Gli scolari ticinesi alla fine della scuola media sono i penultimi della classe in Svizzera: scarsi in matematica e pessimi in lettura. Così i dati dell’indagine internazionale Pisa. Sui risultati Pisa si è sviluppato un dibattito pubblico che non accenna a esaurirsi. Gli ultimi a intervenire in ordine di apparizione sono Gerardo Rigozzi e Raoul Ghisletta (vedi CdT del 2 giugno). Il primo che richiede un ripensamento vigoroso dei contenuti della scuola, il secondo che esige riforme incisive, accusando di immobilismo i politici cantonali responsabili. Sembrerebbe che, per quanto riguarda la scuola, abbiamo tutti i panni sporchi, ma poi ci manca una famiglia in cui lavarli. Nel senso che pochi di quelli che dibattono sono nell’insegnamento attivo. Forse varrebbe la pena di meditare sulle “Tredici tesi sulla scuola” di Tazio Manzocchi che con quegli scolari ci lavora (Cfr. Verifiche di dicembre). Forse sarebbe utile leggersi qualche libro sull’argomento. Noi abbiamo scelto quello della prof. Paola Mastrocòla: La scuola raccontata al mio cane (Adelphi), che non è un capolavoro, ma è libro opportuno. Ora, per chi nella scuola media ci ha lavorato e ci lavora, i risultati Pisa non stupiscono. La Sme – al di là delle altisonanti dichiarazioni dei politici – è una scuola profondamente in crisi. Da tempo. Ha ragione la Mastrocòla, e ancora di più Tazio Manzocchi. Chi ancora insegna davvero oggi alla scuola media, con tutto il rispetto per i colleghi? Dove è andato a finire il concetto di “studio”? Non vi pare che l’insegnante abbia cambiato via via mestiere? Eppure, ciò malgrado, mi sento di difenderli i docenti, anche perché, fare il docente oggi, significa rinunciare, tra l’altro, al prestigio e alla ricchezza. ll nodo del problema mi sembra stia nell’istituto della scuola media. Abbiamo creato una scuola che mortifica sempre di più l’intelligenza: quella dei ragazzi e quella degli insegnanti. Una scuola che (fatti salvi test, verifiche ed espe) ha eliminato il valore e il senso della sfida. E si sa – cito, – le intelligenze che non ricevono mai una sfida, lentamente si consumano e si spengono. Meniamo gran vanto della scuola media ticinese che predilige l’integrazione. È vero: siamo diventati tutti più uguali. Ma a chi? Non volevamo una scuola elitaria, e va bene. Ma non stiamo forse producendo una scuola della non-cultura, il sapere suddiviso in piccole porzioni perfettamente testabili e autoreferenziali? L’insegnamento alla scuola media ricorda i famosi piani quinquennali dell’economia sovietica. Crescita limitata e molte frustrazioni: per chi insegna e per chi “è insegnato”. D’altra parte, a che serve leggere e saper leggere? A chi serve? A quel 20 per cento di futuri quadri dell’economia, come ha scritto Tazio Manzocchi. E cioè al 20 per cento di persone che servono a far funzionare l’economia. Tanto i restanti dovranno solo eseguire e osservare le prescrizioni date, patendo la propria esclusione. “Urgono misure urgenti”, come ha detto il cronista radiofonico erigendo un involontario monumento al pleonasmo.

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10.06.05

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