Dopo Charlie Hebdo/2

La Francia si riprende poco per volta dal trauma degli attacchi terroristici e dei 17 morti del 7-9 gennaio. Il governo ha delineato le prime risposte per difendersi da quella che il primo ministro, Manuel Valls, ha chiamato “guerra”. Una battaglia che ha promesso di voler combattere su due fronti: quello, più immediato, della sicurezza, viste le “falle” che sono venute alle luce nei servizi di intelligence, e quello, ben più impegnativo e di lungo termine, per uscire dalla situazione che Valls non ha esitato a definire di “apartheid” in cui si è rinchiuso il paese, con la crescita di ghetti sociali e scolastici.

 

Di fronte all’imponente mobilitazione della “marcia repubblicana”, il presidente Hollande ha promesso di rispettare lo “spirito dell’11 gennaio”, cioè di non precipitarsi in una soluzione all’americana, imponendo un Patriot Act alla francese, ma di agire all’interno del rispetto dello stato di diritto. L’11 gennaio, milioni di persone sono scese in piazza, da Parigi alle città minori, per difendere la libertà di espressione, senza slogan di odio e di divisione. L’estrema destra si è trovata spiazzata. Ma questo clima di unità poco per volta si sta sfaldando: in politica, dove la destra preme per una svolta repressiva nei tribunali, che hanno la mano pesante nelle condanne per “apologia di terrorismo” e anche nella società, dove una parte della popolazione ­­­– quella di origine immigrata più recente, i più giovani, di religione musulmana – viene interrogata con sempre maggiore insistenza: perché non eravate presenti in massa alle marce dell’11 gennaio? Torna in primo piano l’antisemitismo che si diffonde nei quartieri popolari. L’unità nazionale si rivela soprattutto l’unione di una ampia classe media, inserita socialmente (al di là delle differenze culturali, molte persone originarie del Maghreb appartengono a questa fascia sociale), mentre la discriminazione economico-sociale emerge in tutta la sua violenza.


Per il governo la strada è molto stretta. Per la sicurezza, Valls ha scelto per il momento una soluzione “tecnica”, con alcune misure concrete e una razionalizzazione di altre che erano già sul tavolo. Il governo mette 736 milioni di euro (su tre anni), di cui 246 già nel 2015, con quasi 2700 assunzioni, tra ministero degli interni, della giustizia, delle finanze e della difesa (dove vengono per di più annullate le 7600 soppressioni di posti di lavoro previste). Nelle carceri, centri di radicalizzazione per numerosi criminali comuni, verranno assegnati una sessantina di cappellani musulmani in più e verranno istituiti quattro quartieri di isolamento per i detenuti estremisti, sul modello dell’esperimento in corso nella prigione di Fresnes. La delicata questione di rendere più facili le intercettazioni da parte dei servizi di intelligence – con l’ipotesi di azioni amministrative, al di fuori del controllo dei giudici – è rimandata a una prossima legge, che sarà discussa ad aprile. Valls ha rivelato che in Francia ci sono tra le 2500 e le 3000 persone che dovrebbero essere messe sotto sorveglianza e 1200 francesi sono andati a combattere o combattono ancora in Siria e in Iraq, molti sono tornati. I fratelli Kouachi, responsabili del massacro a Charlie Hebdo, hanno avuto contatti con lo Yemen, Amedy Coulibaly, che ha assassinato una poliziotta e 4 persone all’HyperCacher, aveva contatti in Belgio, con militanti jihadisti, così come Merah o Nemmouche, autori delle precedenti stragi, a Montauban e alla scuola ebraica di Tolosa nel 2012 il primo, al museo ebraico di Bruxelles nel 2014 il secondo.


La Francia preme anche sull’Europa. Dopo una riunione dei ministri degli interni della Ue il 28 gennaio, ci sarà un vertice sul terrorismo il 12 febbraio. Parigi applicherà unilateralmente il Pnr (Passenger Name Record), cioè la schedatura dei passeggeri aerei, misura bloccata dal 2011 al parlamento europeo, il quale chiede maggiori garanzie di rispetto della privacy. Inoltre, ci saranno modifiche dei testi di applicazione della convenzione di Schengen, per accrescere i controlli alle frontiere esterne, rendendoli sistematici. È auspicata una maggiore collaborazione con i paesi arabi. E anche un maggiore scambio tra intelligence dei vari paesi della Ue: ma qui la strada è ancora lunga, ogni paese è reticente a condividere informazioni sensibili. C’è una riflessione su maggiori controlli di Internet.
L’intervento sulle discriminazioni sociali può restare una pia illusione. Le prime promesse riguardano la scuola. Di fronte agli “incidenti” del rifiuto di rispettare il minuto di silenzio per il massacro di Charlie Hebdo, la ministra dell’Educazione nazionale, Najat Vallaud-Belkacem, propone corsi di “educazione civica”, per combattere l’ideologia del “due pesi due misure” che si diffonde a macchia d’olio (libertà di espressione per le caricature, ma repressione per l’apologia di terrorismo) e per educare alla cittadinanza. Il cantiere è immenso: la scuola non risponde più alle esigenze di “eguaglianza”, un giovane dei quartieri popolari arriva alle medie con 500 parole nel suo vocabolario, mentre i suoi coetanei più abbienti ne utilizzano 1200. La “laicità” è fraintesa in una popolazione che pensa di trovare un’identità, che le viene negata dalla società, in una religione mal interpretata. Formazione degli insegnanti, delle assunzioni, potranno colmare l’immenso fossato che si è costruito negli anni? Sono passati dieci anni dalle rivolte nelle banlieues. Ma nulla è cambiato. Anzi. La mixité, la mescolanza sociale, indietreggia. La disoccupazione aumenta a geometria variabile e chiude le prospettive di vita alla Francia più popolare (45% di giovani disoccupati nelle zone urbane considerate sensibili). Molti comuni – soprattutto i più ricchi - rifiutano di applicare le legge sulla presenza di case popolari, favorendo la formazione di ghetti.

 

Auto-ghettizzazione da un lato, rifiuto dall’altro, con l’accusa della costruzione di una “nazione nella nazione” (vecchia accusa fatta agli immigrati): la separazione cresce, la violenza anche (sono stati recensiti 128 atti antimusulmani dopo gli attentati).

Pubblicato il 

29.01.15
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