Lo “sport” sta vivendo un momento cruciale: rinato dalle ceneri dei “pagani” greci, riproposto dal cattolico De Coubertin sulla scia degli educatori inglesi, tedeschi e svedesi per ridare vigore fisico alla gioventù, sta vivendo una trasformazione kafkiana: G. Samsa si risvegliò mutato in insetto, lo “sport” si avvia verso lo “show” nella migliore delle ipotesi, verso il “baraccone” nella peggiore: "venghino signori, venghino a vedere la “Donna Cannone” e il serpente con due teste!". Nato per ridare ai giovani anche un corpo (assieme all’“anima”) nel momento in cui siamo sempre più incapaci di usare il corpo aumenterà sempre più l’ammirazione per chi lo sa fare: per chi corre, salta, usa le mani, per chi è veloce o resistente, o chi sa imprimere meravigliose traiettorie a una palla. Lo sport diventa oggetto di interesse dei profittatori di ogni risma: non ci capiscono nulla ma, grazie al loro fiuto, lo percepiscono come redditizio. C’è però un particolare. Lo sport ha delle regole e vive solo ed esclusivamente per quelle: nessuno dei centomila spettatori allo Stadio Olimpico di Beijing nel 2008 assisterebbe ai 110 metri con ostacoli sperando nella vittoria di Xiang Liù, se qualche altra potenza mondiale imponesse per i suoi atleti la partenza con un metro di vantaggio. O nel calcio nessuno accetterebbe che una squadra potesse giocare con 12 elementi. È una democrazia subentrata dopo molte lotte al posto delle signorie feudali, dei balivi e degli sgherri. Il signorotto non ha più il diritto (che si è inventato lui) dello “jus primae noctis”: la donzella (se bella) non deve più farsi deflorare dal barone. Parrebbero, questi, ghirigori barocchi: non lo sono. I neosignorotti feudali, vedasi Abrahmovic o Glazer o Berlusconi, investono per controllare le masse attraverso un dolce oppio e per trarre profitti. Con una variante: possono anche andare in perdita con lo sport pur di intorbidire le acque e sviare l’attenzione dai loro veri affari. Nella vita, come abbiamo visto, i signorotti si inventano le regole: arrivati nello sport si trovano di fronte a un/a arbitro, a una federazione nazionale e internazionale. Berlusconi ha risolto il problema piazzando il suo “fattore” Galliani alla testa della Lega Calcio, poi ha piazzato i suoi uomini alla Rai che hanno vilmente ceduto diritti storici alla concorrenza (cioè a lui medesimo). Poi ha cercato (casualmente) di abbinare un suo sponsor a un arbitro. Negli sport olimpici è successo di peggio: gli emiri del Bahrein e del Qatar, stufi di cavalli e cammelli, hanno ingaggiato corridori keniani ai quali hanno cambiato i nomi e la data di nascita (mentre i purosangue mantengono i loro dati sino alla morte). Solo quando la protesta è montata, l’arbitro, tra l’altro un africano, Lamine Diack, si è opposto ponendo, in caso di “acquisto”, un “blocco” di tre anni. Ma non ha tolto la vergognosa norma fascista del nome mutato: per non urtare i moderni signorotti feudali…

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26.08.05

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