Senza più fumo negli occhi

Croce e delizia. Da un lato maliziosa e provocante grazie a quel velo di fumo che s'innalza leggiadro; dall'altro perfida e velenosa a causa delle sostanze tutt'altro che salutari che senza troppo sforzo sa diffondere. È la sigaretta. Per anni l'abbiamo amata e adorata, addirittura trasformata nel simbolo del successo. Nel cinema, nella pubblicità, nella vita quotidiana era presente. Sempre. Poi l'accusa, il processo, la condanna. E oggi, sempre più, messa al bando. Dal 12 aprile 2007 nei ristoranti e bar del canton Ticino la sigaretta è fuorilegge.  Una misura voluta in particolare per difendere la salute di chi nei locali pubblici lavora e di chi li frequenta, confrontati al fumo passivo. A un anno di distanza, qual è l'impatto del divieto di fumo? Uno studio – realizzato dall'Istituto di comunicazione sanitaria dell'Università della Svizzera italiana, su mandato del Dipartimento della sanità e della socialità del Canton Ticino – dà alcune interessanti risposte. Metodologicamente si è scelta la via della domanda diretta: – rivolta a 140 esercenti, 140 dipendenti fumatori e 140 dipendenti non fumatori– "Quali le conseguenze del lavorare a contatto con il fumo?" Una domanda rivolta prima dell'introduzione della misura; qualche mese dopo e a distanza di un anno. Il primo dato che emerge è la percezione quasi immediata degli effetti benefici del divieto sulla salute (meno occhi irritati dal 16 al 6,2 per cento e arrossati dal 14,8 al 5,5 per cento; meno tosse dal 12,9 al 7,6 per cento e fiato corto, meno mal di testa dal 15,2 al 10,5 per cento). E a un anno di distanza gli effetti sono nettamente confermati. L'obiettivo di proteggere la salute dei dipendenti è dunque raggiunto. Un obiettivo che, stando allo studio, è stato conquistato anche in modo pacifico, nel senso che in poco tempo la soddisfazione dei clienti costretti al divieto è salita dal 35, 5 per cento al 44,7 per cento in un anno. Stabile la percentuale degli scontenti, pari al 22 per cento. Pochi anche i problemi riscontrati quando un cliente sorpreso a fumare una sigaretta all'interno del locale è stato invitato a spegnerla: nel 72 per cento dei casi la sigaretta viene spenta senza alcuna protesta; chi addirittura si scusa e si sente in colpa è salito dal 3,3 per cento al 13, 3 per cento. È sceso dall'8 per cento al 2 per cento chi, sollecitato a spegnere la sigaretta lo faceva, ma arrabbiandosi. I lavoratori del settore sono anche stati interrogati sul loro comportamento. Stando allo studio non vi sono ancora stati cambiamenti importanti e "positivi" nel senso che nessuno ha smesso di fumare o diminuito in modo netto il numero di sigarette fumate durante il giorno. Anzi, «smettere di fumare è un cambiamento molto difficile di comportamento», affermano i più. E tra i fumatori, dall'introduzione del divieto, sono aumentati quelli che fumano durante l'orario di lavoro (60,9 per cento nel marzo 2007; 83,6 per cento un anno dopo); così come il numero di volte che il lavoro viene interrotto per uscire a fumare una sigaretta.
Per approfondire alcuni punti dello studio area ha incontrato Antoine Casabianca, capo dell'Ufficio cantonale promozione e valutazione sanitaria.

Antoine Casabianca, il divieto di fumo nei locali pubblici ha come scopo la protezione della salute dei dipendenti e degli avventori di bar e ristoranti. Su quali dati vi siete basati per decretare che era il momento di introdurre il divieto di fumo?
Soprattutto su studi internazionali che hanno dimostrato che la salute dei dipendenti migliorava rapidamente  con l'eliminazione del fumo. I miglioramenti consistono nella scomparsa di rossori degli occhi, dell'irritazione delle vie respiratorie, dei mal di testa o della tipica tosse. Ma non solo: a diminuire erano anche i ricoveri per infarto. Informazioni precise che quantificano il fenomeno per il Ticino tuttavia non esistono. A livello Svizzero esistono dati sul Canton Ginevra dove è stato valutato l'impatto sanitario ed economico del fumo nei locali, ma sono dati ormai "vecchi". Avere cifre precise è molto difficile anche perché se un lavoratore è malato si rivolge al proprio medico il quale non è tenuto a stilare una statistica e a indagare le ragioni precise all'origine della malattia. Idem per i ricoveri ospedalieri. Tuttavia il malcontento degli addetti ai lavori di fronte al fumo nei locali era talmente evidente anche in Ticino che volere il divieto è stata una scelta "adeguata"... Come prova del resto il successo ottenuto nella votazione popolare.
Lo studio da voi realizzato ha scelto il metodo dell'indagine diretta presso i dipendenti del settore della ristorazione chiedendo loro l'impressione sulle conseguenze del divieto di fumo. Perché non aver preferito una via più oggettiva, come l'analisi di cotinina (sostanza derivata dalla trasformazione della nicotina dopo il passaggio nel fegato) nel personale?
L'intento era quello di realizzare uno studio più approfondito, con misurazioni della presenza di cotinina, questionari sulla salute dei dipendenti, assunzione di infermieri per misurare i battiti cardiaci eccetera. Questo progetto di studio – che avremmo realizzato con l'Istituto di medicina sociale di Basilea – è stato sottoposto al Fondo svizzero per la prevenzione al tabagismo. Non avendo però avuto il sostegno finanziario abbiamo dato mandato all'Usi per realizzare il sondaggio che permette comunque di avere informazioni dirette, date da chi è confrontato giornalmente con il problema.
Chi in passato ha subito per anni  gli effetti nefasti del fumo oggi può avanzare pretese presso il datore di lavoro vista la provata efficacia del divieto di fumo? È già successo?
Tra gli obiettivi del divieto di fumo non vi era questo scopo specifico. Non mi risulta tuttavia che vi siano casi di pretese avanzate da chi ha lavorato in bar e ristoranti. Registriamo invece domande di risarcimento per malattie causate dalla presenza di fumo sul posto di lavoro, inteso come uffici, aziende, amministrazioni. In qualche raro caso le domande sono state ascoltate. L'introduzione del divieto di fumo non ha incrementato le richieste anche da chi lavora in bar o ristoranti. Per ora. Probabilmente potremmo essere confrontati a questo fenomeno se dovessero aprirsi ulteriori "fumoir" con servizio.
Questi "fumoir" sono un fenomeno importante in Ticino?
Noi avevamo proposto di vietarli del tutto o di evitare il servizio all'interno dei fumoir (vedi box con la decisione presa martedì scorso dal Consiglio degli Stati, ndr)... Attualmente su 2'800 esercizi pubblici del cantone una settantina ha fatto richiesta di avere un fumoir; una trentina ha ottenuto il permesso per il cosiddetto "collaudo". In alcuni si può unicamente fumare, e non vi è dunque il servizio. In altri il servizio è autorizzato ma è svolto unicamente dal gerente. Molte richieste sono cadute sul nascere visti i costi importanti della necessaria riorganizzazione dei locali. A breve trarremo il primo bilancio del funzionamento di questo tipo di locali, visto che il periodo di "prova" è stato prolungato. Toccherà a noi e agli esercenti trovare il giusto metodo per il controllo costante della qualità dell'aria.
Nello studio si ipotizza l'avvenuto passaggio di clienti fumatori da bar/ristoranti non fumatori a locali in cui è ancora possibile accendere una sigaretta. Come proteggere i lavoratori dei locali in cui è permesso fumare?
Questo passaggio non è sistematico e discutendo con gli esercenti non risulta che abbiano perso gli habitué. Infatti, al di la della possibilità di fumare o meno le persone si affezionano al bar, al gestore, ai camerieri, alle relazioni umane allacciate nel locale. Quindi questo passaggio è relativo. Il grado di protezione di chi lavora nei locali in cui si può fumare dipenderà dai mezzi a disposizione e, soprattutto, dalla volontà di applicare il regolamento. La migliore soluzione resta comunque il divieto assoluto del servizio all'interno dei fumoir...
Per ora i comportamenti dei dipendenti fumatori non sono cambiati. Sorprende l'aumento delle persone che oggi fumano sul luogo di lavoro e delle pause prese sul lavoro per fumare… L'assuefazione al fumo, anche passivo, è dunque molto forte?
L'assuefazione, stando a quanto dichiarato dai gestori e dagli stessi dipendenti, è effettivamente molto importante. Per ora. In  effetti in altri paesi invece, stando a statistiche già esistenti, laddove è stato introdotto il divieto il numero dei fumatori è del 4 per cento circa. Quasi tutti hanno diminuito il consumo, qualcuno ha smesso. Per arrivare a tanto anche in Ticino useremo mezzi soprattutto – ma non solo – di prevenzione come la campagna antifumo partita proprio in questi giorni nel nostro cantone.


Quindici anni in una "fumera"

«Ho lavorato per quindici anni in una fumera, non era un bar». Quando nell'aprile del 2007 in Ticino è entrato in vigore il divieto di fumo nei locali pubblici per Luisa è stato un sollievo. Un sollievo anche se non lavorava più come barista in uno dei ritrovi più frequentati dai giovani nel Mendrisiotto. «Ho avuto problemi di insonnia, gli occhi mi bruciavano, avevo delle placche bianche che si formavano sulla gola periodicamente, problemi di pelle. Avevo eczemi sull'avambraccio. Non sentivo più il gusto del cibo e anche gli odori avevano cominciato a scomparire. Non mi sentivo mai veramente bene. Sono convinta che mi sono ammalata a causa del fumo. Ma nessun dottore è stato disposto a certificarlo e io mi sono rovinata».
Dopo anni di lavoro serale presso il pub, Luisa decise da un giorno all'altro di smettere con quel mestiere. I problemi di salute continuavano ad acuirsi e non c'era stato verso di diminuire la quantità di fumo nel locale. «I clienti venivano per rilassarsi, bersi una birra e fumare una sigaretta. Ma io restavo in quell'ambiente 8 ore tutti i giorni, venerdì e sabato sera compresi. Ho provato diverse volte a parlare col proprietario. Avevo fatto venire a mie spese un amico architetto che aveva proposto una piccola ristrutturazione per creare un maggior flusso d'aria e eliminare così parte del fumo. Ma mi è sempre stato risposto che quella fumera faceva parte dello stile del locale. È triste, ma era davvero così. La gente veniva perché nel pub tagliavi il fumo con la spada». Luisa racconta che quando aveva cominciato a lavorare a 20 anni nel locale le sigarette le sembravano il minore dei mali. L'ambiente era divertente, i clienti simpatici e sempre disponibili a lasciare una mancia. «Si lavorava duro, ma la paga era buona», ci dice. La consapevolezza che era il fumo a provocarle molti malanni, ammette Luisa, è arrivata molto tardi. Non aveva mai fatto un collegamento diretto fra quelle sere passate a respirare fumo passivo e alcuni problemi dei suoi acciacchi. «Avevo sempre avuto poche settimane di vacanza e mai più di una di fila». Poi dopo anni di lavoro Luisa si era decisa a prendere un mese continuato di ferie: «è stato lì che ho capito veramente, che ho realizzato. Il mio fisico stava meglio, gli eczemi erano scomparsi. Mi sembrava finalmente di ricominciare a vivere. Prima pensavo che i miei problemi fossero dovuti allo stress al bar e alle mia indole nervosa. Che scema che sono stata! Non avrei mai pensato che il fumo passivo potesse farmi questo».
Tornata al locale dopo le vacanze Luisa è tornata anche alla carica sul problema "fumo passivo", «ma sapevo che la scelta sarebbe stata una sola perché non si sarebbe rinunciato a quello che veniva considerato un elemento tipico da pub inglese: la fumera che non vedi niente oltre un metro». Un giorno improvvisamente Luisa non era più la cameriera di riferimento del locale: «alcuni clienti mi hanno cercata, hanno chiesto di me. Alcuni hanno chiesto scusa per quello che mi è successo, non immaginavano che mi ero ammalata a quel modo. Io non ne parlavo. Ma la colpa non è loro. Per anni il fumo è stato considerato innocuo e la libertà di fumare in locali pubblici un diritto sacrosanto. Per fortuna almeno in Ticino le cose sono cambiate».

Pubblicato il

19.09.2007 01:00
Can Tutumlu
Fabia Bottani