Dario Cadenazzi, responsabile edilizia del sindacato Unia Ticino e Moesa: quanto accaduto sul cantiere dell'ex Palace (cfr. articolo principale) può essere considerato un caso isolato ?
L'edilizia sta vivendo un'ottima fase congiunturale nel contesto di una concorrenza spietata che si materializza in offerte ribassate e in tempi di consegna improponibili. Il profitto lo si cerca nella crescente mancanza di rispetto delle regole contrattuali. Una spirale dove i diritti degli operai vengono risucchiati nel nome del "così fan tutti". Siamo in presenza di una miscela esplosiva di violazioni contrattuali e legali che si estende a macchia d'olio. E se la spirale non viene bloccata, fra tre o quattro anni la realtà dei cantieri ticinesi sarà simile a quella della Lombardia di oggi, e il caso Palace sarà la consuetudine.
Il presidente degli impresari ticinesi, Cleto Muttoni, accusa i sindacati di non comprendere i cambiamenti in atto nel mondo del lavoro, e dice che occorre maggiore flessibilità…
La flessibilità tanto invocata, la parola "magica" dal significato letale, porta anche a questi abusi. Il padronato invoca più flessibilità per rispondere alla concorrenza e ai cambiamenti del mercato. Ma un contratto obbligatorio pone tutte le imprese nelle stesse condizioni di mercato. La realtà è che le regole vogliono essere abolite per garantirsi maggiori possibilità di profitto immediato. Lavoro sotto la pioggia, prolungamento dell'orario della giornata lavorativa, lavoro al sabato, minor sicurezza sui cantieri, aumenti salariali negati, tempi di trasferta non retribuiti: questi sono alcuni esempi di progressiva erosione dei diritti degli operai. Dietro la richiesta di maggiore flessibilità, il padronato vorrebbe "cristallizzare" nel contratto le illegalità commesse. Con l'unico scopo di aumentare il profitto dell'impresario.
Il sindacato rimane dunque sulle sue richieste per il rinnovo del contratto?
In questa fase di alta congiuntura del mercato edile, ci devono essere dei miglioramenti per i lavoratori. Se non ci saranno, quando ci sarà la crisi nel settore, sopravvivranno solo i disonesti alla Palace, perché gli altri non potranno più competere.
Che fare per salvare il settore edile dalla spirale di degrado?
Come sindacato dobbiamo sviluppare meglio un percorso collettivo fatto di azione sindacale sui cantieri, di una costruzione di una solidarietà tra i lavoratori e di un rapporto solido di fiducia. Solo un sindacalismo ben presente sui posti di lavoro, il cui rapporto coi lavoratori può essere definito organico, può permettere di uscire da questa situazione. Al Palace i lavoratori hanno riconosciuto questo impegno e si sono fidati. Questi operai sono i veri protagonisti, perché da persone sfruttate nella loro necessità di lavorare, hanno trovato il coraggio di denunciare con nome e cognome i propri sfruttatori, rompendo le dinamiche malavitose di omertà. Un grande passo, ma purtroppo non ancora decisivo. Siamo a uno spartiacque. O la deriva viene fermata o nel giro di pochi anni tutto il settore sarà compromesso. Gli operai nei cantieri sanno che è in gioco il loro futuro professionale e la loro dignità. Delle giornate di mobilitazione sono necessarie per dare un segnale forte agli impresari e alla società civile che è il momento di reagire.
Si può far fronte comune con la parte sana delle imprese cantonali?
Le risposte devono essere articolate a più livelli. Tra questi c'è la conflittualità sindacale. È altrettanto urgente però con l'associazione padronale arrivare a una sorta di patto di paese, dove si definisca il modo di fare impresa. Il prezzo del degrado non lo paga solo il lavoratore, lo pagano anche le imprese e il cantone intero. Altro che rendere attrattivo il settore. Qui si sta aprendo il mercato cantonale a gruppi organizzati che operano coi metodi visti al Palace. E questo sarebbe la fine anche per le imprese cantonali. Purtroppo siamo confrontati con una Ssic sempre meno autorevole coi suoi affiliati. Basti un dato: solo un'impresa su dieci ha seguito la raccomandazione della Ssic sugli aumenti salariali di quest'anno.
Lo sdegno del caso Palace sembra aver smosso le acque per dei correttivi nella Legge sulle commesse pubbliche. Che sia la volta buona?
Rappresentanti di tutti i partiti hanno espresso la necessità di modificare la legge. È necessario studiare la possibilità di vietare per legge il subappalto a catena. Così come bisogna evitare di premiare il minor prezzo, valorizzando invece il rispetto delle condizioni di lavoro. Siamo a un bivio: o capiamo la gravità di quanto successo e cambiamo paradigma, o in pochi anni il settore sarà compromesso.
Ci saranno anche delle azioni sindacali per interrompere la spirale negativa?
Stiamo lavorando a una risposta collettiva dei lavoratori nel breve periodo. Una risposta nella quale vorremmo coinvolgere anche la società civile perché crediamo che quanto emerso al Palace sia un problema di società. Ricordo che il caso Palace è successo in un settore tutelato da un contratto di obbligatorietà generale. Possiamo quindi immaginarci cosa succeda in tutti gli altri settori. Se il modello Palace si diffonde, il rischio che corriamo è la diffusione di una moderna schiavitù.


Pubblicato il 

19.05.11

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