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Sottomissione della cultura
di
Gianfranco Helbling
La polemica sull’opportunità di proiettare al Festival di Locarno il cortometraggio sulle donne nell’Islam “Submission” di Theo van Gogh, assassinato da un islamista proprio per aver girato quel film, è uno dei dibattiti culturali più avvilenti cui sia capitato di assistere in Ticino negli ultimi anni. Un dibattito creato (almeno da certuni) per calcolo politico (a destra sparare sull’Islam rende) e amplificato da un sistema mediatico facile al surriscaldamento e del quale gran parte della nostra classe politica si serve senza esserne all’altezza. Intanto è stupefacente l’atteggiamento con cui, in nome della libertà d’espressione, si voleva di fatto imporre al Festival la proiezione di un film, limitando a quest’ultimo la sua di libertà. Forse è bene ricordare che la programmazione di un festival segue delle sue logiche (non è semplicemente un ammasso di film) e che chi lo dirige fa una selezione, non una raccolta. Ma poi in nome di quella stessa libertà d’espressione ci si è arrogati il diritto di imporre al produttore del film la sua diffusione contro la volontà sua e delle altre persone coinvolte, dimenticando che la libertà d’espressione implica anche quella di non esprimersi. Non solo: si è addirittura distribuito a centinaia un dvd piratato contenente il film senza ovviamente pagarne i diritti d’autore (tanto l’autore è morto, si saranno detti gli ayatollah della libertà d’espressione). Insomma, un bel rispetto per chi il cinema lo fa e lo diffonde con serietà. Ma c’è dell’altro. Dov’erano per incominciare i nostri paladini dei diritti delle donne quando nelle scorse edizioni il Festival di Locarno ha continuato a proporre film iraniani, afghani, maghrebini e così via proprio su questi temi? E si sono chiesti se “Submission” sia davvero l’opera giusta per parlare dei diritti delle donne secondo l’Islam? Le hanno tenute in considerazione le critiche di quelle donne musulmane e liberali che si sono sentite loro stesse offese da quel film? No, evidentemente: perché per loro la libertà d’espressione dev’essere assoluta, senza limiti (e infatti alcuni di loro sono fieri avversari dell’articolo penale contro il razzismo). Insomma, un gran brutto dibattito in cui più che cultura s’è vista molta ignoranza. E che evidenzia in quanta e quale considerazione alcuni tenori della politica cantonticinese tengano la cultura stessa: sottomessa a tutt’altri interessi.
Pubblicato il
22.04.05
Edizione cartacea
Anno VIII numero 16
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