Sergio Agustoni, sociologo, militante e giornalista dalla visione operaista

Un'antologia e un saggio che raccontano i conflitti sociali in Svizzera degli ultimi 40 anni attraverso i suoi scritti

Immergersi nella Ginevra del 1968 per arrivare alla lotta delle Officine di Bellinzona nel 2008. Un viaggio nel tempo attraverso la vita e i testi di Sergio Agustoni, militante politico e giornalista, nelle cui analisi il pensiero operaista ebbe sempre un ruolo determinante.

Nell’affrontare l’impostazione dell’opera, il curatore Mattia Pelli spiega di essersi imbattuto in un quesito preliminare. Nelle volontà di Sergio Agustoni, scomparso otto anni fa, la messa a disposizione del suo prezioso materiale di scritti e ricerche, avrebbe dovuto nel caso di  quest’opera servire a trattare il tema della storia della corrente operaista in Svizzera.


L’operaismo è una corrente marxista nata negli anni Sessanta dall’esperienza teorica e politica dei “Quaderni Rossi” di Raniero Panzieri (i cui seguaci diedero poi vita in Italia all’organizzazione Potere Operaio). La teoria individuava nella classe operaia il soggetto trainante dello sviluppo economico e sociale. Molto sinteticamente, la teoria riteneva che fossero le lotte operaie il motore delle trasformazioni capitalistiche, e non viceversa. Fin da studente universitario di sociologia del lavoro, Agustoni aderì alla corrente operaista che si stava sviluppando in Svizzera in quegli anni. Un’impostazione teorica che non abbandonò mai, rimanendo la sua lente prediletta per comprendere e spiegare i cambiamenti sociali da lui osservati e raccontati. Ma come scrive l’economista Christian Marazzi nella prefazione, Agustoni, «da militante del pensiero critico», seppe rielaborare la teoria operaista ai mutamenti sociali ed economici presenti e futuri. Il libro dunque, spiega Pelli, «non è un racconto biografico, ma il percorso intellettuale di un operaista svizzero che ha avuto la peculiarità di attraversare tutti i conflitti politici, teorici e organizzativi del tempo».

L’inizio del viaggio
E allora entriamo nel viaggio nel tempo, immergendoci dapprima nella vivace realtà politica di fine anni Sessanta a Ginevra, con l’entrata in scena del movimento di contestazione studentesco e il fiorire di gruppi della sinistra radicale, nei quali Agustoni ricoprirà rapidamente un ruolo di protagonista, grazie al suo rigoroso lavoro di ricerca intellettuale affiancato all’attività militante. Ben presto però, Agustoni e i suoi compagni di Lotta di Classe (organizzazione nata dalle ceneri del Movimento giovanile progressista di cui faceva parte anche il giovane ticinese), sposteranno la centralità dell’azione politica dalla scuola alle fabbriche, partecipando direttamente ai conflitti sui posti di lavoro a Ginevra e in Ticino, molto frequenti all’epoca.


Traendo insegnamento da quelle esperienze, Agustoni e compagni rielaboreranno la figura dell’operaio definita dai pensatori operaisti italiani, adattandola al sistema produttivo svizzero, dove erano quasi assenti le grandi fabbriche con migliaia di operai della vicina Penisola. Al termine operaio massa, alla realtà elvetica meglio si addiceva il concetto di operaio multinazionale, nel quale rivestiva un ruolo primario la forza lavoro immigrata.

Le due Svizzere
Negli anni Sessanta, in Svizzera convivevano due realtà parallele le cui vite raramente s’incrociavano. Il primo mondo era popolato dagli indigeni, gli elvetici, le cui case iniziavano a riempirsi dei primi beni materiali frutto del boom economico. Frigoriferi, televisioni e automobili entrarono nelle abitazioni delle famiglie operaie svizzere, le cui condizioni migliorarono progressivamente anche grazie all’importante sviluppo dello Stato sociale. La società elvetica era in rapido mutamento, nella quale si aprivano spazi di ascensione sociale anche per chi proveniva da famiglie umili.
Nell’altra Svizzera invece, abitata dalla manodopera importata, la vita era fatta di baracche, di ricatti e soprusi sui posti di lavoro subiti a causa della proibizione di cambiare datore o di famiglie divise per legge, nel caso degli stagionali.


La contestazione giovanile favorì lo sviluppo di una visione critica della società elvetica, aprendo squarci nel muro divisore dei due mondi paralleli. L’allora giovane studente di sociologia del lavoro Agustoni contribuirà coi suoi testi a mettere il dito nella piaga delle criticità del sistema, delle ineguaglianze sociali mascherate dal benessere economico crescente e, soprattutto, a porre l’accento sulle condizioni della manodopera straniera.


Lo scontro fra le due Svizzere emerse dirompente con l’iniziativa Schwarzenbach, quella che avrebbe voluto introdurre un tetto massimo di stranieri pari al 10% della popolazione elvetica. Un’iniziativa poi respinta nel 1970 dal 54% dei votanti, la cui partecipazione alle urne fu altissima (74%), ma che polarizzò la popolazione, lasciando strascichi importanti. Se fosse stata accettata, dai 300.000 ai 400.000 residenti senza passaporto svizzero sarebbero stati costretti a lasciare il Paese.

La fine di un ciclo
Ad espellerli ci pensò, qualche anno dopo, una delle cicliche crisi del capitalismo, quella petrolifera del 1973. Trecentomila operai stranieri furono espulsi dal Paese col semplice mancato rinnovo del permesso. L’espulsione di una parte importante della classe operaia, sommata ad altri fattori, fiaccò la conflittualità nelle fabbriche elvetiche e portò al declino dei gruppi politici di estrema sinistra, almeno come forza collettiva. Al pari di molti suoi coetanei, quel periodo coincise con un cambiamento nella vita personale di Agustoni, portandolo ad allontanarsi dalla politica militante per focalizzarsi sulla ricerca di uno sbocco professionale che gli consentisse di continuare a esprimere la sua visione del mondo. Un distacco anche fisico, col trasferimento da Ginevra a Zurigo dove, dopo un paio d’anni di attività nell’ateneo cittadino, inizierà a collaborare con la redazione del Telegiornale Rtsi, la cui sede allora si trovava nella città della Limmat.

Da Züri brennt alle Officine
Siamo negli anni 80, quelli di Züri brennt! (Zurigo brucia!), dove scoppia la ribellione giovanile legata alla rivendicazione di spazi alternativi politici, culturali e abitativi. Da giornalista racconterà agli spettatori svizzero-italiani le caratteristiche del movimento alternativo zurighese. Di quegli anni, lo stesso Agustoni traccerà un’analisi retrospettiva vent’anni dopo, pubblicata su area (“La ribellione. Movimento giovanile: venti anni fa Zurigo bruciava”, area 9.6.2000).
Appassionato anche di cultura, diventerà un esperto divulgatore di musica e cinema emergente di quegli anni. Ma non solo. Grazie al suo importante bagaglio di conoscenze, si occuperà di economia, degli importanti cambiamenti avvenuti nel mondo del lavoro (in particolare il postfordismo) o di sviluppo territoriale urbano e agricolo. Sebbene lontano dall’attività militante, il suo sguardo sul mondo sarà sempre influenzato dalla visione operaista, stella polare nella comprensione dei fatti sociali e dei cambiamenti in corso.


La capacità giornalistica nel descrivere temi complessi con un linguaggio semplice senza mai scadere nella semplificazione, lo porterà a collaborare con numerose trasmissioni della Rsi e molte testate della stampa scritta del Paese, tra cui la collaborazione col settimanale “Azione” (Migros) e la nostra testata, area. Il viaggio di quarant’anni narrati attraverso gli scritti e la vita di Agustoni, si conclude a Bellinzona nel 2008, a fianco degli operai delle Officine Ffs mentre lottano per salvare stabilimento e posti di lavoro. Una lotta alla quale Agustoni partecipò apportandovi in particolare un contributo analitico importante.

Lo sguardo eclettico
Quarant’anni di cambiamenti sociali documentati da Agustoni «con disincanto scientifico e passione militante», come affermato nella prefazione da Marazzi, amico e compagno di viaggio di Agustoni. Il volume si conclude con un’antologia degli scritti destinati a libri, articoli o servizi televisivi da lui composti sulle varie tematiche di cui amava occuparsi. Lavori meticolosi frutto di profonde ricerche e analisi, che lo stesso Agustoni, prima della sua scomparsa, ha voluto assicurarsi non andassero persi affinché si potesse «continuare a scavare nelle trasformazioni economiche, sociali e politiche del capitalismo contemporaneo» come ha scritto Marazzi.  


Pubblicato il

24.09.2020 15:56
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