La battaglia di Unia contro la costante estensione delle aperture festive è ad un passo da una svolta che potrebbe rivelarsi decisiva. Intanto i segnali ci sono. A giugno, saracinesche abbassate per i negozi: saltano le previste aperture straordinarie per le festività di Pentecoste, Corpus Domini e San Pietro e Paolo. Il Governo ticinese ha infatti deciso per l'effetto sospensivo, come richiesto dal sindacato Unia nel suo nuovo ricorso contro queste aperture straordinarie. Una decisione dovuta, vista la recente sentenza del Tribunale federale (Tf) che ha accolto il ricorso di Unia contro le deroghe concesse nel 2005 per l'apertura straordinaria dei commerci in Ticino. Ma nonostante il Governo si sia ritrovato a dover fare un passo indietro, ha intanto espresso chiaramente la sua intenzione di trovare altre strade per riprendere il discorso sulle aperture straordinarie e generalizzate in tutto il Cantone, non appena saranno note le motivazioni della sentenza. Da quanto ci risulta il Tf sembra aver accolto il ricorso di Unia non tanto perché ha riscontrato un vizio formale nella decisione adottata allora dal Consiglio di Stato (CdS), quanto perché essa non reggerebbe nel merito. È però difficile pensare che il Cds possa trovare delle soluzioni tanto immediate e resta quindi molto probabile che la prossima apertura straordinaria infrasettimanale prevista per il 5 giugno, Lunedì di Pentecoste, in realtà salti. Sul dopo effetto sospensivo, il sindacato Unia esprime una forte preoccupazione: «È un timido segnale nella giusta direzione – ci ha detto Enrico Borelli, responsabile per il settore terziario di Unia – ma siamo al contempo stupefatti del goffo tentativo da parte del Cds di far rientrare dalla finestra ciò che è stato respinto dalla porta. Ci riferiamo al bollettino stampa del governo che informa sulla possibilità del Dipartimento delle finanze e dell'economia (Dfe) di ritirare dal cassetto un vecchio avanprogetto di legge sull'apertura dei negozi e di "formulare proposte al Cds". Ma il grave è che l'impianto che regge tale avanprogetto si era rivelato in antitesi con la sentenza del Tf sul caso di Basilea che aveva stabilito che il regime di apertura straordinaria dei negozi non potesse dipendere dal rispetto di un contratto collettivo, stabilendo che i due soggetti dovessero seguire due iter indipendenti. La proposta del Dfe era stata ritirata a seguito della nostra opposizione e della sentenza del Tf sul caso di Basilea ed ora non può essere rispolverata a loro uso e consumo». Resta comunque forte l'opposizione che si va creando alla base. Ne sono la prova le quasi duemila firme (1996 per l'esattezza), depositate presso la cancelleria del Cds e sottoscriventi la petizione contro le aperture straordinarie, firme raccolte dal sindacato Unia fra il personale della vendita della grande distribuzione. Le venditrici e i venditori si oppongono in sostanza alle nuove deroghe (nel frattempo soppresse con l'effetto sospensivo) per le festività di giugno infrasettimanali, al prolungamento degli orari di apertura estiva fino alle 19 nei comuni di Grancia, S. Antonino e Agno e all'apertura di domenica 24 dicembre, vigilia di Natale, con cui l'attività commerciale si protrarrebbe ininterrottamente per 21 giorni. Come già ricordato a più riprese anche dal segretario regionale di Unia Saverio Lurati, l'estensione delle aperture festive mina la vita famigliare e sociale del personale della vendita (in larga maggioranza donne) e al contempo pone una forte e strozzante concorrenza ai piccoli commerci, costringendoli a delle aperture spesso infruttuose economicamente e penalizzanti da un punto di vista lavorativo. Il nodo centrale è dunque la tutela dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori: per questo Lurati ha ribadito l'urgenza che venga stipulato un Contratto collettivo di lavoro per il personale della categoria con decreto di obbligatorietà generale (si veda anche area n. 19 del 12 maggio) e si istituisca una commissione paritetica di controllo. Solo a queste condizioni, ribadisce il segretario regionale di Unia, il sindacato potrà valutare se e quando sedersi ad un tavolo delle trattative col padronato per valutare l'opportunità o meno di deroghe puntuali. Intanto, pur non essendo al momento ancora note le motivazioni della sentenza del Tf, il segretario per il Sottoceneri di Unia, Gabriele Milani ha auspicato che il verdetto sulle aperture nei giorni festivi, anche infrasettimanali, «spinga a fare chiarezza una volta per tutte in materia di aperture straordinarie, ponendo finalmente degli steccati alla concessione di deroghe che vanno a beneficio solo dei grandi distributori, penalizzando i piccoli commercianti e soprattutto il personale di vendita». Deroghe, insomma, come si legge anche nella risoluzione stilata sabato scorso all'assemblea dei delegati Unia (si veda fototesto), che sono «frutto di una forzatura ideologica, che anche alla luce della sentenza del Tf appaiono sempre più arbitrarie». Una sentenza che, ricordiamo, è stata pronunciata dal Tribunale federale lo scorso 9 maggio e con la quale è stata annullata la decisione del Consiglio di Stato (CdS) che, accogliendo un ricorso inoltrato dalla Camera di commercio, la Disti (associazione dei distributori ticinesi) e dei sindacati Sic, Sit e Syna, aveva concesso in deroga alla legge il permesso per le aperture straordinarie a tutti i commerci di tutto il territorio cantonale. Per il sindacato Unia, che da tempo denuncia lo scivolamento, passando di deroga in deroga, verso la totale liberalizzazione delle aperture dei commerci, il vedere accolto il suo ricorso rappresenta comunque una importante vittoria. «Il ricorso inoltrato dall'avvocato Damiano Bozzini – ha ricordato Unia in un comunicato – contestava anzitutto la facoltà del Cds di modificare la prassi, in vigore da anni, senza sottoporre al parlamento e al popolo una proposta di modifica legislativa». Dal momento che il Tf ha annullato la decisione del Consiglio di Stato non già per un vizio di forma, ma statuendo nel merito (ossia per mancanza di base legale), c'è la forte possibilità che ci si trovi di fronte ad una sentenza-chiave che farà storia. "Festa per voi, pena per noi" Le deroghe? Penalizzanti non solo per le venditrici e i venditori dipendenti, ma anche per i piccoli commerci: l'ha sperimentato Elisa*, una commerciante che presto, da un centro commerciale del Mendrisiotto, trasferirà il suo negozio altrove non sopportando più i diktat dei grandi distributori sulle aperture straordinarie. «Me ne vado via tra un mese – afferma Elisa – e non vedo l'ora. Questa storia delle aperture straordinarie ci sta togliendo il respiro a noi piccoli commercianti ed è questo il motivo principale che mi induce a cambiare locazione. Appena ho saputo dell'effetto sospensivo ottenuto dal sindacato ho provato contentezza, una contentezza svanita quasi subito quando ho sentito che il Governo vuole comunque trovare il modo di liberalizzare le aperture». La sua storia, ci dice, è simile a quella di tanti altri piccoli commercianti che hanno i loro negozi nei grossi centri commerciali e che oramai, senza alternativa, devono sottostare alle leggi dei grandi distributori. «Tre anni fa, quando ho aperto bottega in questo centro commerciale, non pensavo che sarei stata sottoposta a richieste così penalizzanti per me. Allora ho firmato un contratto di locazione in cui si diceva che se il centro rimaneva aperto eccezionalmente in occasione di qualche festività avrei dovuto adeguarmi: si parlava di eccezioni appunto che oggi… sono diventate la regola!». Elisa condivide con altre persone un laboratorio di sviluppo fotografico ed è convinta che le aperture straordinarie siano ad uso e consumo esclusivo della grande distribuzione. «Siamo in tre – precisa – a gestire il negozio e non ci possiamo permettere di assumere altro personale. Come me, altri piccoli commerci sono seccati da queste aperture straordinarie che finora non ci ha portato granché a livello finanziario. Si figuri: quando siamo stati costretti a tenere aperto il 19 marzo non abbiamo guadagnato un solo franco… in compenso abbiamo passato la giornata ad accumulare frustrazione. Il santo non vale proprio la candela. Ho una famiglia da seguire, due figli di 9 e 11 anni e i pochi giorni di libero in un anno vorrei dedicarli a loro: sono gli unici momenti, le festività, che permettono di riunirci in famiglia. Già così devo far i salti mortali per seguirli, figuriamoci poi se continuiamo di questo passo a liberalizzare orari e giorni d'apertura… » Riguardo poi alla possibilità di avere dei benefici a rimorchio della grande distribuzione, Elisa si dice disillusa. «Figuriamoci – prosegue –, i grossi centri commerciali possono permettersi di aumentare il personale quando e come vogliono. E sono loro a fare la voce grossa. Così si spiega anche la circolare perentoria con cui, qui al centro, ci vengono imposte le aperture straordinarie. Non hanno chiesto il parere di noi piccoli negozianti e non ci hanno lasciati liberi di scegliere». E così è: nella circolare che Elisa ci mostra vengono elencati giorni e orari delle "aperture speciali" con la specificazione che "Questi orari devono essere obbligatoriamente rispettati da tutti (sottolineato nel testo, ndr)". «Noi – conclude la nostra interlocutrice – per quanto ci arrabattiamo, non saremo mai concorrenziali nei loro confronti. Se poi si considera che siamo a ridosso del confine con l'Italia, dove i negozi sono aperti 7 giorni su 7, la battaglia della concorrenzialità sul versante aperture è già persa in partenza. Sono perciò convinta che sia necessario fare marcia indietro e mettere un freno a tutte queste aperture festive che ci tolgono lo spazio vitale per la famiglia senza darci niente in cambio».

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19.05.06

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