Sì di Unia all'estensione a Est

Unia non sosterrà il referendum contro l'estensione della libera circolazione delle persone ai nuovi Stati dell'Unione europea (Ue). Ma esige una rigorosa lotta al dumping salariale e per questo organizzerà una giornata d'azione il prossimo 1. Febbraio. L'esito è chiaro: sabato scorso a Berna con 97 voti contro 5 e 9 astensioni la prima assemblea dei delegati del nuovo sindacato Unia si è espressa a favore dell'accordo bilaterale sulla libera circolazione delle persone e per le relative misure d'accompagnamento a difesa delle condizioni di lavoro in Svizzera. La destra politica da un lato e il Movimento per il socialismo (Mps) dall'altro vogliono far cadere l'intero pacchetto con un referendum. Non hanno avuto successo i tentativi dei delegati ticinesi e vodesi di convincere Unia a sostenere il referendum lanciato da sinistra. Un esito così chiaro non era scontato, alla luce delle amare esperienze di dumping salariale e sociale che negli ultimi mesi hanno dovuto fare i lavoratori dell'edilizia, del commercio e della gastronomia. La paura che le condizioni di lavoro peggiorino per tutti in seguito all'allargamento a Est dell'Ue appaiono giustificate. Tanto più che le autorità cantonali spesso non adempiono ai loro nuovi obblighi di controllo del mercato del lavoro e che molte associazioni padronali di categoria hanno approfittato della sensibile pressione sui lavoratori per disdire i rispettivi Contratti collettivi di lavoro (Ccl). Per questo già al congresso di fondazione di Unia dopo un acceso dibattito si era deciso che le misure d'accompagnamento dovevano essere rafforzate per impedire un ulteriore imbarbarimento del mercato del lavoro, altrimenti Unia avrebbe lanciato il referendum contro l'estensione della libera circolazione delle persone ai nuovi paesi membri dell'Ue. Quella del congresso non era stata una decisione facile. L'uguaglianza di tutti i lavoratori indipendentemente dalla loro provenienza è un principio fondamentale della politica sindacale. Se un referendum avesse successo metterebbe in pericolo l'intero sistema di accordi bilaterali con l'Ue, con pesanti conseguenze per l'economia svizzera. Inoltre il miglioramento delle condizioni di lavoro delle molte migliaia di lavoratori provenienti dai vecchi stati dell'Ue sarebbe ancora soltanto un ricordo. E probabilmente in caso di lancio di un referendum il nuovo sindacato si sarebbe ritrovato sulla stessa barca della destra xenofoba. D'altro lato la posta in gioco è alta: la continua erosione dei salari, i tempi di lavoro che tendono ad allungarsi, le numerose conquiste di politica sociale ottenute dai sindacati, le paure e la rabbia dei soci. Ma le minacce del congresso hanno avuto effetto, sostenute due settimane dopo il congresso dalla manifestazione di Unia a Berna in cui 15 mila sindacalizzati hanno dimostrato quanto fossero serie. L'hanno capito la politica e l'economia, che hanno visto in grave pericolo la loro strategia di avvicinamento all'Europa se un referendum fosse stato sostenuto sia da destra che dai sindacati. Il parlamento ha dunque deciso di unire in un solo pacchetto l'estensione della libera circolazione delle persone e le misure d'accompagnamento, per non offrire la possibilità di accettare un oggetto e respingere l'altro. Ci saranno più controllori, un sistema di annuncio migliore per i lavoratori distaccati, e sarà più semplice dichiarare di obbligatorietà generale i Ccl. Anche le agenzie interinali nei settori coperti da Ccl dovranno versare contributi nei fondi di formazione continua o per il pensionamento anticipato. Così ha riassunto il copresidente di Unia Renzo Ambrosetti le nuove norme: questo pacchetto è una base minima, ma nell'odierno quadro politico è il massimo. Il presidente dell'Unione sindacale svizzera (Uss) Paul Rechsteiner ha detto sabato all'assemblea dei delegati di Unia che ora è in gioco la credibilità dei sindacati, visti i sostanziali miglioramenti a livello legislativo. Unia ha fatto dipendere il suo accordo all'estensione della libera circolazione da un miglioramento delle misure d'accompagnamento. Ora deve mantenere la sua parola, ha osservato Rechsteiner. Pure Saverio Lurati, che all'assemblea dei delegati ha sostenuto la causa del referendum come rappresentante della posizione minoritaria nel comitato centrale di Unia, ha ammesso che nella procedura parlamentare non si sarebbe potuto ottenere di più. Ma per Lurati il risultato non è sufficiente, perché ci sono sempre troppo pochi controllori e troppo pochi lavoratori sono soggetti ad un Ccl con salari minimi: in questo modo le misure d'accompagnamento non hanno alcun effetto e il dumping salariale non può essere impedito. Completamente respinto è stato l'argomento della minoranza secondo cui dopo un no popolare alla libera circolazione e alle misure d'accompagnamento si potrebbe elaborare un nuovo pacchetto che preveda una migliore difesa dei salariati. Per la maggioranza, sarebbe impossibile contro una destra già contraria alle misure d'accompagnamento oggi in discussione e che uscirebbe ulteriormente rafforzata da una vittoria popolare. Secondo la maggioranza dell'assemblea dei delegati di Unia poi la posizione di chi è a favore del referendum dimostrerebbe una chiara mancanza di fiducia nella capacità dei sindacati di far imporre il rispetto delle misure d'accompagnamento. Come ha rilevato un delegato, è proprio compito di Unia mantenere alta la pressione sugli organi cantonali di controllo e sui datori di lavoro e utilizzare gli strumenti che la legge mette a disposizione: se mancano controllori ufficiali, i controlli già oggi possono farli 200 funzionari sindacali. Proprio perché nemmeno la migliore delle leggi può sostituire il lavoro sindacale, i delegati di Unia hanno infine deciso di organizzare per il 1. febbraio una giornata d'azione contro il dumping sociale e per una miglior regolamentazione delle condizioni di lavoro sul mercato svizzero. È questo il primo contributo di Unia nel confronto con isolazionisti e xenofobi.

Pubblicato il

21.01.2005 01:30
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