"Stiamo perdendo il controllo"

L’Ufficio federale dei trasporti (Uft) non ha nulla da ridire sul fatto che macchinisti tedeschi pagati 30 per cento meno dei loro colleghi elvetici conducano le locomotive della germanica Railion e del suo partner Bls Cargo in Svizzera. E il Sindacato del personale dei trasporti (Sev) ribatte: se confermato (devono ancora esprimersi i vertici del dipartimento Leuenberger e il Segretariato di Stato dell’economia-Seco), il nullaosta dell’Uft rischia di mettere a repentaglio l’adesione del sindacato – e dei suoi 50mila e rotti affiliati – all’estensione della libera circolazione delle persone ai nuovi paesi dell’Unione europea. Il presidente del Sev Ernst Leuenberger l’aveva anticipato la scorsa settimana al Tages Anzeiger, il vicepresidente François Gatabin lo ribadisce su queste colonne: sul tavolo dei 250 delegati al Congresso del 24 e del 25 maggio ci sarà un testo che propone di condizionare il sì all’estensione della libera circolazione alla soluzione del problema dei salari-dumping alla Bls/Railion. area ha fatto il punto della situazione con François Gatabin. «Siamo per l’estensione della libera circolazione delle persone. Ma se non si adotteranno delle misure di accompagnamento che impediscano il dumping salariale e sociale nel nostro settore, saremo costretti a rivedere la nostra posizione. E se i dirigenti del sindacato non lo facessero, la nostra base li obbligherebbe». Il vicepresidente del Sev François Gatabin parla chiaro. Dice che il Gruppo autonomo dei trasporti urbani (Gatu) romando ha già pronta per il Congresso del 24 e 25 maggio una risoluzione contro l’estensione della libera circolazione. E constata che benché l’Uft non abbia ancora preso una decisione formale, il parere reso noto nelle scorse settimane ha rafforzato le inquietudini dei 50mila affiliati al sindacato. «Per noi sarà difficile spiegare che devono dire sì all’estensione della libera circolazione perché le misure di accompagnamento previste sono buone, quando invece proprio nel nostro settore la realtà dimostra che le misure attuali sono totalmente insufficienti», afferma. François Gatabin, per il Sev dunque i salari dei ferrovieri sono più importanti del futuro dell’economia svizzera. Noi capiamo l’importanza dell’insieme degli accordi bilaterali per l’economia svizzera. Per di più siamo degli europeisti convinti. D’altro canto non vogliamo che sui binari svizzeri – e in particolare lungo l’asse del Gottardo – si sviluppino le stesse condizioni di lavoro esistenti attualmente nel settore dei trasporti stradali: a medio e lungo termine molti posti di lavoro sarebbero in pericolo. L’Accordo sui trasporti terrestri del 1999 prevede però il libero accesso delle compagnie ferroviarie estere alla rete di binari svizzera, indipendentemente dai salari. Sì. Ma noi non vogliamo assolutamente che il settore ferroviario venga sottoposto a una deregolamentazione che spiani la strada al dumping sociale e salariale, che porti quindi anche a una perdita di sicurezza e di qualità del servizio. A livello giuridico la soluzione va trovata in un’adeguata interpretazione della Legge federale sulle ferrovie oppure basandosi sulla Legge federale sui lavoratori distaccati (vedi box)? Pensiamo che difficilmente la Legge sui lavoratori distaccati potrà essere applicata alle situazioni che ci riguardano: si tratta infatti di persone straniere che lavorano per un’impresa con sede all’estero e che forniscono in Svizzera una prestazione puntuale. Ci concentriamo pertanto su altre piste: un contratto collettivo di lavoro (Ccl) nazionale di forza obbligatoria, l’interpretazione dell’articolo 9 della Legge sulle ferrovie e una risposta che il Consiglio federale diede nel 1999 a una mozione parlamentare (vedi box sotto). A che punto sono le trattative per il Ccl? Trattiamo a due livelli. A livello di singole imprese stiamo negoziando un contratto collettivo con la Bls. Le trattative sono in fase avanzata, anche se la Bls la sta tirando per le lunghe in modo inaccettabile, cercando di approfittare del vantaggio concorrenziale che deriva dal fatto di non avere attualmente un Ccl. A livello nazionale le trattative preliminari con le grosse compagnie ferroviarie (Ffs, Ffs Cargo, Bls e Bls Cargo, Schweizerische Südostbahn-Sob Ag, ecc.) sono cominciate recentemente. L’obiettivo è di concludere un Ccl per l’intero settore ferroviario sul modello di quello delle Ffs, un Ccl che possa poi essere dichiarato di forza obbligatoria, facendo in modo quindi che tutte le compagnie – svizzere ed estere – siano tenute a rispettarlo. Confidiamo che i negoziati veri e propri comincino ancor prima dell’estate. Il Sev è a conoscenza di altri casi di dumping oltre a quelli constatati alla Bls/Railion e alla Tx Logistik (vedi box sotto)? Per ora no. Ciò non significa che non esistano. Il grosso problema, infatti, è che i controlli non vengono fatti in maniera sistematica. Nella decisione di rilasciare i certificati di sicurezza [requisito per accedere alla rete ferroviaria, ndr] l’Uft si basa unicamente sui documenti consegnati dalle compagnie stesse. Noi denunciamo l’assenza di controlli sui luoghi di lavoro da parte dell’Uft. Oggi abbiamo cinque compagnie che transitano lungo l’asse del Gottardo (Ffs Cargo, Bls Cargo e le germaniche Railion, Tx Logistix e Rail4chem), ma ad esempio non sappiamo cosa succede in una di queste, la Rail4chem [impresa di trasporto ferroviario del gigante chimico Basf, con una filiale a Basilea, che in collaborazione con Ferrovie Nord Milano ha inaugurato lo scorso 13 dicembre la tratta Rotterdam-Brescia, ndr]. Per noi è sorprendente constatare che, poco tempo dopo l’apertura del mercato ferroviario del trasporto merci, non riusciamo già più ad avere una visione d’assieme. Con il nostro presidente stiamo perciò valutando la possibilità di inoltrare una mozione parlamentare con cui chiedere una moratoria sull’accesso alla rete ferroviaria fintanto che non saranno create le condizioni che scongiurino il pericolo di dumping. Il Sev è sulle barricate per quel che riguarda il dumping, però si è detto disposto ad accettare che macchinisti tedeschi conducano treni in Svizzera a salari tedeschi se, quale contropartita, altrettanti macchinisti svizzeri possono condurre treni in Germania a salari svizzeri. In questo modo, attraverso il cosiddetto “scambio di prestazioni”, non avallate il dumping salariale? Per noi una situazione del genere è accettabile. È un dato di fatto che le basi legali della liberalizzazione del trasporto merci ferroviario esistono. Lo “scambio di prestazioni” è un modo pragmatico – benché provvisorio – per gestire questa apertura del mercato. Non può essere in ogni caso una soluzione a lungo termine. Si tratta di definire e mettere per iscritto le regole di questo “scambio di prestazioni” con le singole compagnie che hanno sede in Svizzera. Il problema è che tutte a parole sono d’accordo, ma quando si tratta di concretizzare non se ne fa nulla. Per l’Ufficio federale dei trasporti (Uft) è chiaro: non importa se guadagnano un terzo in meno dei loro colleghi elvetici, i macchinisti tedeschi alla guida dei convogli merci Railion/Bls Cargo in Svizzera lavorano secondo le “condizioni di lavoro del settore”. Così l’Uft ha interpretato la Legge federale sulle ferrovie, il cui articolo 9 prevede che le imprese che hanno ottenuto l’autorizzazione di accesso alla rete devono tra le altre cose osservare «le condizioni di lavoro del settore». Per il sindacato Sev il parere dell’Uft contraddice quanto detto anni fa da Moritz Leuenberger in risposta a una mozione parlamentare. Nel 1999 il capo del dipartimento trasporti indicò che l’accesso alla rete ferroviaria da parte delle compagnie estere sarebbe stato «condizionato alla garanzia delle condizioni di lavoro del settore» e che il contratto collettivo delle Ffs sarebbe stato un «parametro essenziale» nella valutazione di tali “condizioni”. Forte di ciò, il Sev ritiene che qualsiasi compagnia – svizzera o estera non importa – con in mano una licenza di accesso alla rete debba rispettare le “condizioni” di lavoro vigenti in Svizzera. L’Uft, al contrario, è del parere che l’articolo 9 della Legge sulle ferrovie si applichi solo alle compagnie ferroviarie con sede in Svizzera, non a quelle con sede in un paese Ue (è il caso della Railion, filiale merci della Deutsche Bahn e proprietaria del 20 per cento delle azioni della Bls). La palla ora è nelle mani degli alti funzionari del dipartimento Leuenberger e del Segretariato di Stato dell’economia (Seco). Gli specialisti del Seco dovranno valutare in particolare se la Legge sui lavoratori distaccati – che definisce le condizioni di lavoro che gli imprenditori stranieri devono garantire da noi – rappresenta una via d’uscita praticabile all’impasse giuridica (e ora politica) provocata dall’impiego di macchinisti stranieri a salari stranieri. Una pratica che per il Sev – che attende al congresso le spiegazioni di Moritz Leuenberger – costituisce un chiaro atto di dumping salariale. Turni di 17, 18, persino di 22 ore, quando la durata massima consentita del lavoro è di 10 ore e quella del turno (lavoro più pause) di 12, eccezionalmente di 15. Esasperato dalla latitanza dell’Ufficio federale dei trasporti (Uft), il Sindacato del personale dei trasporti (Sev) torna a denunciare le infrazioni alla Legge sul lavoro compiute dalla filiale svizzera della Tx Logistik Sa (vedi intervista), compagnia ferroviaria germanica che dallo scorso anno in collaborazione con Trenitalia Cargo collega Melzo (Milano) a Mannheim attraverso il San Gottardo. Già in novembre il sindacato aveva denunciato le violazioni all’autorità di sorveglianza. Berna però nel frattempo non si è mossa. La scorsa settimana il Sev è perciò tornato alla carica chiedendo all’Uft di ritirare l’autorizzazione per l’accesso alla rete rilasciata alla Tx Logistik Sa. «Infrazioni sistematiche alla legge sul lavoro sono particolarmente gravi in quanto non solo contribuiscono a pervertire la concorrenza, ma mettono anche in pericolo la sicurezza ferroviaria e la salute del personale», si legge sull’ultimo numero del giornale del Sev “Arbeit&Verkehr”. Il superamento della durata massima del lavoro alla Tx Logistik Sa è il secondo caso di dumping (sugli orari di lavoro, non sui salari) riscontrato sin qui dal sindacato. Il primo riguardava i macchinisti tedeschi alla guida delle locomotive della Bls Cargo (vedi box a lato).

Pubblicato il

22.04.2005 02:00
Stefano Guerra
Editore

Sindacato Unia

Direzione

Claudio Carrer

Redazione

Francesco Bonsaver

Raffaella Brignoni

Federico Franchini

Mattia Lento

Indirizzo
Redazione area
Via Canonica 3
CP 1344
CH-6901 Lugano
Contatto
info@areaonline.ch

Inserzioni pubblicitarie

Tariffe pubblicitarie

T. +4191 912 33 88
info@areaonline.ch

Abbonamenti

T. +4191 912 33 80
Formulario online

INFO

Impressum

Privacy Policy

Cookies Policy

 

 

© Copyright 2023