Se il salario, oltre ad essere misero, non arriva, può succedere che i dipendenti si arrabbino e decidano di incrociare le braccia. È quello che è successo nel mese di giugno al call center della Wsc di Manno. Un bilancio di quell'esperienza, 100 giorni dopo.
Tra il 5 e il 12 giugno scorsi, i dipendenti del call centre Wsc Communications di Manno hanno scioperato: rivendicavano il pagamento di spettanze salariali arretrate (vedi area n.10, del 19 giugno). Già a dicembre, il sindacato Unia era stato interpellato per il mancato versamento di alcuni stipendi. Richiamati all'ordine, i proprietari della ditta avevano versato gli arretrati a gennaio, e continuato a pagare i dipendenti fino a marzo, poi di nuovo più niente. Il sindacato ha allora più volte scritto alla direzione, ponendo come termine per il versamento degli stipendi il 5 giugno. Scaduto questo termine, i dipendenti avrebbero potuto considerarsi liberi dagli obblighi contrattuali di lavoro. Al termine dello sciopero, una quindicina di dipendenti hanno deciso di licenziarsi, tra loro Oswaldo Formato, che racconta la sua esperienza alla Wsc di Manno. «Sono ragioniere di formazione, ma ho fatto vari lavori tra la Svizzera e l'Italia, prima di approdare alla Wsc lo scorso mese di ottobre. Lavoravo nei dintorni di Pescara, ma volevo tornare in Ticino, così mi sono iscritto alla disoccupazione ed è arrivata l'offerta di lavoro al call center», racconta Formato, che ha lavorato solo alcuni mesi in questa ditta, ma è stata una parentesi di vita che gli è costata cara: «qualcuno mi ha detto che in fondo ho perso solamente un paio di stipendi, ma in realtà sento di aver perso molto di più», spiega con una certa amarezza. «Quando sono stato assunto, gli accordi erano che avrei iniziato come operatore, per poi fare una rapida carriera e diventare team leader, il che implicava delle prospettive di salario ben superiori al minimo vitale. Purtroppo non è stato così, il salario era molto basso e non sempre arrivava. Le bollette da pagare si sono accumulate, la situazione è peggiorata sempre più, finché ho dovuto vendere la casa. Trovandomi in una situazione economica difficile, ho chiesto la sospensione momentanea degli assegni per i figli, cosa che i miei figli non hanno capito e mi hanno tolto la parola, giudicandomi un irresponsabile». Da quando Formato è stato assunto alla Wsc, i salari sono sempre arrivati con un certo ritardo «a dicembre avevamo già coinvolto i sindacati per alcuni salari che non erano stati versati. Durante le festività natalizie abbiamo bloccato i lavori, chiedendo alla ditta di versarci gli stipendi mancanti e le quote parte di tredicesima entro il 5 gennaio. Cosa che hanno fatto puntualmente. Gli stipendi di gennaio, febbraio e marzo sono arrivati, ma ad aprile sono ricominciati i problemi e a maggio ci hanno comunicato che non c'erano i soldi per le nostre paghe». Quindi, a giugno, la decisione di entrare in sciopero «all'inizio il consenso era unanime, ma poi le realtà e le difficoltà di ognuno hanno preso il sopravvento e c'è chi si è tirato in dietro. Comunque a gennaio eravamo 80 dipendenti, ora ne sono rimasti 8. Anche se alcuni che si erano licenziati hanno chiesto di essere assunti di nuovo: la situazione generale sul mercato del lavoro è talmente disperata che uno stipendio promesso, anche se arriva solo ogni tanto, è meglio di niente». Infatti, molti di questi lavoratori non hanno maturato il diritto alle indennità di disoccupazione, quindi l'alternativa al misero e saltuario stipendio del call centre sarebbe probabilmente il nulla. Lo stesso Formato ha una richiesta di disoccupazione pendente da 3 mesi (per alcune verifiche), dato che il periodo lavorativo precedente a quello alla Wsc lo aveva svolto in Italia. Per sua fortuna però, da ottobre, ha un nuovo lavoro. Alla fine dello sciopero, la Wsc ha in parte saldato il debito con i suoi lavoratori, versando le quote parte di tredicesima di gennaio e febbraio. Per fine settembre era previsto il versamento degli assegni famigliari, ed entro fine ottobre dovrebbe arrivare la parte finale degli stipendi.
Il sindacato: «un'esperienza positiva»
Secondo Nicola Fontana, sindacalista di Unia, l'esperienza dello sciopero alla Wsc di Manno è stata positiva, anche se «purtroppo, dal momento in cui lo abbiamo reso pubblico, non abbiamo ricevuto nessun messaggio di sostegno o di solidarietà da parte di altri soggetti sindacali e/o politici». Durante i dieci giorni, sono state organizzate delle attività d'informazione/formazione per i dipendenti, anche in vista di un possibile periodo di disoccupazione. Come spiega Fontana «vista la situazione di assoluta incertezza, abbiamo deciso di organizzare dei momenti nei quali spiegare, ad esempio, come redigere un curriculum vitae e una lettera di motivazione, come prepararsi ad un colloquio di lavoro, come funziona l'assicurazione contro la disoccupazione e quali diritti e doveri ha il disoccupato. Questo per dare degli strumenti in più ai lavoratori, nel caso avessero dovuto affrontare un periodo di disoccupazione». |