Se a Riva San Vitale non tutti i morti sono uguali

La notizia di per sé è di minuta cronaca locale. Ma è purtroppo uno dei molti, troppi segni convergenti di un ripiegamento religioso-identitario che anche in Ticino dobbiamo registrare. Il fatto è accaduto questa settimana durante la seduta del Consiglio comunale di Riva San Vitale. Si discuteva del nuovo regolamento del cimitero e dei servizi funebri. E si è discusso anche di quali piccoli simboli religiosi ammettere in cimitero sulle lastre dei loculi. La Commissione delle petizioni, su iniziativa del Gruppo unità di sinistra e Verdi, aveva infatti proposto di permettere la posa di simboli religiosi diversi dalla religione cristiana. In aula l’emendamento è stato sostenuto anche dal gruppo Plr compatto. Contro ha invece votato l’intero gruppo Ppd (compresi i due commissari che avevano sottoscritto il rapporto) e la Lega. Risultato: 11 voti favorevoli, 14 contrari. Motivo: ammettere altri simboli religiosi oltre a quelli cristiani mancherebbe di rispetto alla religione professata dalla maggior parte della popolazione. È decisamente un brutto voto, quello che ci tocca registrare in provenienza da Riva San Vitale. E non consola sapere che questa norma del regolamento comunale sul cimitero in caso di ricorso non reggerebbe certamente ad un esame di costituzionalità, tanto vi è palesemente iscritta una violazione della libertà religiosa che uno Stato laico qual è il nostro non può tollerare. Non consola perché dobbiamo comunque confrontarci ad una maggioranza di consiglieri comunali, espressione di una comunità che li ha eletti, che di fronte al fatto ultimo della morte, quella che in teoria dovrebbe farci tutti uguali, distingue fra cristiani e non cristiani, fra morti di serie A e morti di serie B. Una maggioranza che in nome della maggioranza, ossia di sé stessa, nega alla minoranza il diritto di esistere in quanto tale, ossia nel suo non essere cristiana, e di esprimere la sua fede religiosa in rapporto alla morte, che è quanto di più forte lega intimamente l’individuo all’ultraterreno. Ed ancor più rattrista sapere che il dibattito è stato estremamente pacato e civile, senza apparenti espressioni di razzismo: significa che questo tipo di ragionamenti non è più prerogativa di movimenti politici rozzi, ma che è, come si dice in tedesco, “salonfähig”, politicamente corretto, accettabile e accettato nel più civile dei dibattiti democratici. La decisione del Consiglio comunale di Riva San Vitale non è un fatto isolato nemmeno in Ticino. Il ritorno in forze di un cristianesimo da crociata estremamente intollerante lo si nota anche, ad esempio, nella campagna condotta con ampio ricorso ai media a Chiasso da don Feliciani contro l’abbigliamento troppo disinvolto delle ragazze. Significativo che il parroco di Chiasso si chieda cosa accadrà quando per strada si incroceranno donne con l’ombelico al vento e altre con il velo islamico. Non accadrà nulla, perché vorrà dire che saremo una società davvero aperta e libera. Per ora però si tratta di difendere degli spazi di libertà che l’alleanza della destra nazionalista e del cattolicesimo conservatore sta minacciando. E il primo a doversi interrogare sull’importanza della laicità per un moderno Stato democratico è proprio il Ppd.

Pubblicato il

29.10.2004 04:00
Gianfranco Helbling
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