Il prossimo mese di aprile si terranno in Ticino le elezioni comunali, per cui ora dovrebbe essere tempo di bilanci e di resoconti trasparenti di quanto effettivamente realizzato nel corso della legislatura. Nel mio Comune, del cui consiglio comunale faccio parte (come capogruppo Ps-Verdi-Indipendenti), purtroppo mi capita di assistere al ripetersi di un triste copione. Il “nostro” rappresentante in Municipio, responsabile del dicastero socialità, attribuisce l’assenza di risultati alla “collegialità”, imposta dalla Legge organica comunale (Loc). Certo, sarà; qui non voglio personalizzare, e poi ricordo che anche quattro anni prima, un altro “nostro” rappresentante nell’esecutivo si giustificava nello stesso modo. Lecito comunque domandarsi: sono così vincolanti gli articoli 80 e 90 della Loc? Essi certo possono non rendere la vita facile alla minoranza, ma in fondo questo per noi è scontato. Risultato: che “il socialista” ci sia o no nell’esecutivo non sembra cambiare molto... Inevitabile la domanda: accade così anche in altri Comuni? Poi per le strade dei paesi qualcuno ridendo domanda: ma che cosa fa il vostro in Municipio? Ah, siete proprio tutti uguali… In queste situazioni sembrerebbe necessario un raffronto pubblico fra quanto i “nostri” municipali e i nostri gruppi hanno provato ed effettivamente sono riusciti ad ottenere nelle diverse realtà comunali. Certo, gli equilibri interni agli esecutivi e ovviamente anche ai legislativi sono differenti nei diversi Comuni, ma sarebbero necessari strumenti per correggere situazioni controproducenti. Non è questione solo d’immagine, ma di mancate occasioni di agire, magari anche di fattiva solidarietà. Possibile, ad esempio, che un dicastero socialità (per di più di un Comune che ha grande forza finanziaria) non pensi a proporre nulla, nemmeno una serata informativa, per spiegare la situazione dei quindici giovani eritrei che frequentano le medie nel cui consorzio partecipa il nostro stesso Comune? Possibile che dobbiamo continuamente votare nuovi crediti per la crescita del corpo di polizia, e noi a livello municipale non proponiamo nemmeno un segnale e un messaggio per favorire l’integrazione e smontare la paura? Se poi confrontando dovesse emergere, ahinoi, un’impossibilità diffusa di essere incisivi e di realizzare nel rapporto dicastero-municipio politiche, per quanto limitate, chiaramente alternative al centro-destra, allora certo s’imporrebbe anche qui una riflessione radicale e seria sulla “collegialità”, forse effettivamente una “astruseria” (come ha scritto Franco Cavalli, area, n.19, 4.12. 2015), che rischia di venir pietrificata come un dogma, se non anche di fungere da alibi. Che cos’è la collegialità? Al servizio di quali forze e rapporti lavora? Un mezzo interessante in determinati tempi storici, contesti e rapporti, che si è trasformato in una sorta di fine, all’ombra del quale prolifera il conformismo dell’interesse? Un meccanismo per produrre compromesso, che finisce col togliere sempre più spazio alla nostra differenza politica? La collegialità, qui e ora: l’eutanasia amministrativa-strumentale di ogni potenzialità alternativa? |