Solo chi guadagna più di 16.000 franchi al mese è a maggioranza favorevole alla riforma della previdenza professionale LPP 21 in votazione il 22 settembre prossimo. In tutte le altre classi sociali (o di reddito) prevale il no. Il dato lo si ricava dal sondaggio 20 Minuten/Tamedia pubblicato oggi, secondo cui la percentuale complessiva di contrari si attesta al 59% contro il 37% di favorevoli. Un’indicazione abbastanza chiara che si sta andando verso una bocciatura della LPP 21, come confermano anche i dati di un sondaggio realizzato dalla SSR, che prevede un risultato più tirato (51% di contrari) ma che fotografa una crescita degli oppositori in tutti i partiti. Una situazione «che lascia ben sperare, ma non abbiamo ancora vinto. Dobbiamo mobilitarci fino all’ultimo», mette però in guardia la presidente di Unia Vania Alleva. La tendenza che emerge dai sondaggi odierni, che fotografano le intenzioni di voto tra fine agosto e inizio settembre, conferma e consolida la situazione rilevata un mese fa, quando però risultava una percentuale maggiore di indecisi (32% contro il 16% attuale). Un’evoluzione che secondo i sondaggisti indica una “netta tendenza verso il no”, anche alla luce di alcuni interessanti dati sociodemografici. A partire da quelli relativi alle classi di reddito, ben analizzati dall’indagine di 20 Minuten/Tamedia: la percentuale di no si situa al di sopra del 60% tra quelli che guadagnano fino a 10.000 franchi e persino tra chi arriva a 13.000 i contrari sono superiori al 50 per cento. Una maggioranza di favorevoli la si riscontra solo tra i più benestanti, con salari superiori a 16.000 franchi al mese. Un dato che spiega anche il fatto che la LPP 21 non è avversata solo dal fronte sindacale e dalla base dei partiti di sinistra e progressisti che avevano promosso il referendum, ma anche dalla maggioranza degli elettori dell’UDC e del Centro (tra quelli di PLR e Verdi liberali prevalgono invece i favorevoli). Interessante è anche guardare le intenzioni di voto a seconda della classe d’età: la riforma viene accolta a maggioranza solo tra le persone con meno di 34 anni e l’opposizione cresce soprattutto tra le elettrici e gli elettori della fascia 50-64 anni (i più prossimi alla pensione), che respingono la LPP nella misura di due terzi. Infine, ma non da ultimo, balza all’occhio che la LPP 21 sembra destinata a naufragare in tutte e tre le regioni linguistiche, Svizzera tedesca compresa. Per una valutazione di questi dati abbiamo interpellato la presidente di Unia e vicepresidente dell’Unione sindacale svizzera (USS) Vania Alleva. Vania Alleva, entrambi i sondaggi pubblicati oggi indicano un consolidamento del fronte dei contrari (che non è la regola nei casi di referendum) e una chiara tendenza alla bocciatura della LPP 21. Quali sono i fattori che spiegano questo trend? I sondaggi sono incoraggianti, ma non abbiamo ancora vinto. Dobbiamo lottare a denti stretti per ogni voto fino al 22 settembre. Detto questo, credo che nella popolazione vi sia la consapevolezza che le rendite del secondo pilastro sono in caduta libera da 10 anni, che le casse pensioni hanno delle riserve come non hanno mai avuto e che dunque non c’è alcuna necessità di abbassare il tasso di conversione che porterebbe a ulteriori riduzioni delle rendite. Le polemiche a seguito della scoperta di errori di calcolo (prima sulle prospettive finanziarie dell’AVS e poi sull’impatto della LPP 21) da parte dell’UFAS possono aver influito? Sicuramente. Il Consiglio federale non è stato in grado di fornire cifre sulle conseguenze concrete della riforma, ma si è limitato a suggerire agli assicurati di chiedere alla propria cassa pensioni. E molti di quelli che hanno fatto questo passo non sono riusciti a ottenere risposte poiché gli istituti di previdenza dicono di non avere i parametri per fare i calcoli corretti. Il che dà un quadro di una situazione poco seria, alimentando così lo scetticismo. Perché la campagna milionaria dei favorevoli sembra non fare presa? Noi siamo con la gente, parliamo con la gente e conosciamo le sue preoccupazioni e le reali necessità di riforma del secondo pilastro. Una riforma che vada nella direzione di aumentare le rendite e non di diminuirle come succederebbe con la LPP 21. Non dobbiamo però sottovalutare la campagna dei favorevoli, perché non è vero che non fa presa. Dobbiamo mobilitarci fino all’ultimo minuto per far sì che tutti coloro che si esprimono nei sondaggi vadano poi effettivamente a votare. Ogni voto conta. Contrariamente ad altre occasioni in cui si votava su oggetti relativi alla previdenza per la vecchiaia, non si notano spaccature tra le regioni linguistiche. Perché secondo te? Normalmente nella Svizzera tedesca è più difficile far passare le nostre posizioni su questa materia, ma in questo caso, anche se, sottolineo, la partita non è ancora vinta, ho l’impressione che la problematica sia sentita in tutte le regioni del paese, perché tutti quanti soffrono del fatto che le rendite siano in discesa. Lo slogan scelto per combattere la LPP 21 “pagare di più per ricevere di meno” sembra aver fatto presa sull’opinione pubblica. Come stai vivendo questa campagna? Lo slogan della campagna riassume in modo molto efficace l’essenza di questa riforma, che prevede un abbassamento delle rendite e che costerebbe tantissimo alle persone con salari bassi, alle donne in particolare. Credo però che sia anche importante lo sforzo che stiamo facendo, attraverso riunioni, assemblee e conferenze per spiegare alla gente una materia complessa come la previdenza professionale. I fautori della LPP 21 sostengono che la riforma andrebbe a favore delle persone a basso reddito e impiegate a tempo parziale, delle donne in particolare. Se la riforma venisse bocciata, i problemi pensionistici vissuti da questi soggetti non sarebbero risolti. Cosa andrebbe fatto? Una necessità di riforma certamente esiste. Andrebbe innanzitutto previsto un adeguamento delle rendite al rincaro, andrebbe riconosciuto il lavoro non retribuito (svolto in particolare dalle donne) e trovato un sistema di finanziamento solidale per assicurare anche le persone con salari bassi. |