Soldi all'Avs per salvare gli sgravi

Per ogni franco d’imposte perso dalle casse dello Stato a causa degli sgravi alle imprese, un franco di finanziamento supplementare per l’Avs. Sono i termini del “compromesso” in discussione settimana prossima al Consiglio degli Stati nel quadro dell’esame del cosiddetto Progetto fiscale 17 (PF 17). Approvato all’unanimità, e un po’ a sorpresa, dalla Commissione dell’economia e dei tributi (Cet), esso mira a creare consenso politico attorno alla riforma della fiscalità, prima nel Parlamento e poi (in caso di referendum) nel popolo. Ma all’interno della sinistra e del movimento sindacale si è già creato un fronte di contrari, che giudica «inaccettabile» questo genere di intese: «Con l’Avs non si può mercanteggiare», si afferma.

 

La proposta della commissione (considerata frutto di un accordo tra gli strateghi di Plr, Ppd e Ps che siedono alla Camera dei Cantoni e che secondo il domenicale Sonntagszeitung costituirebbero una sorta di “governo ombra”) corregge il progetto del Consiglio federale, che prevedeva una compensazione degli sgravi attraverso un aumento degli assegni familiari minimi. Una misura «insufficiente, perché ne approfitterebbe soltanto una minoranza della popolazione», osserva il presidente della Cet Pirmin Bischof (Ppd). Di qui la scelta di puntare su un finanziamento supplementare in favore dell’Avs, l’assicurazione sociale per eccellenza tanto cara alle Svizzere e agli Svizzeri, per dare alla PF 17 maggiori chance di ottenere il necessario consenso popolare.


Il meccanismo consiste nel pompare ogni anno nelle casse dell’Avs circa 2,1 miliardi di franchi, cioè l’importo corrispondente alle perdite finanziarie che subirebbero la Confederazione, i Cantoni e i Comuni a causa dei previsti sconti fiscali in favore delle imprese (essenzialmente attraverso una drastica detassazione dei dividendi e un aumento delle deduzioni). Tre sono le fonti di finanziamento previste per questa compensazione: un aumento dello 0,3 per mille dei contributi salariali Avs (0,15 a carico del lavoratore e 0,15 del datore di lavoro) che garantirebbe un introito di 1,2 miliardi di franchi; l’attribuzione al Fondo di compensazione Avs dell’intero percento demografico di Iva (impiegato per finanziare l’Avs già dal 1999 ma che finora le viene attribuito direttamente solo nella misura dell’83 per cento, poiché il restante 17 va alla Confederazione per il finanziamento dell’aumento del contributo federale alla stessa Avs dovuto all’evoluzione demografica), che frutterebbe 520 milioni supplementari; un aumento infine del contributo della Confederazione all’Avs – dal 19,55% al 20,20% delle spese annuali della stessa – per entrate supplementari di altri 300 milioni.


Essendo la fiscalità e il sistema pensionistico materie che non hanno nulla a che fare l’una con l’altra, la Commissione tiene a sottolineare che la contropartita della «compensazione finanziaria» in favore dell’Avs è di natura esclusivamente «politica». Si tratta insomma di un “deal”, di un accordo con cui si cerca di coniugare gli appetiti della destra favorevole a una fiscalità sempre più leggera e attrattiva per le imprese con la sensibilità sociale della sinistra. Sinistra che in questo modo, pur dovendo ingoiare il rospo della riforma fiscale, otterrebbe importanti risorse per dare ossigeno ai conti dell’Avs e così un allentamento delle pressioni e degli attacchi della destra per riforme strutturali drastiche, come per esempio l’aumento dell’età pensionabile. La destra, dal canto suo, dovrebbe mettere da parte per qualche tempo i suoi propositi in questo ambito, ma otterrebbe importanti sconti fiscali per gli azionisti delle società.


Se sul piano parlamentare, il «compromesso» elaborato dalla Cet ha buone possibilità di essere approvato (nonostante alcune perplessità che già affiorano dai ranghi dell’Udc e qualche mugugno in casa socialista), diverso è il discorso nel paese, dove già si sta formando un fronte sindacale e politico contrario. È «inaccettabile», perché l’Avs non può essere «oggetto di mercanteggiamento», si legge in una risoluzione adottata dall’Assemblea dei delegati della Comunità ginevrina d’azione sindacale (Cgas, che riunisce tutti i sindacati del cantone Ginevra) in cui si ricorda che «il finanziamento dell’Avs rappresenta un obbligo costituzionale, che non può dunque essere condizionato in alcun modo né rappresentare una contropartita». Ma la PF 17 risulta «inaccettabile», perché è «con la riduzione del potere d’acquisto che si dovrebbero compensare i regali fiscali alle imprese che realizzano importanti utili». In effetti, spiega la Cgas, «i beneficiari principali degli sgravi non sono quelli chiamati a contribuire al consolidamento finanziario dell’Avs», che avverrebbe invece attraverso un «aumento dei prelievi obbligatori sui salari e sulla massa salariale».


Sulla stessa lunghezza d’onda anche il sindacato Unia Ticino, che in un comunicato condanna la «logica del baratto» già adottata a livello cantonale per imporre la riforma fiscale approvata in votazione (con un risicato 50,1% di sì) lo scorso 29 aprile. «Una logica perversa e antidemocratica a cui Unia continuerà ad opporsi fermamente», si legge nella presa di posizione contro il PF 17. «Le lavoratrici e i lavoratori uscirebbero infatti perdenti su tutta la linea se questo “compromesso” dovesse imporsi alle Camere federali. Innanzitutto perché la sottrazione allo Stato di risorse finanziarie si traduce sempre in tagli alla spesa pubblica, cioè nella decurtazione di prestazioni sociali e in un indebolimento del servizio pubblico. E a farne le spese sono evidentemente i salariati e le fasce più deboli della popolazione. D’altro canto, analizzando le singole «misure di compensazione, risulta evidente che a finanziarle quasi interamente sarebbero ancora una volta le lavoratrici e i lavoratori: attraverso un aumento dei contributi salariali, attraverso l’Iva e attraverso la fiscalità generale», scrive Unia Ticino.


Al di là dei rapporti di forza parlamentari piuttosto favorevoli, la strada del PF 17 appare dunque piuttosto in salita già sin d’ora, ancora prima dell’inizio dell’esame da parte delle Camere. Un esame che in ogni caso si preannuncia però piuttosto rapido: il calendario prevede un’approvazione già entro settembre. Il PF 17, che sostituisce la Riforma delle imprese III bocciata dal popolo nel febbraio 2017, oltre a voler creare le condizioni «perché la Svizzera resti una piazza economica attrattiva» grazie ai contestati sgravi alle aziende, ha infatti come obiettivo anche quello di ottemperare ad un obbligo internazionale: quello di abrogare i cosiddetti statuti speciali che consentono ai Cantoni di negoziare condizioni fiscali molto favorevoli per attirare aziende sul proprio territorio e che non sono più accettati dall’Unione europea e dall’Ocse.

Pubblicato il

30.05.2018 11:31
Claudio Carrer

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