Due bambini di 10 e 12 anni, un adolescente di 16 anni e una giovane di 20 anni sono i protagonisti della storia che segue. Incominciamo dal sedicenne, che sogna di diventare idraulico. Grazie al suo docente di scuola media, dopo aver svolto uno stage in una ditta, il titolare lo avrebbe assunto volentieri per un apprendistato. Non subito perché aveva già un’apprendista in ditta, ma l’anno successivo certamente. Ora tutto è saltato. Non può incominciare l’apprendistato poiché ha interrotto la quarta classe della media a due mesi dalla fine dell’anno scolastico e da oltre un anno non frequenta nessuna scuola. Anche il fratellino e la sorellina hanno perso l’ultimo anno scolastico 2013-2014, rispettivamente di elementare e media. La ventenne invece avrebbe voluto incominciare l’apprendistato di commercio già nel 2011. Dopo aver svolto un pre-tirocinio in un negozio nel centro di Lugano, la titolare aveva deciso di assumerla per la formazione professionale. «Una ragazza non brava, bravissima – risponde da noi contattata –. Molto educata e disponibile. Mai un problema» Niente da fare. Sebbene la signora si sia data da fare inoltrando più richieste, dall’Ufficio popolazione di Bellinzona arriva il no. Pure i maestri di elementare dei due ragazzi più giovani non lesinano commenti positivi sui due alunni. «Una ragazza in gamba, di cuore – racconta la sua maestra –. Inizialmente, come normale, ha fatto un po’ fatica a integrarsi. Poi si è fatta delle amicizie, esprimendo tutta la sua solarità. Mi ha lasciato un bel ricordo. E non solo nella memoria, anche materialmente. In classe, gli allievi avevano costruito un gabbiano. Il suo me l’ha voluto lasciare perché diceva che la spostavano di continuo e così almeno il gabbiano si sarebbe salvato» conclude la docente, con un tono amaro e triste. «Un bravo ragazzo, disponibile e dalla curiosità molto viva. Era vivace come capita a molti bambini della sua età, ma sempre molto educato. Serbo di lui un ottimo ricordo. Potessi far qualcosa…», dice invece il maestro del bimbo più giovane, suo allievo in terza elementare. Le “colpe” dei padri sui figli
Da settembre, invece di studiare, farsi degli amici e giocare con bambini della loro età, sono obbligati passare il tempo non facendo nulla. La colpa di questi bambini? Essere figli di genitori algerini la cui domanda d’asilo è stata definitivamente respinta. Hanno dunque il divieto di restare in Svizzera, ma l’Algeria si rifiuta di riprenderli. Nel frattempo vivono la loro non-esistenza nell’assurdo limbo del presunto provvisorio che dura da anni. Una situazione che rischia di durare per molto tempo ancora. E i figli, tutti e tre nati in Svizzera, ne fanno le spese. Legalmente il criterio di essere nati in questo paese non ha alcun valore per ottenere un permesso di soggiorno che consenta loro di frequentare le scuole obbligatorie o l’apprendistato. Lo consente invece la Costituzione. Anzi, lo impone, considerando l’istruzione un diritto umano superiore al permesso amministrativo di residenza. Il nomadismo delle pensioni
Questi tre bimbi non frequentano la scuola obbligatoria da oltre un anno perché, loro malgrado, sono dei nomadi delle pensioni ticinesi. Dall’inizio dell’anno scolastico a settembre, la madre e i tre bimbi sono stati collocati in cinque pensioni diverse in cinque località nell’arco di dieci mesi. Hanno contribuito al settore alberghiero locale a discapito del diritto all’istruzione. Ogni volta che l’inserimento nelle sedi scolastiche era predisposto, l’Ufficio del sostegno sociale e inserimento (Ussi) li spostava in una pensione in un comune diverso. Lo ha confermato ad area un alto funzionario del Dipartimento dell’educazione, nonché i diversi responsabili degli istituti scolastici da noi contattati. Un destino condiviso da altri bambini alloggiati nelle pensioni per mesi senza essere scolarizzati (si veda riquadro in basso). Per i figli della famiglia al centro del racconto non è però stato sempre così. Fino al 2011 frequentavano le scuole del locarnese, perché abitavano in un appartamento della zona. Tutto cambia una mattina di agosto, quando all’alba dei poliziotti si presentano alla porta, li prelevano e li trasferiscono al centro Croce Rossa di Cadro. Un trasferimento motivato dal definitivo no, il quarto, alla loro domanda d’asilo. Devono lasciare il paese. In teoria, perché nella pratica non si può fare. L’Algeria non li vuole e quindi non si possono espellere con la forza. I bimbi vengono dunque inseriti nelle scuole vicine a Cadro. Alle autorità resta un’unica via: convincerli a lasciare “spontaneamente” il paese. La famiglia però si rifiuta di tornare perché afferma di essere in pericolo in Algeria. Nel marzo 2012 il padre viene incarcerato per soggiorno illegale in vista dell’allontanamento coatto della famiglia. Resterà in prigione fino all’autunno dello stesso anno quando sarà rilasciato per decorrenza dei termini. Lui e suo figlio maggiore saranno alloggiati nell’istituto Madonna di Re a Bellinzona, mentre la mamma e i quattro figli minorenni restano a Cadro. L’autorità cantonale emana un divieto al padre di accedere al territorio di Cadro. Nell’aprile del 2013, durante le ferie pasquali, la famiglia si reca al centro per richiedenti di Vallorbe (canton Vaud) nella speranza di incontrare dei responsabili federali per chiedere loro di essere affidati a un altro cantone perché in Ticino i rapporti con le autorità competenti si sono incrinati. A Vallorbe resteranno per un mese in attesa della risposta, che sarà negativa, e saranno ritrasferiti in Ticino. Questa improvvisa “scomparsa” della famiglia, avrà delle conseguenze. La madre coi tre bimbi e la ragazza ventenne devono lasciare il Centro di Cadro. Saranno trasferiti in alcune pensioni del locarnese dapprima, nelle Tre Valli dopo. La figlia è alloggiata in pensioni sempre diverse dalla madre e fratellini. Il nomadismo delle pensioni dovrebbe ora concludersi, almeno per la madre e i bambini più piccoli. Da settembre tutto è pronto per l’inserimento scolastico, sia alle elementari che alle medie nella nuova località dove risiedono. «Sempre che l’Ussi non decida di trasferirli nuovamente», rispondono i responsabili scolastici.
L’apprendistato selettivo
Resta sospeso il caso della ventenne, a cui è stato negato l’accesso all’apprendistato. Un tema molto dibattuto a livello federale. Ben quattro cantoni (Basilea città, Neuchâtel, Giura e Vaud) avevano promosso delle iniziative federali per istituire le basi legali affinché i giovani e i giovani adulti in situazione irregolare ("sans-papiers", figli di richiedenti l'asilo oggetto di una decisione di non entrata nel merito, figli di richiedenti l'asilo respinti) possano accedere al tirocinio. Governo e parlamento ritennero però che l’ordinanza entrata in vigore il 1° febbraio 2013 risolvesse il problema. Stando a quell’ordinanza, i giovani stranieri in situazione irregolare possono seguire una formazione professionale iniziale se hanno frequentato la scuola dell'obbligo in Svizzera per almeno cinque anni, sono ben integrati e rispettano l'ordine giuridico svizzero. E qui sta l’inghippo giuridico per la ragazza. Lei ha sì frequentato le scuole per cinque anni, ma non consecutivi. E quindi nessun accesso all’apprendistato. Una norma che potrebbe infrangere il “sogno idraulico” del fratello. Il ragazzo avrebbe ora l’età per incominciare l’apprendistato. Avendo però perso un anno scolastico per via del nomadismo nelle pensioni imposto dalle autorità, queste ultime potrebbero anche negargli l’apprendistato in ragione dell’assenza dei cinque anni consecutivi. Questi ragazzi sono certamente colpevoli: colpevoli di esistere.
|