Politica degli alloggi

Stasera non dormo a casa. Già, e chi se la immagina una notte in mezzo alla strada in Svizzera? Eppure, il recente e primo studio nazionale ha accertato che il fenomeno dei senzatetto esiste anche nel nostro paese. Lo dicono i numeri lo dice la scienza: le persone senza una casa sono una presenza (nascosta) anche qui. «Un problema di povertà estrema che può essere prevenuto e combattuto anche attraverso servizi abitativi a bassa soglia» ci dice Jörg Dittman, responsabile del team di ricerca. Intanto, in queste settimane a Ginevra è stata attivata una hotline per chi cerca un alloggio d’urgenza. La sensazione è che in Svizzera la questione venga alla ribalta solo con il freddo per poi tornare a essere invisibile… C’è chi spera che la ricerca possa ora lanciare il dibattito politico.

 

C’è un puntino bianco in Europa: è la Svizzera. O, almeno, c’era fino all’altro giorno, perché ora quel puntino è stato tratteggiato con un numero (2.200) che corrisponde ai senzatetto monitorati sul territorio nazionale. E da bianco, che stava a significare una presunta assenza del fenomeno, ora è stato colorato di nero. Insomma, il problema c’è e per la prima volta viene riconosciuto attraverso i risultati di uno studio condotto in otto città {Basilea, Berna, Ginevra, Losanna, Lucerna San Gallo, Zurigo e pure Lugano) dalla Scuola universitaria professionale della Svizzera nordoccidentale (FHNW). Dati per certi versi parziali, ma che rivestono un’importanza simbolica: il fatto, finora invisibile, viene “ufficializzato”. «I senzatetto sono una realtà in Svizzera: empiricamente accertati, diventano una categoria di persone determinabili, anche se la pandemia, coincisa con il nostro studio, ha portato a una sottostima finale» commenta da noi contattato il professor Jörg Dittmann, del dipartimento di lavoro sociale alla FHNW di Basilea. Per il ricercatore l’indagine costituisce una base ulteriori studi affinché venga inquadrata «una questione sociale ancora carica di zona d’ombra».

La casa sembra un fatto scontato per chinque, ma non lo è. Il diritto a un alloggio adeguato è iscritto nella Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. Un diritto che però non è sancito dalla Costituzione federale e a Berna il problema è poco sentito, restando sottotraccia. Con questo studio c’è chi, come il professor Jean-Pierre Tabin, esperto di povertà a Losanna, spera che il dibattito possa finalmente essere lanciato...

 

Professor Tabin, lo studio condotto su mandato dell’Ufficio federale delle abitazioni (Ufab), e presentato negli scorsi mesi, fa una stima di 2.200 senzatetto in Svizzera: è una cifra realistica?
È una stima per difetto: su 2.172 comuni hanno risposto solo 576, i quali si sono espressi attraverso il personale amministrativo (49%), i segretari comunali (35%) o le autorità politiche (15,5%). Il calcolo è stato fatto non attraverso un conteggio sistematico, ma sulla base dell’opinione di funzionari comunali, che sono variamente e diversamente informati sul fenomeno e, a volte, non ne sanno nulla. Ma questa è la prima cifra nazionale, e dato che il conteggio statistico è un linguaggio di riferimento convenzionale che permette al dibattito pubblico di svolgersi, il problema potrebbe cominciare ad emergere in Svizzera come questione politica.

 

Chi si intende per senzatetto? Persone con problemi momentanei di alloggio o persone escluse dal tessuto sociale?
La condizione presa come modello per lo studio è quella definita secondo la tipologia europea dei senzatetto (Ethos), ovvero: persone che dormono per strada, in spazi pubblici o nella natura; che non hanno una dimora fissa e devono spostarsi da un rifugio di emergenza all’altro; che vivono in istituzioni parzialmente chiuse (ad esempio case per donne); che rimangono più a lungo del previsto in una struttura (clinica, ospedale, ostello) perché non hanno un alloggio; che stanno in maniera discontinua da parenti o amici.


Sorprende che il committente sia l’Ufficio federale dell’alloggio, come se fosse un problema puramente tecnico di difficoltà a trovare un’abitazione…
È deplorevole che questo studio non sia stato commissionato dall’Ufficio federale delle assicurazioni sociali, né dal programma nazionale sulla povertà, o dallo stesso Ufficio federale di statistica su incarico del Consiglio federale. Ciò significa che i problemi politici del diritto all’alloggio e il legame tra povertà e povertà abitativa/senzatetto non sono considerati in quanto tali. Affinché il dibattito pubblico abbia luogo, i senzatetto dovrebbero essere monitorati sistematicamente in Svizzera e in Europa su base regolare e annuale, come l’Ust fa per altre questioni, per esempio il numero di persone che ricevono assistenza sociale.

 

Perché in Svizzera mancano studi sul tema? È considerato un problema di povertà di cui non si può parlare o è un tabù?
In effetti, il problema dei senzatetto non è considerato una questione di politica nazionale. La risposta di Alain Berset al postulato di Ada Marra in Consiglio nazionale nel 2016 (“Ricovero notturno d’emergenza, misure prese o da prendere in considerazione”) è indicativa di come viene considerata la tematica: spiega che sono le città e i cantoni a essere responsabili della questione e per questo si rifiuta che la Confederazione produca un rapporto sulla situazione dei senzatetto in Svizzera. Questo perché il diritto all’alloggio non è sancito dalla Costituzione federale.


Il mito vuole i senzatetto come persone che, quasi romanticamente, a un certo punto – in rivolta ai dogmi della società – si autoescludono: è davvero una libera scelta?
L’immagine dominante è quella del “marginale”, e i senzatetto sono spesso visti come affetti da problemi psicologici, o come se avessero scelto questa condizione perché non vogliono far parte della corrente principale. La realtà è ben diversa: le persone che vivono in strada lo fanno per obbligo, perché non hanno trovato un alloggio o l’hanno perso. Una persona che ha un lavoro precario, o che non ha un permesso di soggiorno stabile (ad esempio gli europei che vengono in Svizzera per cercare lavoro), incontra molte difficoltà a trovare un alloggio fisso.


Quali sono dunque i motivi che portano a vivere in strada?
L’incapacità di trovare un alloggio, gli affitti proibitivi, il reddito irregolare dovuto al lavoro precario (ad esempio chi è collocato tramite agenzie interinali) o lo status di residenza in Svizzera. Da considerare anche il ruolo giocato dagli stereotipi razzisti, che impediscono per esempio alle famiglie rom di trovare lavoro e alloggio.

 

Quali, invece,  le difficoltà per riscattare la propria vita, ritrovando una normalità che non sia la dura vita della strada?
La vita in strada e nei rifugi di emergenza è insopportabile, non solo per il freddo e il cattivo tempo, ma perché non permette una vita dignitosa. I senzatetto lavorano durante il giorno per pochi soldi e spesso in nero e devono dormire per strada o nelle loro auto. I bambini vanno a scuola e sono costretti con i loro genitori ad aspettare fino alle 21 per poter entrare negli alloggi di emergenza, che aprono solo a quell’ora. Le donne spesso sono portate a fare sesso in cambio di un letto. Senza una casa, è  impossibile assicurarsi contro le malattie. E così via. Per ritrovare la normalità, si ha bisogno di un alloggio permanente.

 

Pubblicato il 

10.01.23
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