Società

Straordinari, occupate la scena

Dopo tre mesi e 30 mila presenze ai 150 eventi proposti, termina l'esperienza di Tour Vagabonde a Lugano. Non è un addio, ma un arrivederci: l'evento ha mosso qualcosa, aprendo un varco con le autorità luganesi

Era il 28 dicembre, dopodomani sarà il 26 marzo e sulla Straordinaria, quella insolita torre alta 11 metri posata sul sedime sterrato vicino allo stadio, calerà il sipario.

 

Lo si sapeva: l’esperienza socio-culturale sarebbe durata tre mesi e il nome, straordinaria, evocava forse già la parola fine. Domenica la struttura inizierà a pensare alla partenza per altre città, e a Lugano che cosa succederà? Questa volta, pare essersi aperto uno spiraglio con le autorità luganesi, che hanno sempre osteggiato le iniziative dal basso. Dopo l’esperienza de La Straordinaria una petizione e una carta d’intenti chiedono più spazi per la cultura indipendente.

 

Una richiesta resa forte dall’incredibile successo dell’iniziativa, che ha registrato 30mila presenze ai 150 eventi proposti.

 

È stato un invito fuori dall’ordinario per «vivere un atto di immaginazione inconsueto e collettivo e preparare nuovi orizzonti di possibilità da percorrere insieme». Questo è stata La Straordinaria, un luogo temporaneo dove far emergere quelle realtà socio-culturali che aspettavano una casa, la possibilità fisica di esprimersi. E l’associazione Idra, promotrice dell’iniziativa, per affermare le istanze socio-culturali, così bistrattate dall’autorità politica, ha eretto una torre alta 11 metri e pesante 50 tonnellate, proprio su quel sedime popolare, a ridosso dello stadio e del cimitero di Lugano, dove per decenni sono stati ospitati il tendone e il serraglio del circo Knie.

Lo ha fatto senza «contrapporsi alle realtà culturali, istituzionali e non, che operano sul territorio». Senza pretendere di «risolvere un problema cronico come la mancanza di spazi per la cultura dal “basso”». In un progetto a termine che, realizzato da un collettivo appassionato, non aveva l’intenzione di «risollevare le sorti di alcunché, ma appena il nostro umore, noi che abitiamo questa città».


Il risultato si è manifestato in un fermento creativo, e pure poetico e leggero come i sogni, con un teatro, un palco, una cucina popolare, che hanno camminato paralleli, o fianco a fianco, a un gran numero di persone per tre mesi.

«I numeri sono solo numeri, ma fanno impressione: 30mila passaggi, oltre 150 eventi, decine e decine di persone coinvolte attivamente» dice Olmo Cerri, membro dell’associazione Idra.

Sì, son cifre, ma danno bene il senso di quanto è stato vissuto in una «vertigine di concerti incredibili, spettacoli, letture, proiezioni, ma anche accalorate riunioni, incontri, abbracci, birrette ed emozioni. Per qualche istante abbiamo avuto l’impressione di vivere in una vera città».


Già, una città adulta, capace di accogliere dentro di sé tutte le istanze della società civile... Sarà così? Che cosa ne sarà ora di Lugano? Per proiettarsi in un domani, dove tutti i gruppi socio-culturali abbiano diritto di espressione e cittadinanza, al pari delle altre realtà urbane svizzere, l’associazione Idra, lancia due proposte: una petizione generica per manifestare la «necessità di una costellazione di spazi» (https://lastraordinaria.ch/la-petizione/) e una carta di intenti, la “Carta della Gerra” (vedi articolo sotto). Da far fiorire.


Olmo Cerri, regista e videomaker, tu che sei fra i promotori della Straordinaria come consideri il ritardo di Lugano nel riconoscere quale risorsa le realtà culturali indipendenti? Che cosa teme l’autorità?
Lugano è forse l’unica fra le grandi città della Svizzera a non essere governata da municipi rosso-verdi e negli anni si è spostata sempre più a destra. Un’area politica, per usare un eufemismo, meno attenta e sensibile alle questioni relative alla cultura e alla socialità. Lugano, poi, non ha avuto un vero passato industriale: da una parte non ci sono i grandi stabilimenti produttivi potenzialmente adatti ad attività di questo tipo e dall’altra manca tutto quel “movimento politico”, che nasce dalla presenza degli operai e dei sindacati. Il fatto di voler gestire la cultura invece che, come nelle altre città svizzere, supportando e lasciando spazio agli operatori e operatrici del territorio, dimostra una certa “paura” rispetto alle idee nuove che potrebbero nascere.


La Straordinaria, al contrario del Molino, è stata sovvenzionata con soldi pubblici e privati: si può restare indipendenti, accettando sostegno economico?
“Se vuoi mangiare nella stessa scodella del diavolo, devi avere un cucchiaio molto lungo” recita un detto che rispecchia quanto certi equilibrismi siano difficili da mantenere. Nel caso specifico de La Straordinaria crediamo di esserci riusciti. I finanziamenti pubblici e privati sono una parte del budget complessivo della manifestazione. Il grosso dell’attività è stato autofinanziato o svolto a titolo volontario. È stato più importante il supporto logistico e la messa a disposizione gratuita degli spazi da parte dell’ente pubblico. La programmazione culturale e artistica è stata svolta in completa autonomia dall’associazione Idra, che non ha avuto censure o vincoli di nessun tipo. In generale credo che il finanziamento pubblico sia un aspetto importante e vada garantito tramite bandi chiari e commissioni indipendenti che valutino i progetti. L’assegnazione di finanziamenti in maniera poco trasparente apre potenzialmente le porta a compromessi, scambi di favori e clientelismi.

 

Come mai secondo te le autorità hanno dimostrato apertura verso La Straordinaria? È immaginabile un futuro dove non siano i vari funzionari o dicasteri a decidere che cosa far vivere a Lugano?
Ho l’impressione che La Straordinaria non avrebbe trovato cittadinanza a Lugano se non ci fosse stata anche la trentennale rivendicazione di spazi da parte del Csoa il Molino. Un’apertura in parte, forse, dovuta a un po’ di senso di colpa per la “brutalità immonda” con la quale è stato demolito l’ex Macello. Speriamo che anche grazie alla “Carta della Gerra”, in consultazione pubblica per i prossimi due mesi, si possa dare una nuova direzione alla politica culturale luganese con meno offerte calate dall’alto e più spazio, risorse e ascolto delle proposte, che il fitto sottobosco di gruppi, associazioni, artisti e collettivi presenti sul territorio vogliono proporre.

Pubblicato il

24.03.2023 12:00
Raffaella Brignoni e Federica Bassi
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