Sono nervosi. A ragione

Sono nervosetti i partiti della maggioranza liberal-pipidina che reggono le sorti, invero assai poco magnifiche e per nulla progressive, del canton Ticino. Malgrado tutti gli ostacoli posti sul loro cammino i quattro referendum lanciati contro il Preventivo 2004 del Cantone sono infatti riusciti. Trionfalmente, raccogliendo molte firme anche fuori dal tradizionale bacino elettorale della sinistra. All’orizzonte, il 16 maggio, si profila dunque un voto che potrebbe clamorosamente sconfessare le politiche che negli ultimi nove anni sono state condotte per mettere in ginocchio lo Stato. Sintomatici di questo nervosismo sono il tentativo maldestro del Plr di costituire subito un comitato contrario ai referendum (tentativo boicottato dal Ppd che non ha voluto bruciarsi la possibilità di salire sul carro dei vincitori) e la patetica missiva della ministra delle finanze Marina Masoni ai colleghi di governo con cui li invita a biasimare per violazione della collegialità la consigliera di Stato Patrizia Pesenti, rea di aver definito “magnifici” i referendum. Per tacere delle assurde proposte di risparmio del capogruppo liberale Mauro Dell’Ambrogio. Ma il nervosismo del fronte borghese si spiega anche con la nomina a presidente del Partito socialista di Manuele Bertoli. Il congresso di sabato a Mendrisio ha dato l’immagine di un Ps politicamente in ottima salute, compatto e convinto nell’eleggere un nuovo presidente che, da parte sua, ha dimostrato di avere già le idee molto chiare e i piedi ben piantati per terra per continuare con determinazione e lucidità nel solco della politica seguita da Anna Biscossa che l’ha preceduto. È questa concretezza nel perseguire una linea chiaramente alternativa (per non dire antagonista) a quella della maggioranza e potenzialmente vincente che oggi alla destra fa paura. Ecco perché, soprattutto all’indirizzo dei propri elettori, i presidenti dei partiti borghesi hanno definito Bertoli “troppo di sinistra”: per delegittimarlo a priori e renderlo così improponibile quale rappresentante di un fronte sempre più ampio e che può finalmente cominciare a credere che un’alternativa è ora possibile. In realtà con Bertoli il Ps non sarà un partito né velleitario né estremista. Lo ha lasciato capire lo stesso neopresidente nel suo discorso d’investitura quando s’è richiamato a Guglielmo Canevascini (un nome su cui è d’accordo tutto il Ps ma che è anche rispettato al di fuori), quando ha esortato il partito a concentrare gli sforzi su poche ma importanti battaglie (per vincerle tutte) e quando ha posto le condizioni minime per un dialogo costruttivo con gli altri partiti. Insomma, un po’ come Massimo D’Alema, che lo stesso Bertoli ammira, il nuovo presidente del Ps è certamente di sinistra ma pragmatico, un politico che non insegue vane utopie ma che agisce nel reale per cambiarlo, sapendo di avere i mezzi per poterlo fare. Hanno ragione gli altri ad essere nervosi.

Pubblicato il

06.02.2004 00:30
Gianfranco Helbling
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