Se Berlino svolta, cambia la politica europea

I vertici dell’Unione europea (Ue) guardano con grande attenzione alle elezioni tedesche del 26 settembre. Malelingue dicono che i funzionari di Bruxelles riprenderanno a lavorare solo a risultati conosciuti, perché alcuni dossier prenderebbero un’altra direzione se a Berlino si imponessero i rosso-verdi.


Il candidato alla Cancelleria della Sp Olaf Scholz è stato determinante un anno fa per l’intesa sul pacchetto da 750 miliardi di franchi per il rilancio europeo. Dopo le esitazioni iniziali, si è lasciato convincere dal ministro delle finanze francese Bruno Le Maire che l’Europa, confrontata con la drammatica crisi pandemica, doveva reagire. E non con la politica dell’austerità seguita alla crisi finanziaria del 2008, hanno preteso i paesi latini Italia, Spagna, Portogallo e Francia. Ma contraendo e distribuendo crediti in maniera solidale tra i paesi. Per la prima volta la Germania ha acconsentito: il motivo principale, più che la solidarietà, è stato il timore della destra populista, che con un fallimento dell’Ue avrebbe spopolato ovunque. Oggi i miliardi europei cominciano a confluire andando ad alimentare la ripresa economica.


Per i cristiano-democratici della Cdu questo deve però restare un caso unico: dopo il Coronavirus l’Ue deve tornare alla politica parsimoniosa della casalinga di Voghera e al freno all’indebitamento dell’ex ministro delle finanze Wolfgang Schäuble. Il suo successore Olaf Scholz, al contrario, ora s’impegna perché il pacchetto di rilancio sia «l’inizio di una nuova fase dell’integrazione europea». L’Ue rimborserebbe i crediti creando «proprie fonti di entrate, per esempio una tassa sulle transazioni finanziarie». Questa sarebbe la base di un vero e proprio Bilancio dell’Ue. “Olaf Scholz, il nuovo super europeo”, titola per questo il quotidiano tedesco di economia e finanza Handelsblatt.


Un governo tedesco controllato dai rosso-verdi potrebbe favorire una politica europea di segno progressista anche in altri ambiti: si pensi al clima, al salario minimo o all’imposizione fiscale di colossi come Amazon, Facebook e compagnia. Poco c’è invece da aspettarsi in materia di politiche di sicurezza e d’asilo.


Anche in Svizzera c’è chi spera in una svolta in Germania. I co-presidenti del Partito socialista Mattea Meyer e Cédric Wermuth sono per esempio convinti che aumenterebbe le chance di una soluzione sociale alla controversia tra Bruxelles e Berna. In questo senso hanno già sottoscritto un programma comune con i socialdemocratici tedeschi e di altri paesi europei.

Pubblicato il

23.09.2021 11:48
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