che annunciano premi bassi a inizio anno con ogni probabilità saranno fra le più care l’anno successivo. Questa logica è la stessa che ha portato qualche settimana fa la cassa malati ginevrina Intras a ritoccare verso l’alto dei premi fissati alla fine dello scorso anno e presto rivelatisi insostenibili. Anche la cassa malati Visana di Berna nel 1996 aveva annunciato premi estremamente bassi che non ha potuto mantenere a lungo. Sommato ad altri fattori, il dumping dei premi aveva giocato un ruolo non trascurabile nella voragine finanziaria della cassa. Infine, considerare inefficienti le casse più care come fa il Consiglio di Stato quando scrive che «il maggior esborso (il fatto che il 78 per cento dei sussidi vada ad assicurati delle dieci casse più care, ndr) è di fatto un sussidio versato non agli assicurati meno abbienti, ma alle casse malati meno efficienti» è una forzatura. Dire che una cassa malati solo perché ha un premio alto è «meno efficiente» non riflette la realtà. Le grosse casse hanno in genere una componente molto variegata di rischi e un’età media di assicurati elevata. È quindi naturale che il premio sia più alto di quello praticato da assicuratori con meno affiliati.

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31.10.03

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