Stare con i musulmani

«Il Ppd e il Plr si sono detti che bisogna togliere di mezzo il problema dell'asilo, che ha troppo alimentato i successi dell'Udc: si sono detti che dandogli una volta tanto ragione poi l'Udc non avrà più argomenti per nutrirsi. È un calcolo totalmente sbagliato: pensare che l'Udc abbandonerà così facilmente il tema degli stranieri e dei richiedenti l'asilo significa dar prova di un'ingenuità assolutamente inquietante. L'Udc in questo campo vorrà sempre di più». Lo disse Dick Marty al nostro giornale prima della votazione sulle Leggi stranieri e asilo (cfr. area dell'8 settembre). C'è voluto poco perché i fatti gli dessero ragione. Già la sera del 24 settembre, commentando gli esiti del doppio referendum, il presidente dell'Udc Ueli Maurer annunciava quali sarebbero state le prossime tappe della crociata anti stranieri del suo partito.
Fra gli obiettivi della destra vi sono ora, senza più giri di parole, i musulmani. Certo, lo stesso Maurer dice al Tages Anzeiger che «l'Udc è troppo poco cristiana per poter forzare il dibattito sull'Islam». Intanto però lo fa. Già è in corso una campagna grossolana ma velenosa. Un paio d'anni fa il consigliere nazionale Udc Ulrich Schlüer, esponente dell'ultradestra in seno all'Udc, pubblicò cifre false per accreditare la tesi dell'islamizzazione della Svizzera a ridosso delle votazioni sulle naturalizzazioni agevolate. Ora, sempre con l'appoggio del partito, coordina la campagna contro i minareti, una campagna che razionalmente è ridicola ma che poggia su un fertile terreno emotivo. E trova pronti emulatori anche in Ticino.
Accusando un presunto invasore da respingere la destra è dunque partita verso una nuova guerra di religione. Inventando un nemico che non c'è. Intanto perché la stragrande maggioranza dei musulmani vive e lavora come chiunque altro al mondo. Poi perché l'Islam vissuto in Europa è pure passato attraverso un avanzato processo di secolarizzazione: l'85 per cento dei musulmani che vivono in Svizzera dichiarano di non praticare la loro fede. Infine perché, sarà bene ricordarlo, in questi anni muoiono più musulmani sotto le bombe degli occidentali (lanciate invocando il Dio cristiano) che non viceversa (e la stessa comunità musulmana più laica e a noi vicina che ci sia, quella bosniaca, una decina d'anni fa è stata lasciata sola sotto le bombe di una Serbia e di una Croazia molto cristiane da un Occidente per lo meno distratto).
A soffrire di questa nuova ondata xenofoba e islamofobica nel nostro paese non sono, ovviamente, quei terroristi ai quali tutti i musulmani vengono assimilati. A soffrirne sono donne e uomini, ragazze e ragazzi che vivono quotidianamente accanto a noi contribuendo con il loro lavoro alla nostra ricchezza e con il loro contributo di idee alla costruzione di una società aperta e democratica. Il loro problema è che sono disarticolati e male organizzati per far fronte alla pesante campagna che li assale, e che proprio per questo sono un bersaglio facile da colpire (assai più degli ebrei, contro i quali pure l'Udc e la Lega si scagliarono scottandosi assai nel pieno della crisi per i fondi delle vittime dell'Olocausto in giacenza nelle banche svizzere).
Ma il problema è anche che l'Udc è rimasta l'unica nel centrodestra a pretendere di rappresentare i veri valori del nostro paese. È lei che pone i temi identitari sull'agenda politica, sfruttando il tracollo ideale non meno che elettorale dei partiti che per 150 anni ressero le sorti della Svizzera moderna, il Ppd e il Plr appunto. Preoccupante in questo contesto è soprattutto la leggerezza con cui il Ppd di marca Leuthard ha lasciato cadere il riferimento ai valori cristiani: certo, in cambio c'è stata l'apertura su questioni come l'aborto e le unioni registrate. Ma in questo modo il Ppd ha perso legittimità agli occhi di molti cattolici rifugiatisi nella "troppo poco cristiana" Udc, mancando inoltre l'occasione di diventare un perno dell'integrazione della nuova immigrazione musulmana.
Disinnescare la bomba scriteriatamente lanciata dalla destra non sarà semplice. Lo si potrà fare da un lato migliorando l'informazione e dall'altro ribattendo colpo su colpo alle provocazioni, nell'arena politica come sui media. Ma lo si dovrà fare soprattutto approfondendo la conoscenza reciproca, ogni giorno. È il lavoro che faticosamente fu fatto dapprima con gli italiani, poi con gli spagnoli e i portoghesi, e che è ancora in corso con gli immigrati balcanici e turchi. È una nuova sfida, anche per il sindacato.

Pubblicato il

06.10.2006 00:30
Gianfranco Helbling