Il docente Mario Ponti, in un contributo apparso su «La Regione», osserva che è in atto una tendenza preoccupante e pericolosa nella politica scolastica ossia il «progressivo disimpegno del Cantone nei confronti delle scuole comunali», con il conseguente «aumento delle disparità delle risorse a disposizione». Come è dunque possibile garantire pari opportunità – uno dei doveri primari della scuola pubblica – se si favoriscono poi, in pratica, le discriminazioni? Abbiamo rivolto la domanda a Gabriele Gendotti, direttore del Dic. «Anzitutto mi preme sottolineare che i rapporti fra le autorità cantonali e comunali sono, per quanto attiene al settore scolastico, senz’altro buoni, improntati alla massima collaborazione e concorrono ad assicurare ai giovani una scuola di qualità che li accompagna durante tutta la scolarità fino alla maggiore età». E quali sono i capisaldi della collaborazione? «Questo spirito di collaborazione – continua il Consigliere dello Stato – si fonda non solo sulla coordinazione per quanto concerne i contenuti dell’insegnamento e gli aspetti pedagogico- didattici, ma anche e in particolar modo sul rispetto dell’autonomia delle amministrazioni comunali. Ciò costituisce di per sé una ricchezza del nostro sistema formativo, che lascia spazio anche a interessanti iniziative sul piano locale, che vanno sostenute e incoraggiate: mi riferisco, per fare un solo esempio, alle iniziative promosse dalle scuole comunali di Viganello. Il settore delle scuole comunali è retto dalla Legge sulla scuola dell’infanzia e sulla scuola elementare del 1996 nella quale sono definiti i compiti del cantone e dei comuni». Ma qui si parla di disimpegno del cantone. «Non è corretto – riprende Gendotti – parlare di disimpegno da parte del cantone. Certo, anche questo settore – come d’altronde tutti settori dell’amministrazione cantonale e per volontà del legislativo – è stato toccato dalle misure di risparmio, che hanno portato alla riduzione temporanea – fino al 2002 – del sussidio ai comuni. La minor concessione di sussidi non ha comunque impedito ai comuni di destinare le necessarie risorse umane e finanziarie a questo settore scolastico. Pur non essendo sussidiati i comuni non hanno rinunciato in questi anni ad introdurre o a estendere il docente di educazione fisica o di educazione musicale. Diversi comuni si sono dotati – a loro spese – di una direzione a tempo pieno o parziale. Se penso all’ordinamento scolastico manteniamo delle sezioni di scuola elementare o di scuola dell’infanzia con effettivi assai ridotti, segnatamente nelle zone periferiche». Ma se i comuni dispongono di risorse finanziarie limitate, per forza di cose non potranno garantire lo stesso livello di comuni più «ricchi» e il rischio delle discriminazioni resta.«Credo che sia veramente fuori luogo – conclude il direttore del Dic – parlare di discriminazioni, anche perché l’autonomia comunale può avere senz’altro qualche inconveniente, ma ha pure il vantaggio di porre la scuola comunale a stretto contatto con il territorio, con i responsabili comunali, con i genitori. Il bilancio è sicuramente positivo e la sensibilità delle autorità comunali ha permesso di assicurare degli edifici scolastici funzionali, di istituire mense e doposcuola a dipendenza delle necessità, di assicurare ai docenti le condizioni più adeguate per svolgere il loro compito. In ultima analisi la scuola pubblica, anche quella comunale, è diretta dal cantone con la collaborazione dei comuni. Non mi sembra di cogliere un venire meno di questo principio. In ogni caso i rapporti cantone-comuni sono un tema attuale di politica generale che riguarda pure l’ambito scolastico. In futuro si potrà senz’altro discutere su una diversa ripartizione dei compiti fra cantone e comuni. Ma quale sarà la posizione dei comuni?»

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07.09.01

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