Sgravi e tagli, un circolo vizioso da interrompere immediatamente. Ne è convinto il comitato Stop ai tagli, presentando la fattura pagata dalla collettività delle riduzioni d’imposte degli ultimi tre anni. Sono 250 i milioni di franchi mancanti nelle casse cantonali grazie alle tre riduzioni d’imposte entrate in vigore nel 2020. Per dare un’idea della cifra, nel Preventivo 24 il governo aveva proposto tagli per 134 milioni. Conti alla mano, il comitato Stop ai tagli dimostra così quanto sia costata alla comunità la politica di sgravi fiscali. Imperterrita, la maggioranza di destra prosegue invece sulla sua strada. A dicembre, nel pieno della contestazione popolare ai tagli contenuti col Preventivo 24, la maggioranza del Gran Consiglio aveva approvato la proposta governativa di ulteriori sgravi fiscali. Grazie alle oltre 10mila firme raccolte da un’ampia coalizione di sinistra e sindacati, l’elettorato ticinese si esprimerà il 9 giugno sulle quattro riduzioni proposte dalla riforma fiscale. Una quinta misura è subordinata alla garanzia che, qualora il pacchetto della riforma dovesse essere approvato, la deduzione dei costi per i lavoratori dipendenti passerà dagli attuali 2.500 a 3mila franchi. DUE LE MISURE CONTESTATE A esser precisi, il voto riguarderà unicamente due riduzioni fiscali. I contrari infatti contestano solo due delle cinque misure sottoposte a votazione popolare. Quelle ai ricchi. «Noi crediamo che sgravare 12 plurimilionari di quattro milioni di franchi l’anno, soprattutto mentre si chiedono dei sacrifici alla popolazione, sia inaccettabile. Per contro, siamo favorevoli alle altre tre misure del pacchetto della riforma fiscale. Siamo favorevoli perché quella sul prelievo del secondo pilastro potrebbe persino essere a costo zero per le finanze pubbliche, mentre sulle misure concernenti l’imposta di successione e il rialzo delle deduzioni da lavoro, ne condividiamo il principio. Tant’è che tutte e tre potrebbero entrare in vigore immediatamente, anche qualora il No al pacchetto vincesse alle urne. Come gruppo abbiamo già inoltrato iniziative parlamentari per una loro immediata approvazione in Gran Consiglio». Gli elettori sono dunque avvisati. Si possono tranquillamente bocciare gli sgravi ai ricchi senza perdere le riduzioni fiscali su spese da lavoro dipendente, sul prelievo del secondo pilastro o le successioni. “L’alternativa ragionevole”, l’ha definita il comitato Stop ai tagli, composto da partiti di sinistra, ecologisti e sindacati. NESSUN PERICOLO DI FUGA Alla fine dei conti dunque, il 9 giugno gli oggetti in votazione saranno solo due: la riduzione dell’aliquota massima dell’imposta sul reddito (dal 15 al 12%) e la seconda riduzione dell’aliquota sul reddito dell’1,66%. Sgravi per ricchi, sono state definite. A giusta ragione, dato che della prima deduzione ne beneficerebbero 675 persone, lo 0,53% dei contribuenti ticinesi (si veda l’infografica nella pagina a destra). A guadagnarne economicamente sarebbe solo chi eguaglia o supera i 450mila franchi di reddito annuo. Per il 99% dei contribuenti, il nulla. Discorso pressoché simile nel definire “per ricchi” la riduzione dell’aliquota sul reddito. Alla prova dei calcoli, i contrari dimostrano che i contribuenti con un reddito inferiore ai 150mila franchi annui (ossia il 95% del totale dei contribuenti ticinesi), risparmierebbero sulle tasse ben pochi franchi se la misura fosse approvata. La fascia di reddito più alta del gruppo (dai 90 ai 150mila), pagherebbe 350 franchi in meno di tasse. Chi invece rientra nella fascia tra i 70 e 90mila, avrebbe uno sconto di 240 franchi sulle imposte annuali. «Dallo sgravio alle imposte di questa misura, il ceto medio avrebbe un risparmio inferiore al taglio delle prestazioni che ne conseguirebbe» riassume il capogruppo socialista. Detto in soldoni, quei duecento e rotti franchi risparmiati in tasse sarebbero poca cosa rispetto alla probabile riduzione dei sussidi malattia o altre prestazioni a causa del buco nelle casse pubbliche. La maggioranza di destra giustifica le riduzioni ai ricchi per evitare di farli scappare in altri cantoni. «I numeri dicono altro» obietta Durisch. «Il Cantone indica 395 partenze contro 190 arrivi di persone particolarmente facoltose nel periodo 2016-2020. Dati ingannevoli, poiché se le partenze sono registrate immediatamente, gli arrivi invece possono necessitare più anni prima di apparire nelle statistiche ufficiali» spiega il socialista, che ai dati parziali cantonali oppone quelli dell’Amministrazione federale delle contribuzioni (Afc). «Negli ultimi vent’anni, passando da 359 a 2.229 plurimilionari, il Ticino ha registrato la crescita più importante in assoluto di contribuenti facoltosi, distanziando nettamente i cantoni di Zugo e Svitto, indicati quali modelli dai favorevoli agli sgravi ai ricchi». La crescita di arrivi è confermata dai calcoli di area, limitando il periodo d’osservazione a una decina di anni (si veda nostra infografica). NON SOLO FISCALITÀ Il fattore fiscalità, chiarisce Durisch, è solo uno dei motivi per cui un facoltoso sceglie di insediarsi in Ticino. «La posizione geografica, una buona qualità di vita e delle buone infrastrutture e servizi pubblici sono fattori importanti per i quali dei cittadini facoltosi decidono d’installarsi in Ticino. Non ho alcuna difficoltà nel riconoscere quanto sia importante il loro contributo fiscale al benessere cantonale, ma un’equa ridistribuzione della ricchezza è il giusto prezzo da pagare per avere servizi e infrastrutture statali di qualità, di cui anche loro usufruiscono e sicuramente apprezzano». I favorevoli puntano molto sul confronto intercantonale delle imposte agli alti redditi, che vede il Ticino nella fascia medio bassa. Un discorso che non convince Durisch. «Il Ticino ha delle particolarità geografiche, sociali ed economiche che non gli consentono di avere aliquote troppo favorevoli ai facoltosi. I bassi salari, l’impossibilità di appoggiarsi ad altri cantoni per infrastrutture sanitarie, la popolazione più anziana, solo per citarne qualcuno, sono elementi che impediscono un raffronto con altri cantoni limitato alla sola imposizione per facoltosi». Il contesto socio-economico a sud delle Alpi è talmente delicato, sottolinea Durisch, che qualsiasi regalo dato a chi in realtà non ne ha alcun bisogno, avrebbe pesanti ricadute sulla popolazione residente. Anche perché all’orizzonte si staglia la tempesta del Preventivo25, la seconda puntata delle misure di contenimento. E le previsioni danno grado d’allerta quattro. «Ancora non ci sono i dettagli del prossimo preventivo, ma saranno inevitabili dei tagli ai servizi pubblici e al personale. Sono le due voci contabili più sostanziose che restano. I travasi di fondi, dolorosi per istituti per disabili e case anziani, sono già stati effettuati nel Preventivo 24. Ora dovranno andare sulla carne viva: tagli alle prestazioni, ai servizi pubblici e sul personale. Non hanno alternative» spiega Durisch. La votazione del 9 giugno è stata definita cruciale dai contrari. Se gli sgravi ai ricchi non dovessero passare, potrebbe segnare un’inversione di rotta alla politica dell’ultimo trentennio. Non va dimenticato che i molteplici sgravi fiscali succedutisi nel tempo hanno quasi sempre ottenuto il beneplacito in votazione popolare. Altrettanto è stato per l’obbligo del pareggio dei conti pubblici agendo unicamente sulla riduzione delle spese, con l’approvazione del Decreto Morisoli. |