A volte sono le piccole cose, modeste notizie di poco conto, a rappresentare lo stato di salute di un paese, la sua transizione verso l’abisso culturale, più di quanto non facciano i titoloni di apertura dei giornali sulle malefatte del governo Meloni nel “globo terracqueo” e sulle violazioni delle leggi internazionali e dei diritti umani. Così oggi ci occupiamo di frammenti all’apparenza insignificanti per raccontare com’è ridotta l’Italia, uno dei paesi fondatori dell’Europa comunitaria nata su grandi valori e speranze nel carcere di Ventotene, grazie all’intelligenza e alla passione di persone straordinarie e di conseguenza mandate al confino dal regime fascista. Per questo oggi parliamo di piccole cose, parliamo di tacchi.

 

Pio La Torre è stato un politico siciliano, parlamentare e membro della commissione antimafia, segretario regionale del Partito comunista. Nato da una famiglia poverissima di contadini in una frazione di Palermo, nonostante le gravi difficoltà economiche era così determinato che riuscì a studiare e a laurearsi. Iniziò il suo impegno sociale da sindacalista al fianco dei braccianti e in difesa dei loro diritti finì in carcere. Iniziò la carriera politica nel Consiglio comunale di Palermo, poi nell’Assemblea regionale siciliana e infine approdò a Montecitorio dove si batté come un leone contro la mafia che impestava società, politica e cultura, di certo non solo a Palermo. A lui si deve la legge più importante varata dal Parlamento contro la criminalità organizzata che porta il suo nome e ha introdotto il reato di associazione mafiosa prevedendo il sequestro dei patrimoni di provenienza illecita. Per questo il 30 aprile 1982 è stato ammazzato dalla mafia insieme al suo autista Rosario Di Salvo per ordine di Salvatore Riina e Bernardo Provenzano. 43 anni dopo il suo assassinio, il sindaco di Buccinasco nel Milanese decide di distribuire nelle scuole il libro di Walter Veltroni La più bella del mondo/ La Costituzione raccontata a ragazze e ragazzi”.


Il libro narra le storie di 12 bambini che incarnano i valori della Carta fondamentale, tra cui quella del bambino Pio La Torre e del suo impegno per istruirsi. Il fatto ritenuto increscioso e meritevole di censura dai leghisti è che quel bambino indossava scarpe da donna con i tacchi che gli aveva dato sua zia, perché non ce n’erano altre in casa e con quelle scarpe “peccaminose” percorreva ogni giorno chilometri e chilometri di strada, dai campi in città, per andare a scuola. E non se ne vergognava. Ora, un leghista di Buccinasco si è avventato contro la decisione del sindaco di mettere in mano ai ragazzi un libro che diffonde l’ideologia gender nelle scuole. Non si tratta di un matto padano di paese, tant’è che due parlamentari dello stesso partito, Rossano Sasso e Fabrizio Cecchetti hanno imbracciato le armi per denunciare l’indecente indottrinamento gender operato da Veltroni e infine è sceso in campo Salvini in persona: “È gravissimo che un primo cittadino entri nelle scuole per regalare a dei ragazzi di dieci anni, senza il consenso dei genitori, libri orientati politicamente che trattano temi che non dovrebbero entrare nelle aule scolastiche”. E ancora: chi li paga? Salvini pretende che venga fatta “presto chiarezza”. Solo la Lega riesce a scambiare i poveri con i gay. E se invece La Torre fosse stato davvero gay, cosa che non era, avrebbero fatto bene gli uomini di Riina e Provenzano a farlo assassinare? La chiamano gaffe, è qualcosa di molto più profondo e disgustoso. E Salvini, oltre che ministro di treni che non arrivano mai mentre lui si sbraccia un giorno sì e l’altro pure per riconquistare il ministero degli Interni, è soprattutto vicepresidente del consiglio. Cosa ne pensa Giorgia Meloni, che sostiene di ammirare più di ogni altra persona al mondo il giudice Borsellino, anche lui ammazzato dalla mafia dieci anni dopo Pio La Torre e poche settimane dopo l’assassinio di Falcone?

 

Altra storia, altri tacchi. Tacchi a spillo, indossati dalla ministra del turismo Daniela Santanchè. “Sono una donna libera, mi piace vestirmi bene, porto il tacco 12, ho una collezione di borsette che rivendico”. In poche parole, “sono una signora”. Mica come Loredana Bertè che canta “Non sono una signora”. Lei è “quella del Twiga e del Billionaire, sono la stessa persona che qualcuno di voi ha chiamato… ma mi fermo qua, sono una signora”. Il Twiga e il Billionaire sono due localini in Versilia e in Costa Azzurra dove per passare una serata frizzante o un giorno al sole si spende lo stipendio di un anno. Lei, la signora, è quella che in pieno Covid intascava la cassa integrazione per i suoi dipendenti ma li faceva lavorare, frodando i dipendenti, il fisco e dunque lo Stato. Si è presentata in Parlamento dove le opposizioni chiedevano le sue dimissioni per dire, dall’alto del suo tacco 12, queste cose, aggiungendo: Voi non combattete la povertà, voi combattete la ricchezza dunque ce l’avete con me che i soldi mi escono da tutte le parti, persino dai tacchi e dalle borsette firmate, Hermès per essere precisi. Attenzione: come raccontato dal Fatto quotidiano le borse con cui si faceva bella, Santanchè le comprava da quelli che con spregio chiama “vu cumprà”. Borse taroccate, fatte con maestria sotto il Vesuvio, acquistate dalla ministra sotto una tenda nel suo presidio balneare chic di Pietrasanta per non farsi scoprire mentre consumava un reato insieme a un venditore irregolare, clandestino direbbe lei, uno di quelli che vorrebbe in galera, anzi rimandiamoli tutti a casa loro. La conferma è arrivata sia da chi gliele vendeva, quelle borse taroccate, sia da chi le aveva ricevute in regalo come Francesca Pascale, fidanzata di Berlusconi. Fu Silvio “a farmi notare che erano false”, e Silvio di lusso sì che se ne intendeva.

 

Dice Pier Luigi Bersani che non si tratta di odiare la ricchezza, ci sono anche ricchi perbene, bensì quella messa in mostra in Parlamento da Santanchè che è “una ricchezza spregevole, arrogante, che disprezza la povertà”. Ma quel campionario di oscenità, di tacchi e borsette taroccate esibite in Parlamento servivano alla ministra solo per dire: “Non mi dimetto”, domani chissà. Si vota e la maggioranza, sia pure obtorto collo, sta con la “signora”, e la salva. La domanda viene spontanea: si salverà questo paese?

Pubblicato il 

28.02.25
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