Se c'è bisogno del Cavaliere

Se l'Italia è divisa in tre fette, basterebbe metterne insieme due per aggiudicarsi la maggioranza della torta. Le tre fette rappresentano il centrosinistra capitanato da Bersani, il centrodestra sempre in mano a Berlusconi e, tertium datur, il Movimento 5 stelle di proprietà di Beppe Grillo. A prendere più voti senza aver vinto è stato Bersani, che alla vigilia vendeva la pelle del caimano prima di averlo messo nel sacco e invece ha raccolto appena 140.000 voti in più dell'uomo che, dopo vent'anni di dominio contestato solo a chiacchiere dalla sinistra, sembrava spacciato, mentre ora è solo ricoverato in ospedale per problemi alla vista. Normale in un paese di falsi ciechi. Toccherebbe a Bersani l'incarico per formare un governo, ma quel porcellum della legge elettorale gli regala la maggioranza alla Camera ma glie la nega al Senato.

 

Gli scenari possibili sono molti, l'esito inevitabile è il ritorno alle urne, l'unica variabile è il quando. Prima delle ipotesi, una considerazione: l'Italia somiglia alla Grecia, per lo stato in cui il liberismo ha ridotto la popolazione e per la rivoluzione avvenuta nelle urne. Con una differenza: ad Atene la rivolta sociale è stata governata dalla sinistra, in Italia la sinistra si è suicidata lasciando un vuoto riempito da Grillo. Un'ipotesi è che finisca come in Grecia, con il grande inciucio applaudito di Grillo che vede in questa sciagura per la democrazia la possibilità di aumentare ancora i consensi. Bersani, pressato dal rottamatore resuscitato Matteo Renzi, sembra aver capito che il prezzo della maggioranza impossibile che ha retto il governo liberista di Monti è stato presentato per intero al Pd, e dunque cerca altrove alleanze. Prendendosi però una raffica di schiaffoni dal presidente Giorgio Napolitano che esclude un governo zoppo con la maggioranza cercata di volta in volta in Parlamento (con il voto dei recalcitranti grillini). E soprattutto, Napolitano arriva a giustificare la rivolta eversiva dei parlamentari del Pdl dentro il Tribunale di Milano per chiedere la moratoria per i mille processi del corruttore Berlusconi.

 

Un messaggio esplicito ai giudici: lasciate stare il Cavaliere, in questa delicata crisi politica c'è bisogno di lui. Per fare un altro inciucio, magari per sostenere un congelamento di Monti o qualche altro coniglio “tecnico” nel cappello del presidente giunto al termine del suo mandato?
Per evitare questo pessimo esito caro al Corriere, è partita la campagna per redimere Grillo e convincerlo a votare gli otto punti che Bersani ha tardivamente copiato da lui. Comprando un terzo dei suoi senatori, emulando il Cavaliere sotto processo per i milioni passati al saltafossi Di Gregorio, o convincendolo a stringere un accordo antiberlusconiano perché glie lo chiedono gli italiani, l'Europa, la democrazia, i mercati e Repubblica. Peccato che il M5S non sia uno dei tanti partiti della seconda repubblica ma un agglomerato della terza, forte di un solo slogan: “Mandiamoli tutti a casa, sono tutti uguali”.

 

Pubblicato il

14.03.2013 15:06
Loris Campetti