Strana giustizia…

…..aveva già detto Pascal, quando osservava che i criteri di giustizia potevano variare a seconda della parte del fiume da cui veniva emessa una sentenza. Strana giustizia anche oggi, che permette ad uno Stato, in concreto agli Stati Uniti, di sottrarre alcuni suoi cittadini dalla giurisdizione del tribunale penale internazionale. È di questa settimana la notizia secondo cui l’Unione europea, invece di stabilire una linea comune di risposta agli Stati Uniti, ha lasciato andare i propri Stati membri in ordine sparso in questo ambito. Già la Romania e l’Italia di Berlusconi hanno preso contatto con l’amministrazione americana per patteggiare accordi bilaterali. Gli altri stati europei, anche se con meno slancio, seguiranno a ruota. Lo spettacolo evidentemente non è molto edificante. L’umanità ha messo secoli per capire che alcuni delitti non potevano rimanere impuniti anche quando la ragion di Stato lo richiedesse e che fossero necessarie strutture giudiziali al di sopra delle parti in conflitto. Per questo motivo una prima forma di giustizia internazionale, anche se imperfetta, aveva cercato nel 1947 a Norimberga, di processare i principali criminali del regime nazista. Alcuni intellettuali di quest’ultimo, imputati al processo, avevano tentato di delegittimare il tribunale affermando che fosse composto da militari “vincitori” e quindi non equi nel loro giudizio. Tra di loro spiccava Carl Schmitt, filosofo del diritto molto geniale, e che ha saputo raccogliere simpatie critiche anche a sinistra. Ma il dopoguerra ha sviluppato sempre più la nostra sensibilità nei confronti della necessità di una giustizia che non si fermi ai confini di una nazione o di un regime. Gli appuntamenti persi non sono comunque mancati: il dopo Vietnam, il dopo Pinochet non hanno potuto essere oggetto di adeguata sanzione penale. In modo del tutto embrionale sono comunque iniziate anche movimenti di segno inverso: dopo la caduta del regime razzista in Sudafrica, dopo i massacri tribali nella regione dei grandi laghi africani e dopo le guerre etniche nella ex Jugoslavia tribunali internazionali cercano di fare un minimo di giustizia. Il trauma dell’11 settembre 2001 ha comunque cambiato le priorità poichè la lotta al terrorismo esige, sempre secondo la dottrina di Bush, una strategia diversa. L’esercito americano non ha chiesto infatti il permesso a nessuno per arrestare e giudicare (quando e come?) presunti membri di Al Qaida. Quest’ultimi non godono nemmeno dello statuto di prigionieri di guerra e ad essi non viene applicata nemmeno la convenzione di Ginevra. L’amministrazione americana tenta dunque di far girare la ruota della storia in senso contrario e purtroppo un’Europa debole e divisa le corre dietro in pieno disordine. Non abbiamo motivi per esserne orgogliosi.

Pubblicato il

04.10.2002 12:30
Alberto Bondolfi