"Stadio in ritardo per l'Ata"

«Questo stadio è una grande opportunità». «Una costruzione che lascerà la sua impronta su Zurigo». Ecco un paio di esempi dei titoli altisonanti che si poterono leggere sui giornali zurighesi verso la fine d’agosto dell’anno scorso. Poco dopo, il 7 settembre 2003, gli zurighesi approvarono con il 60 per cento dei voti la costruzione di un nuovo centro sportivo, con esplicito consenso allo sfruttamento commerciale dell’intera area che ospita attualmente il vecchio stadio Hardturm. Finanziato da un gruppo d’investitori, tra cui principalmente il Crédit Suisse, il nuovo stadio dovrebbe essere pronto per il campionato europeo di calcio del 2008 assegnato all’Austria ed alla Svizzera. Ma dopo la votazione popolare, a metà ottobre venivano presentati sei ricorsi di diritto amministrativo contro la costruzione, due di diritto pubblico contro la votazione popolare del mese prima, e uno di diritto della circolazione contro l’eliminazione di una stradina. Quando il 22 aprile scorso il governo cantonale ha deciso su tali ricorsi con soddisfazione quasi generale, ci si aspettava che tutti i ricorrenti rinunciassero ormai a perseguire le vie legali. L’Associazione Traffico Ambiente (Ata) ha invece mantenuto il suo ricorso all’istanza successiva. Il risultato è che oggi, a Zurigo e un po’ in tutta la Svizzera, mezzo mondo si scaglia contro l’Ata, rea di mettere a repentaglio, con la decisione di non ritirare il suo ricorso, la puntualità dell’inizio dei lavori e, quindi, la possibilità di Zurigo di ospitare il campionato europeo 2008. Perché gli ambientalisti s’interessano tanto alla costruzione del nuovo stadio di Zurigo? La risposta è nella dimensione stessa del progetto e nel suo particolare adattamento alle esigenze commerciali. Concepito come un enorme pentagono che poggia su un altro pentagono ma senza combaciarvi esattamente, lo stadio sarà alto 47 metri e comporterà l’utilizzazione di 60 mila metri quadrati di terreno. Un mostro, insomma, che incute timore in una porzione dell’ex-quartiere industriale che sta evolvendo a zona commerciale e residenziale, nella quale è previsto che dal 2010 abiteranno 6 mila persone e vi saranno 33 mila posti di lavoro. Il progetto infatti comprende, oltre allo stadio vero e proprio con 30 mila posti a sedere, anche uno “shopping center”, un albergo, negozi, ristoranti, uffici. Costo complessivo dell’opera: 370 milioni di franchi. Per molti, il centro commerciale integrato nel pentagono di base è semplicemente troppo grande. Il timore è che il quartiere venga inondato dal traffico, anche se il luogo sarà servito dai mezzi pubblici con una nuova linea di tram, una di autobus ed una nuova stazione delle Ffs. La diffidenza è dovuta all’insufficiente garanzia che tale dotazione di trasporti pubblici venga realizzata, alla forza d’attrazione del centro commerciale per la sua stessa dimensione, al numero troppo elevato di parcheggi progettati. Tra i primi ricorrenti s’è quindi inserita l’Ata, che ha contestato proprio questi punti, richiedendo in particolare una modifica del progetto con meno parcheggi e la realizzazione di una seconda linea di tram. Da parte loro, gli abitanti del quartiere hanno fatto un megaricorso contestando una settantina di punti del progetto. E c’è stata persino la Fondazione Greina, un’istituzione grigionese che raccoglie 105 mila amici della Greina (un grandioso complesso panoramico tra Grigioni e Ticino, divenuto simbolo della resistenza allo sfrenato sfruttamento della natura), che ha fatto ricorso contro il nuovo stadio zurighese per l’eccessivo consumo di energia (emissione di CO2) previsto. E dire che quando il progetto venne presentato ufficialmente nel marzo del 2003 e fu decisa la data della votazione popolare, le obiezioni sollevate furono centinaia, esattamente 333: un campanello d’allarme evidentemente sottovalutato. In ogni caso, dopo l’esplicito impegno che il nuovo stadio utilizzerà al 70 per cento energie rinnovabili, la Fondazione Greina ha ritirato il suo ricorso. Altrettanto non hanno fatto, anche dopo che il Consiglio di Stato aveva ridotto il contestato numero dei parcheggi, né l’Ata, né gli abitanti del quartiere. L’Ata, in particolare, perché non vuole ripetere il rischio corso contro la Masoala-Halle (il padiglione tropicale dello Zoo di Zurigo), dove si fidò della promessa che la linea del tram sarebbe stata prolungata, e non venne fatto. L’obiettivo rimane quindi quello di assicurarsi che la seconda linea di tram chiesta per l’Hardturm venga garantita giuridicamente. Gli abitanti del quartiere, che in maggioranza hanno votato contro il progetto del nuovo stadio, tengono duro sostanzialmente perché sono spaventati dall’invadenza di una costruzione ritenuta troppo grande. Sia l’Ata che i residenti sostengono che il progetto violi le leggi urbanistiche ed ambientali. Riassunta così in poche righe, tutta questa vicenda non rispecchia però abbastanza le polemiche sollevate, le tensioni, le resistenze e le ingerenze. La sezione Ata di Zurigo deve fronteggiare una forte contestazione interna: circa 250 soci hanno dato le dimissioni perché non condividono questa resistenza ad oltranza contro lo stadio zurighese, decisa in contrasto anche con l’orientamento dell’Ata a livello svizzero. Inoltre, diverse organizzazioni ambientaliste si sono irritate per il comportamento dell’Ata, perché temono che così venga messo a repentaglio il diritto di ricorso che viene loro riconosciuto. Anche la Fondazione Greina ha dovuto fare i conti con importanti defezioni tra i suoi sostenitori zurighesi. Per non parlare degli abitanti della zona, che da quando hanno manifestato la loro volontà di non ritirare il ricorso, ricevono anche per e-mail minacce ed insulti. La colpa è in parte da attribuire anche al clima di pressione che il sindaco socialista, Elmar Ledergerber, ha suscitato usando l’espressione (di cui poi s’è scusato) di «ecoterrorismo» riferita in particolare all’Ata. Meglio, però, avrebbe fatto Ledergerber a spiegare perché mai un Municipio a maggioranza di sinistra debba difendere a spada tratta un progetto che viola le norme edilizie e di tutela ambientale.

Pubblicato il

04.06.2004 01:30
Silvano De Pietro