Seguendo una tendenza in atto a livello nazionale recentemente manifestatasi a Lucerna e Zurigo, anche in Ticino la destra avanza: le elezioni di domenica scorsa hanno consolidato quell'alleanza liberal-leghista che già da tempo governa e spadroneggia in questo cantone, ma che nel prossimo quadriennio disporrà pure della maggioranza assoluta in Parlamento. La sinistra tocca invece il suo minimo storico. Se è andata così non ci si deve stupire più di tanto, ma ci si può perlomeno interrogare sulle ragioni del disastro con un minimo di lucidità. Nel Partito socialista (Ps), il grande sconfitto di queste elezioni, sembra invece prevalere la confusione più totale. La tendenza è quella di trovare capri espiatori, di dare spiegazioni semplici e superficiali al naufragio: “sul paese soffia un vento di destra”, “non abbiamo saputo vendere il nostro prodotto”, “la sinistra è troppo divisa”, “il consigliere di Stato ha detto una parola di troppo”, eccetera eccetera. Sembra insomma che il calo di consensi sia un evento quasi ineludibile o dovuto a qualche piccolo errore di comunicazione, a un intervento fuori luogo dell’uno o dell’altro o alla “concorrenza” di partiti-cespuglio a conduzione più o meno famigliare che insieme racimolano l’1,8% dei consensi. In realtà i problemi sono altri e ben più gravi. Il Ps è ormai solo un’organizzazione di brave persone, ma senza identità, appiattita su logiche di potere istituzionale e lontana dal paese reale. Lontana soprattutto dal mondo del lavoro, incapace di dare risposte alle profonde trasformazioni in atto e sempre più sorda ai bisogni delle salariate e dei salariati. Una parte del partito prova addirittura fastidio di fronte a figure che esprimono posizioni radicali, e tende a prendere le distanze dal movimento sindacale e dalle sue iniziative politiche. L’attenzione è interamente rivolta a garantirsi la sopravvivenza istituzionale, a salvare questa o l'altra poltrona, eventualmente con un’azzeccata “campagna acquisti” di candidati acchiappa-voti.
Da questo punto di vista la brillante elezione in Gran Consiglio del liberale-radicale Jaques Ducry (persona rispettabilissima, ma che nulla ha a che fare con il socialismo) è una bella dimostrazione di come l'azione politica del Ps si limiti alla funzione di macchina elettorale. Ma anche questo è un problema antico: già nel 1999 il Ps “affidò” addirittura il seggio in governo alla liberale Patrizia Pesenti. Non ci si deve dunque sorprendere se l’operaio vota Lega o Udc e se interi pezzi della sinistra ticinese (che sì, è minoritaria, ma che sicuramente conta più del 15 per cento) vota in bianco o se ne sta a casa.
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