Sono trascorsi quasi tre mesi dall'annuncio delle dimissioni dal governo del consigliere federale Pascal Couchepin e il 16 settembre prossimo il Parlamento dovrà eleggere il suo successore. Non vediamo l'ora che giunga questo momento: non tanto per conoscere il nome del nuovo ministro o per vivere quei momenti di "suspence" che caratterizzano ogni elezione sotto la cupola di Palazzo federale, ma per veder finalmente calare il sipario sull'indecente spettacolo a cui stiamo assistendo da metà giugno. Uno vero e proprio teatrino della politica in cui si parla di tutto fuorché delle aspettative e degli interessi della popolazione.

Mentre la crisi economica e una serie di scelte politiche sbagliate stanno erodendo il potere d'acquisto dei cittadini e facendo espolodere la disoccupazione (per il 2010 l'autorità federale prevede 300 mila persone senza lavoro), l'intero dibattito sulla successione di Couchepin (tra le forze politiche e al loro interno, così come nei cantoni) ruota attorno a questioni a dir poco marginali, come la latinità dei candidati, la loro età, la loro provenienza o la loro notorietà a Berna. E sullo sfondo vi è una ragione ancora più banale: uno scontro senza precedenti (almeno nell'era della concordanza) tra due partiti storici, il Plr e il Ppd, che sono in calo di consensi da quasi trent'anni ma che non si rassegnano all'idea di perdere potere all'interno del governo federale: i liberali radicali tentano così di salvare il seggio lasciato libero da Pascal Couchepin ed evitare di ritrovarsi in governo con il solo (ormai impresentabile) Hans-Rudolf Merz, mentre i popolari democratici provano a riconquistare la poltrona strappata da Christoph Blocher a Ruth Metzler il 10 dicembre 2003 e ad affiancare alla fragile Doris Leuthard una figura un po' più consistente.
Entrambi i progetti sono però desolatamente vuoti di contenuti: i due partiti borghesi (e i rispettivi candidati ufficiali che saranno scelti dai gruppi parlamentari) cercheranno dunque nelle prossime due settimane di soddisfare i loro appetiti con una "classica" caccia all'ultimo voto tra i banchi dell'Assemblea federale.
In questo contesto troveranno poco spazio i veri problemi dei cittadini, alle prese con un sistema economico in crisi che sempre più genera disoccupazione, precariato, povertà, emarginazione e perdita della qualità di vita. Questo nonostante l'elezione del 112esimo consigliere federale della storia della Confederazione dipenda fortemente dalle scelte della sinistra (del Partito socialista e dei Verdi in particolare), i cui voti sono indispensabili per assicurare al presidente del Plr Fulvio Pelli o al capogruppo (friburghese germanofono) del Ppd Urs Schwaller (i due "finalisti" più probabili allo stato attuale) l'elezione in Consiglio federale.
Finora, i rappresentanti di quest'area politica non hanno posto particolari condizioni ai candidati, limitandosi a dichiarare che la scelta dei gruppi parlamentari dipenderà dalle posizioni che esprimeranno nell'ambito delle tradizionali audizioni sui temi di politica sociale, economica e ambientale. C'è però chi, come la vicepresidente del Partito socialista Jaqueline Fehr, ha già promosso a pieni voti Urs Schwaller in quanto «politico trasparente e affidabile» e bocciato il ticinese Fulvio Pelli, reo di avere negli ultimi anni in veste di presidente spinto il partito «sempre più a destra».
Più possibilista un'altra vicepresidente, la ticinese Marina Carobbio-Guscetti: «Fintanto che non si giungerà ad eleggere il Governo sulla base di un programma politico di legislatura, come io auspico, il Ps, pur riconoscendo il principio della concordanza, deciderà se sostenere un liberale radicale o un popolare democratico a dipendenza delle loro posizioni politiche».
Ma le posizioni dei probabili "finalisti" (Pelli e Schwaller) sono note…
«Sappiamo che Pelli sulle questioni dei diritti civili ha posizioni per noi condivisibili mentre in materia di politica sociale è piuttosto distante. Per Schwaller (pure lui tutt'altro che di sinistra, nonostante il suo contributo nel 2007 all'estromissione di Christoph Blocher dal governo) possiamo invece rovesciare il discorso. Fondamentali saranno le audizioni davanti al gruppo parlamentare, dove dovranno rispondere in modo preciso su questioni puntuali».
Come ticinese, lei potrebbe anche non votare Pelli?
«Sì, ma potrei anche votare Pelli. Dipende da lui: Pelli, come presidente del Plr si è spesso posizionato al fianco dell'Udc, ma è possibile che come consigliere federale sappia mantenere maggiore equidistanza».
La rivendicazione del Ticino è sentita nel gruppo

socialista?
«La rivendicazione del Ticino è considerata legittima, ma il gruppo socialista farà prima di tutto una valutazione politica dei candidati».
Difendere gli interessi del Ticino a Berna significa salvaguardare gli interessi della piazza finanziaria o altro?
«Questa è una delle domande che porremo al candidato ticinese. Evidentemente, il Ticino soffre un certo distacco dalla capitale che un consigliere federale potrebbe in parte colmare. Ma i problemi economici e occupazionali del nostro cantone, la questione delle disparità salariali nei confronti del resto della Svizzera e le difficoltà di sviluppo dell'industria non si risolvono certo con un consigliere federale. Serve invece una politica che tenga maggiormente conto delle regioni periferiche, per esempio garantendo anche ad esse un vero servizio pubblico. Un concetto questo su cui porremo domande precise ai candidati, anche alla luce di quanto avvenuto negli ultimi anni per esempio nel settore postale».


«Marty sarebbe una garanzia»

È un liberale nel senso stretto del termine, ha alle spalle una lunga esperienza di politico e magistrato, per la sue competenze e la sua indipendenza gode di molta stima sia in Parlamento sia nel Paese, non ha legami e interessi nel mondo della finanza, è uno strenuo difensore dei diritti umani ed è una figura di grande prestigio internazionale (il che di questi tempi non guasta).
Il senatore ticinese Dick Marty sarebbe il candidato perfetto per assicurare al Partito liberale radicale il mantenimento del secondo seggio in governo. Eppure il suo nome sin qui non è praticamente stato preso in considerazione dal suo partito, né a livello nazionale né in Ticino. Una sua candidatura è invece stata auspicata ad inizio estate dal giornale di sinistra svizzero-tedesco WochenZeitung e presa in considerazione dal "barometro elettorale " del Tages Anzeiger (da cui in luglio risultava un 25 per cento di consensi).
Nei giorni scorsi a riproporre il nome dell'ex consigliere di Stato ticinese (che non siamo riusciti a contattare per una presa di posizione) è invece stato il politologo zurighese e consigliere nazionale socialista Andreas Gross , secondo cui le possibilità di una sua elezione in Consiglio federale «non sono nulle se il Plr realizza che Marty è in grado di salvare il secondo seggio in governo».
Un'opinione condivisa anche dall'ex consigliere nazionale ticinese Franco Cavalli: «Marty sarebbe al tempo stesso una garanzia per il Plr e ideale per il Ticino, che finalmente meriterebbe di tornare in Consiglio federale. Su di lui la sinistra farebbe senza dubbi confluire in massa i propri voti. Cosa che dubito accadrebbe con Fulvio Pelli, di cui non si dimentica che nel 2003 giocò un ruolo chiave nell'elezione di Christoph Blocher in governo». «Personalmente -aggiunge Cavalli- ho forti divergenze con Marty su molti aspetti della politica economica, ma non, per esempio, in materia di politica internazionale. Un ambito in cui lavorerebbe in perfetta sintonia con la sinistra». Di qui un suggerimento al suo partito: «Il Ps, che grazie ai disastri di Couchepin si è reso conto di aver sbagliato a cedere la guida del Dipartimento degli Interni, dovrebbe cercare di riprenderselo. In questo senso una candidatura di Marty (che sarebbe un perfetto ministro degli Esteri) giocherebbe a favore del Ps in una trattativa con il Plr», conclude Cavalli.
A quel punto, l'attuale responsabile del Dipartimento degli affari esteri Micheline Calmy-Rey potrebbe passare agli Interni al posto di Pascal Couchepin, come pare desideri.

Pubblicato il 

28.08.09

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