Il 2001 è stato un anno ricco di contraddizioni. Anche nella politica sociale e sindacale. Agli alti stipendi dei manager si sono contrapposti i successi non da poco in campo salariale (la campagna per i minimi non inferiori ai tremila franchi ha cominciato a dare i suoi frutti); gli aumenti generalizzati dei salari reali si sono scontrati con il blocco delle trattative nell’edilizia e nelle ferrovie; all’ottimismo che regnava per la ripresa economica sono subentrati i timori per le ripercussioni negative degli avvenimenti dell’11 settembre. Ma ora, il 2002 che è appena iniziato deve dare delle risposte forti al difficile anno trascorso. I temi in sospeso sono tanti e di notevole importanza. Da un punto di vista generale, il peggioramento dell’economia negli ultimi mesi farà sì che la priorità vada posta sicuramente al mantenimento dell’occupazione ed alla protezione dei lavoratori davanti alla nuova minaccia di aumento della disoccupazione. Per la politica economica ciò significa in primo luogo – come ha dichiarato il presidente dell’Unione sindacale svizzera (Uss), Paul Rechsteiner – che «la Banca nazionale dovrà nuovamente condurre una politica monetaria che serva davvero agli interessi dell’economia nazionale e quindi dell’impiego». Questo deciso richiamo (vedi anche pagina 2), già fin dai primi giorni del nuovo anno, alla condotta delle autorità monetarie svizzere, non deve meravigliare. L’Uss ritiene infatti che la causa principale delle difficoltà incontrate dall’economia svizzera tra il 1991 e il 1996 sia da attribuire alla politica eccessivamente restrittiva condotta in quegli anni dalla Banca nazionale. La centrale sindacale intende dimostrare la fondatezza di questo giudizio con un’analisi che verrà pubblicata a fine gennaio. Nell’anticipare qualcosa del contenuto di tale documento, l’economista e segretario centrale dell’Uss, Serge Gaillard, ha affermato che «la Banca nazionale deve orientare la sua politica sull’indebolimento del franco rispetto all’euro, in modo molto più netto di quanto non abbia fatto finora». Disoccupazione, tagli inaccettabili Il secondo aspetto importante di cui la politica economica dovrà occuparsi, è l’insostenibilità dei tagli apportati alle prestazioni dell’assicurazione contro la disoccupazione, decisi sotto l’influsso di premesse congiunturali favorevoli. Questo tema introduce la necessità di proseguire l’ampio dibattito sulle assicurazioni sociali e sulla lotta allo smantellamento dello stato sociale, che vanno di pari passo con la questione fiscale. Nell’11.ma revisione dell’Avs è stato possibile parare il colpo sulle rendite vedovili, ma una soluzione accettabile circa il pensionamento anticipato è ancora lontana. Sul «2. Pilastro» occorre far passare nel plenum delle due Camere del parlamento il compromesso già trovato nella sottocommissione, poiché la lobby delle casse pensioni combatte i miglioramenti nella protezione assicurativa dei piccoli e medi redditi. Come occorre pure impedire che le rendite vengano ridotte per compensare i minori rendimenti della borsa. Sul versante della politica finanziaria – ricorda ancora il presidente Rechsteiner – «resta inaccettabile il pacchetto di sgravi fiscali per i ricchi confezionato dal Consiglio nazionale. Se nel contempo accadesse, come immagina il ministro delle finanze, che i previsti aumenti dell’Iva a favore delle assicurazioni sociali servano da considerevole aiuto finanziario al bilancio della Confederazione, allora il risultato del pacchetto fiscale sarebbe un finanziamento antisociale dei regali per i ricchi mediante le imposte dirette, cioè attraverso l’aumento delle spese dei consumatori». Lavorare meno Ma altri problemi incalzano. L’Uss è fortemente impegnata nell’iniziativa «per una durata del lavoro ridotta» e sul referendum contro la legge sul mercato dell’elettricità. Da un lato, si tratta di rompere un tabù: quello della durata del lavoro troppo lunga. Il sovraccarico di lavoro e lo stress che ne deriva sono ormai insostenibili, dopo che negli anni Novanta la produttività in Svizzera è cresciuta del 14 per cento. Ma su questa iniziativa dell’Uss la sinistra e i sindacati sono divisi; segretari sindacali ed esponenti della sinistra radicale hanno infatti firmato un appello contro questa iniziativa. Dall’altro lato, i sindacati vogliono combattere una liberalizzazione sbagliata del mercato dell’elettricità. Lo scopo è quello di conservare un’elevata sicurezza di approvvigionamento, senza tuttavia penalizzare i consumatori, che finora hanno fatto buona esperienza con il sistema di monopolio pubblico della distribuzione a livello locale e regionale. Per i sindacati – ha detto Rechsteiner – «l’affidabilità del rifornimento di elettricità sarà anche in futuro uno dei fattori positivi per la competitività dell’economia svizzera». I sindacati intendono proseguire anche nella campagna «nessun salario sotto i tremila franchi». Che tale rivendicazione abbia nel frattempo incontrato un consenso maggioritario anche nel sondaggio di una banca (Crédit Suisse) e persino il Consiglio federale abbia riconosciuto (almeno indirettamente, attraverso la posizione positiva assunta sul postulato Leutenegger/Oberholzer) l’obiettivo di eliminare i salari scandalosamente bassi, non cambia nulla al fatto che rimane ancora molto da fare in tal senso in alcuni settori come il tessile e l’agricoltura. In primavera dovrà comunque essere lanciata la rivendicazione delle sette settimane di ferie per gli apprendisti: una rivendicazione, questa, che è una concreta ed importante misura per la rivalutazione dell’apprendistato. Le strategie per il futuro Altra questione d’attualità in questo 2002, la crisi di Swissair e le sue conseguenze. Per i sindacati, la vicenda ha fatto emergere la mancanza di protezione del personale, nel confronto internazionale, in caso di licenziamenti. Manca in Svizzera una regolamentazione legale del piano sociale, al punto che i diritti dei dipendenti di Swissair in altri paesi (come Thailandia, Giappone, India, Ungheria) sono stati assicurati con il denaro della Confederazione, mentre i licenziati in Svizzera sono rimasti finora a mani vuote. L’Uss ha reclamato presso le autorità federali miglioramenti stabili delle condizioni legali a livello internazionale, che sono necessari anche, per esempio, nella protezione dei prepensionati. «Non basta – ha detto Rechsteiner – che i piani sociali in caso di licenziamenti presso datori di lavoro onesti corrispondano ad uno standard di moralità. Senza vincoli giuridici, i lavoratori non saranno garantiti». Infine, l’Uss terrà in autunno il suo congresso quadriennale. Si tratterà di definire le strategie più opportune per assicurare nei prossimi anni più diritti ai lavoratori, rispetto della loro dignità e rafforzamento dei contratti collettivi. «La Svizzera ha bisogno di una modernizzazione sociale, a favore dei diritti di coloro che vivono con il proprio lavoro e dipendono da esso. Poiché essi sono il sostegno dell’economia e della società», ha concluso il presidente dell’Uss.

Pubblicato il 

11.01.02

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