“Sì alla libera circolazione, ma...”

Sono stati tre giorni intensi, quelli che il sindacato Unia ha vissuto con il Congresso di Lugano da giovedì a sabato scorsi. Tre giorni di discussioni serrate, dove c'è stato anche qualche momento di relativa tensione (la contestazione a Pascal Couchepin, l'elezione del Comitato direttore), dove si è dibattuto a viso aperto, ma dove in definitiva sono mancate le sorprese, a dimostrazione che, pur se non sempre in perfetta sintonia, base e vertice del sindacato seguono comunque una chiara linea comune. Numerosi gli ospiti, dalla sindacalista sudafricana Crecentia Mofokeng al presidente dell'Unione sindacale svizzera Paul Rechsteiner, fino al toccante racconto di due giovani sans papiers che vivono in Svizzera e sono costretti dal loro assurdo statuto giuridico a non potersi immaginare un futuro. Oltre che dalle nomine (cfr. articolo sotto), la tre giorni congressuale è stata dominata dalla discussione e dall'approvazione di diversi documenti di posizione che definiscono le linee guida dell'azione di Unia per i prossimi quattro anni. In particolare il Congresso ha approvato il rapporto d'attività, le linee guida e la strategia e i documenti di posizione sui contratti collettivi (cfr. articolo a destra), sulla politica d'integrazione, sui fiduciari e sulla parità. La discussione sulla conversione ecologica è invece stata rimandata all'Assemblea dei delegati. Ma uno dei dibattiti più attesi del Congresso di Unia era senz'altro quello sulla libera circolazione, anche in vista della votazione sull'allargamento degli Accordi bilaterali a Romania e Bulgaria.

Quattro anni fa, al Congresso costitutivo di Unia, il tema della libera circolazione delle persone aveva scaldato gli animi, proponendo una discussione molto accesa sfociata in una votazione dal risultato tuttavia piuttosto chiaro. A scontrarsi quella volta furono da un lato i delegati ticinesi, favorevoli al referendum contro gli accordi bilaterali con l'Unione europea (Ue), dall'altra in particolare i rappresentanti del mondo dell'immigrazione. Questa volta che sul tappeto c'è l'allargamento a Romania e Bulgaria dei bilaterali (la votazione popolare è in agenda per l'8 febbraio 2009) la discussione sul documento di posizione sulla libera circolazione delle persone è stata decisamente più tranquilla e il risultato ancora più netto. Le voci critiche sono giunte ancora una volta dal Ticino. La parola d'ordine di Unia sulla votazione sarà presa dall'Assemblea dei delegati del 13 dicembre.
A perorare la causa dell'ulteriore estensione dei bilaterali per conto della direzione del sindacato è stato André Daguet. Egli ha ricordato che il sistema dei bilaterali affiancati dalle misure d'accompagnamento ha permesso di rafforzare i Contratti collettivi di lavoro (Ccl) e di fare nuove, importanti conquiste sociali. Ha tuttavia riconosciuto che i controlli e le sanzioni per chi non rispetta le regole sono ancora insufficienti. E se da un lato l'Ue fa pressione perché siano allentate le misure d'accompagnamento, d'altro canto Daguet ha definito «uno scandalo» l'intenzione del Consiglio federale di non più esigere nei concorsi pubblici il rispetto delle condizioni salariali del luogo di esecuzione del lavoro: «questo sarebbe un sabotaggio da parte del governo delle misure d'accompagnamento», ha tuonato Daguet. La posizione di Unia è dunque quella del "sì, ma": d'accordo, ma a condizione che vengano colmate le lacune nel dispositivo di protezione contro il dumping salariale e sociale. Per farla valere «dovremo aumentare la pressione sulle autorità cantonali e federali e sui datori di lavoro», ha osservato Daguet.
La posizione più critica è stata sostenuta dai delegati ticinesi Giuseppe Sergi e Matteo Pronzini. Sergi ha rilevato che, stando al documento di posizione sulla libera circolazione, i posti di lavoro con gli Accordi bilaterali sarebbero diventati più sicuri, sarebbero aumentati i controlli sul mercato del lavoro e il sistema dei Ccl sarebbe stato rafforzato, diffondendo ulteriormente i salari minimi: «io però ho l'impressione di vivere in un paese diverso da quello che viene descritto in questo documento», ha chiosato Sergi. «Il problema», ha aggiunto, «è che il 13 dicembre l'Assemblea dei delegati voterà "sì", non "sì, ma" o "no". Si ammette che le misure d'accompagnamento si sono rivelate insufficienti, ma si ripete per la terza volta il solito esercizio. Con l'aggravante», ha concluso Sergi «che si è dovuto sperare che il referendum di Bignasca e della destra nazionalista riuscisse per poter fare un po' di pressione in vista della votazione». Per Pronzini invece «gli Accordi bilaterali sono un elemento centrale dei processi di liberalizzazione e di precarizzazione del mercato del lavoro, e settori sempre più ampi di lavoratori se ne stanno accorgendo. Ma alle preoccupazioni di questi salariati non siamo capaci di dare una risposta. In questo modo», ha osservato Pronzini, «ci allontaniamo da essi, e loro finiscono per andare destra».
Di senso opposto è stato l'intervento, fra gli altri, di Guglielmo Bozzolini: «i controlli e le chiusure delle frontiere sono falliti. Essi semmai producono clandestinità. Per questo la libera circolazione della manodopera è una conquista storica del movimento operaio». Bozzolini ha riconosciuto che ci sono dei problemi, ma ha anche osservato che le misure d'accompagnamento hanno comunque permesso di fare alcune importanti conquiste sociali: «dobbiamo assolutamente votare sì, rafforzando nel contempo le misure d'accompagnamento. Altrimenti sosteniamo lo spostamento a destra della popolazione». L'ex copresidente di Unia Vasco Pedrina dal canto suo ha sottolineato che «in Svizzera abbiamo il miglior sistema di tutta Europa contro il dumping salariale. Ma viviamo in un sistema capitalista, dobbiamo essere realisti. Una chiusura delle frontiere oggi porterebbe al collasso il nostro sistema produttivo, farebbe aumentare di molto il numero dei sans papiers e metterebbe in difficoltà in particolare quei settori che vivono di esportazione. Oggi il nostro compito», ha aggiunto Pedrina, «è di fare in modo che migliorino le condizioni di lavoro per i sindacati sul terreno e che si rafforzino i rapporti di collaborazione fra i sindacati europei».
Per il copresidente Renzo Ambrosetti è semplice generalizzare e dire che le misure d'accompagnamento non servono a niente: «certo, devono essere continuamente migliorate, e lo abbiamo fatto. Ma sta a noi fare in modo che ciò che abbiamo conquistato sulla carta sia poi anche effettivamente applicato. Capisco lo scetticismo dei ticinesi, ma i ticinesi sanno anche cosa si è fatto: ad esempio abbiamo aumentato i salari nell'industria orologiera di 400 franchi al mese». E a questa posizione si è ricollegato Daguet in risposta alle critiche: «possiamo essere fieri di aver messo in opera un sistema di misure d'accompagnamento che funziona, anche se non è eccellente. Ma dovremmo una volta porci la domanda contraria: se non ci fossero le misure d'accompagnamento avremmo forse dei salari migliori per tutti?». Alla fine la posizione della direzione favorevole all'ulteriore allargamento della libera circolazione delle persone "ma non a tutti i costi" è stata approvata da una larghissima maggioranza dei delegati. Meno di una decina i contrari.
Durante l'articolata discussione di dettaglio i delegati hanno tra l'altro accolto una proposta della regione Vaud che chiede che l'ulteriore sostegno di Unia agli accordi bilaterali venga fatto dipendere da un impegno ad eliminare dal Codice delle obbligazioni la nozione di "dumping salariale abusivo e ripetuto", «uno dei più grandi scandali del nostro paese» come lo ha definito Aldo Ferrari.

Pubblicato il

17.10.2008 02:00
Gianfranco Helbling