Esteri

Spiragli per un ritorno al negoziato, ma non si ferma il genocidio

Nonostante il sì di Hamas alla roadmap USA per una tregua, dopo quasi dieci mesi di conflitto continuano i violenti bombardamenti israeliani contro Gaza

Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha deciso unilaterlamente di riprendere i colloqui, al palo da maggio, con Hamas, il movimento che governa la Striscia di Gaza. E così un incontro diretto tra negoziatori israeliani e di Hamas dovrebbe tenersi di nuovo questa settimana a Doha in Qatar.

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, si è detto molto soddisfatto degli sviluppi sottolineando che Hamas ha anche accettato la roadmap USA per la tregua dopo aver ritirato la richiesta di un cessate il fuoco permanente, considerato come il prerequisito necessario per i colloqui. Se, da una parte, negli ultimi giorni sono stati vari i contatti tra Biden e il premier israeliano sul tema degli ostaggi israeliani, ancora nelle mani di Hamas, e i negoziati per il cessate il fuoco, dall'altra, i leader politici del movimento che governa Gaza hanno riavviato i colloqui con Egitto e Qatar in vista di una tregua che tarda ad arrivare dopo quasi dieci mesi dall'avvio del conflitto lo scorso 7 ottobre. 116 sarebbero gli ostaggi israeliani ancora vivi nelle mani di Hamas mentre almeno 38mila sono i palestinesi uccisi dall'inizio della guerra.

 

Le tre fasi della roadmap, proposta da Biden il 31 maggio, prevedono: il ritiro israeliano dalla Striscia, un iniziale “cessate il fuoco completo” con lo scambio di ostaggi e di prigionieri politici palestinesi (Israele ha posto il veto sul rilascio di cento detenuti di Hamas e Jihad islamico), una seconda fase con la “fine permanente delle ostilità”, e infine l'inizio della ricostruzione a Gaza. La sola condizione che è stata confermata da Hamas per firmare l'accordo è il ritiro dell'esercito israeliano dal corridoio Philadelphia al confine con l'Egitto e dal valico di Rafah. Tuttavia, Netanyahu continua a confermare che il suo obiettivo finale della guerra è la distruzione politica e militare di Hamas.

 

L'esercito israeliano non ha risparmiato civili e ostaggi

Negli attacchi dell'esercito israeliano (Idf) contro Hamas, Israele non solo ha commesso crimini di guerra in un genocidio in corso, ma ha deliberatamente colpito i civili. Lo ha fatto usando l'Intelligenza artificiale per incrociare informazioni su persone ritenute vicine alle milizie palestinesi e quindi decidere gli obiettivi da bombardare, ma anche facendo ricorso al protocollo Hannibal (una controversa procedura usata per impedire “con ogni mezzo” la cattura di soldati israeliani). Lo ha confermato un'inchiesta del quotidiano israeliano Hareetz, secondo la quale, nel caos delle prime fasi del conflitto, l'esercito israeliano ha usato il protocollo per evitare il sequestro di militari anche a costo della perdita della vita degli ostaggi.

Gli ordini da parte di Idf sono stati dati in tre occasioni. Non è chiaro se civili o militari, e quanti, sono morti in seguito all'applicazione di questo protocollo, ma i testimoni israeliani citati dal giornale confermano che queste pratiche sono state usate diffusamente da Idf durante il conflitto. Idf ha fatto sapere che ha avviato un'indagine interna per “apprendere lezioni che saranno usate in attacchi futuri”. Per esempio, nei giorni seguenti l'inizio della guerra, in un raid al kibbutz di Be’eri, un brigadiere generale di Idf ha ordinato di colpire una casa dove si trovavano miliziani di Hamas provocando la morte anche di 13 ostaggi israeliani.

 

Uno dei raid più duri dall'inizio del conflitto

Non si fermano intanto i raid israeliani sulla Striscia. I palestinesi di Gaza hanno subìto lo scorso lunedì uno dei bombardamenti più gravi dall'inizio della guerra. Mentre i carriarmati israeliani hanno circondato il centro di Gaza City. L'ospedale al-Ahli è stato evacuato mentre i pazienti sono stati trasferiti in altre strutture, come l'ospedale indonesiano. Sono stati emessi vari ordini di evacuazione da parte delle forze armate israeliane nei quartieri di Tuffah e Daraj. I raid più intensi hanno colpito i quartieri di Tel al-Hawa e al-Rimal. Molti residenti si sono spostati verso il porto di Gaza nel Nord della Striscia, in assenza di cibo e acqua. Idf ha confermato che l'operazione è stata lanciata contro presunte strutture di Hamas e Jihad islamico, anche nei quartiergenerali dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNRWA).

 

Ucciso Ehab al-Ghussein di Hamas

Ad essere presi di mira sono stati principalmente militanti del movimento che governa la Striscia di Gaza. Uno dei leader di Hamas è stato ucciso insieme ad altre tre persone in un raid israeliano contro una scuola di Gaza la scorsa domenica. Si tratta di Ehab al-Ghussein. Idf ha confermato l'attacco contro la scuola della Sacra famiglia nell'Ovest di Gaza. Ehab Al-Ghussein è stato vice-ministro del Lavoro e portavoce del ministero dell'Interno. Era considerato una figura significativa tra gli amministratori del movimento. È solo l'ultimo di una lunga lista di politici e tecnici di Hamas uccisi negli ultimi nove mesi nei raid israeliani. Lo scorso novembre erano stati uccisi il viceministro della Cultura e il vice portavoce del Consiglio legislativo, insieme a tanti altri funzionari e ufficiali di polizia, non necessariamente coinvolti nelle attività armate del gruppo.

 

Il fronte libanese

Non si ferma la guerra neppure sul fronte libanese. Dopo l'uccisione dell'ennesimo comandante del movimento sciita libanese, Mohammed Nimah Nasser, in un raid israeliano, Hezbollah ha lanciato 200 missili nel Nord di Israele. Idf ha confermato di continuare a prendere di mira “infrastrutture militari” di Hezbollah nel Sud del Libano.

Secondo l'esercito israeliano, l'unità che guidava Nasser era responsabile del lancio di missili dal Sud-Ovest del Libano. La stessa dura reazione di Hezbollah si era verificata il mese scorso dopo l'uccisione di un altro comandante del movimento, Taleb Sami Abdullah. Negli attacchi al confine tra i due paesi dall'inizio del conflitto sono morti 400 libanesi e 25 israeliani, prevalentemente soldati. Non solo, sono decine di migliaia le persone costrette a lasciare le aree di confine tra i due paesi.

Secondo un portavoce della forza di peacekeeping delle Nazioni Unite (UNIFIL), le operazioni stanno diventando sempre più intense e profonde da entrambe le parti. “Siamo molto preoccupati perché ogni incidente può provocare una grave escalation”, ha aggiunto Kandice Ardiel. Il ministro della Difesa, Yoav Gallant, aveva dichiarato di essere pronto “a qualsiasi azione necessaria in Libano”. Hezbollah ha fatto sapere di non volere una guerra con Israele ma di essere pronto a combattere “oltre le regole” in caso di conflitto.

Se si aprono nuovi spiragli per il dialogo e il cessate il fuoco tra Israele e Hamas, dopo nove mesi terribili di guerra, non si fermano il genocidio e le impressionanti violazioni dei diritti umani in corso a Gaza. Eppure, l'elezione del presidente riformista Masoud Pezeshkian in Iran, dopo la morte in un incidente aereo dell'ex presidente conservatore Ebahim Raisi, potrebbe essere un segnale favorevole per chi vuole il negoziato e la fine del conflitto a Gaza, in seguito allo scontro diretto tra Tel Aviv e Teheran avviato lo scorso aprile.

Foto Reuters

Pubblicato il

10.07.2024 11:22
Giuseppe Acconcia