Moritz Leuenberger capo del Dipartimento federale dei trasporti; Benedikt Weibel per molti anni direttore delle Ffs; Daniel Nordmann fino a pochi mesi fa direttore di Ffs Cargo. Tutti e tre in qualche modo hanno a che fare con la delicata situazione venutasi a creare a Bellinzona. E tutti e tre sono socialisti. Tanto che molti indicano il Partito socialista svizzero (Pss) come il principale responsabile politico del disastro di Ffs Cargo. Come si pone il Pss di fronte a queste critiche? Lo abbiamo chiesto a Christian Levrat, neoeletto presidente dei socialisti svizzeri.
Christian Levrat, quale è la posizione del Pss in merito alla vertenza sulle Officine di Bellinzona? Siamo totalmente solidali con i salariati. Essi non devono pagare né gli errori di management di una direzione incompetente, né le politiche di liberalizzazione suicida volute nel settore cargo dalla destra politica. E sono molto preoccupato: al conflitto sociale si sovrappone una questione regionale, direi identitaria. Le tensioni latenti fra il Ticino e la Berna federale sono esacerbate dall'atteggiamento arrogante delle Ffs. Temo per la coesione nazionale. Non vorrebbe un intervento più deciso da parte di Moritz Leuenberger, come chiesto anche dal presidente del Ps ticinese Manuele Bertoli? Sì, chiaramente. Un primo passo nella giusta direzione è stato fatto con la nomina di un mediatore. Tutti a Berna devono capire che non si tratta di un semplice conflitto sindacale, ma di una mobilitazione eccezionale di una regione importante che non si sente rispettata. Come romando, appartenente dunque ad una minoranza, capisco questo sentimento. E mi aspetto dal Consiglio federale un intervento deciso a favore della coesione del paese. Leuenberger è attaccato da tutti i fronti, anche da molti socialisti, per la sua politica liberista alla testa del Dipartimento. In queste condizioni il Pss come può essere credibile nella difesa del servizio pubblico? Come sindacalista ho combattuto abbastanza le politiche di liberalizzazione volute dagli ambienti economici per poter distinguere le responsabilità. La liberalizzazione dei servizi pubblici è un attacco della destra liberale contro le pari opportunità, sia sul piano sociale che su quello regionale. Che un ministro socialista in un governo collegiale sia costretto ad applicare queste politiche è doloroso, ma fa parte del gioco. La vera domanda per me è: vale la pena di partecipare ad un governo nel quale a volte siamo in minoranza? Il Pss ha sempre risposto di sì, anche se a volte, è vero, l'ha fatto a denti stretti. Che interesse ha il Pss a proporre dei membri del partito (Benedikt Weibel, Daniel Nordmann, Ulrich Gygi) per dirigere delle imprese della Confederazione, se queste persone una volta insediate attuano una politica rigorosamente liberista? Nessuno di loro è stato formalmente presentato dal Pss. Sono stati eletti dai Consigli d'amministrazione delle Ffs e della Posta, composti in maggioranza da rappresentanti borghesi. Hanno effettivamente preso la direzione delle rispettive imprese quando queste erano confrontate con la liberalizzazione dei mercati, e hanno condotto impugnando l'accetta delle ristrutturazioni molto dolorose per il personale. È innegabile. Come è innegabile che il Pss negli ultimi anni è sempre stato dalla parte dei salariati e degli utenti. Da presidente del Sindacato della comunicazione lei ha lottato senza tregua contro i piani di ristrutturazione della Posta voluti da Ulrich Gygi. Come socialista penso che avrebbe preferito avere di fronte a sé un avversario di un altro partito… Sì. Una parte importante della nostra base non capisce che dei membri del partito pilotino simili riforme. Ma in base alla mia esperienza confesso che i manager più brutali che ho mai incontrato erano tutto tranne che socialisti. E non è proibito chiedersi se salariati e utenti sarebbero stati trattati meglio da un ultraliberale formato a San Gallo. Se dei manager arrivano alla testa delle imprese della Confederazione o se delle personalità politiche entrano in Consiglio federale grazie al Pss, non dovrebbero impegnarsi a non violare certi principi fondamentali del Pss, fra cui ad esempio la difesa del servizio pubblico? C'è un nocciolo di valori fondamentali (ad esempio la giustizia sociale, il rispetto dell'ambiente, l'apertura al mondo) che tutti nel partito devono impegnarsi a rispettare. Ma trattandosi della messa in opera di questi valori ho due osservazioni: innanzitutto, come partito politico, non dobbiamo praticare un controllo delle coscienze, un dibattito libero e aperto fra di noi dev'essere possibile, anche e soprattutto se non abbiamo tutti la stessa opinione. Inoltre, il ruolo di un consigliere federale non è identico a quello del partito. Dobbiamo riconoscerlo e prenderci la libertà, se necessario, di farlo sapere chiaramente: le nostre posizioni devono rimanere comprensibili a tutti. |