Se questa è una pagliacciata

«Smettetela con questa pagliacciata», urlava la signora di grigio vestita appena uscita dagli uffici della Trasfor di Monteggio. «Crede che trovarsi in busta paga 3 mila 100 franchi al mese per un operaio qualificato sia una pagliacciata?», le ha risposto imperturbabile Gabriele Milani, sindacalista di Unia. Gli operai si tenevano alla larga dalla scena, impauriti già solo dall'idea di prendere in mano un volantino sindacale.
Il siparietto rende ben conto di quanto l'iniziativa per un salario minimo di 4 mila franchi al mese, lanciata dall'Unione sindacale svizzera (Uss), metta il dito su un punto delicato e cruciale delle relazioni fra padronato e salariati.  E dei rapporti sociali in Svizzera. Troppi sono oggi le lavoratrici e i lavoratori che nemmeno con un salario pieno guadagnano abbastanza per vivere. E ancora di più sono quelli che tacciono, che si devono nascondere. Perché è già bello se un lavoro c'è. E allora si accetta tutto, in silenzio. Anche se dentro di rabbia si ribolle.
Lo si intuisce: il potenziale dell'iniziativa appena lanciata dall'Uss è esplosivo. Lo sanno bene i datori di lavoro del commercio al dettaglio. Una dozzina d'anni fa venne lanciata la campagna nazionale per dei salari di almeno 3 mila 500 franchi al mese, campagna diretta in primo luogo al settore della vendita. Oggi in quel settore l'obiettivo non è ancora stato raggiunto ovunque, ma per gran parte delle salariate e dei salariati sì. E loro della differenza se ne accorgono.
La nuova campagna, supportata da un'iniziativa popolare, avrà un effetto ancora maggiore. Perché porta il tema nell'arena politica, sottraendolo al solo piano della contrattazione fra partner sociali. E perché non ne fa più solo un tema di rapporti di lavoro, ma lo trasforma in un tema di società.
Ancora più esplosiva l'iniziativa lo è in Ticino. Cantone dove Nick Hayek, boss di Swatch e venerato guru dell'industria svizzera nei salotti più radical-chic, accumula i milioni pagando i suoi dipendenti 2 mila 500 franchi al mese. Cantone che svende il suo scarso territorio per soffocarlo di capan-
noni destinati ad ospitare manodopera a bassissimo costo. Cantone che costruisce la sua politica economica sulla flessibilità del lavoro e sul basso livello dei salari. Porre la questione del valore del lavoro in Ticino è l'occasione per interrogare a fondo il suo modello di sviluppo.
Tutto, fuorché una pagliacciata.

Pubblicato il

28.01.2011 00:30
Gianfranco Helbling
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