L’assemblea indetta mercoledì sera alla Casa del Popolo dal sindacato Vpod per discutere della problematica emersa dopo la notizia del mancato sbocco professionale di chi si forma al Dfa, è stata un successo nei numeri e nei contenuti. «Da trent’anni non vedevo un’assemblea tanto partecipata» ha chiosato Fabio Pusterla, docente di lunga data e poeta dal valore universalmente riconosciuto. I toni sono stati a tratti duri, ma giustificati da chi si è sentito ingannato nell’aver scelto una costosa abilitazione biennale a proprie spese e senza stipendio, nell’illusione indotta di uno sbocco professionale assicurato. Una problematica che non riguarda i soli giovani adulti, è stato ricordato in un intervento, ma pure persone che superati i trenta, i quaranta e anche i cinquant’anni (magari con figli a carico), si sono sobbarcate due anni di abilitazione a loro carico senza entrate finanziarie, per poi ritrovarsi disoccupate al termine della formazione. Il fattore “imprevedibile” evocato dal capodivisione Educazione Emanuele Berger, a giustificazione del caso dei tredici abilitandi d’italiano, non sembra reggere alla prova dei fatti. Le mancate assunzioni dei corsisti di italiano sarebbero tutt’altro che un fatto isolato. Storia, chimica, inglese e matematica, sono solo alcune materie evocate ieri sera che attesterebbero il ripetersi di situazioni che stanno allungando a dismisura la lista dei senza lavoro o di occupazioni a tempo parziale insufficienti per vivere, generando una precarietà diffusa nell’insegnamento pubblico. Una lista tanto corposa da non poter più essere sottaciuta, emersa infatti col casus belli dei tredici. Trasparenza, repressione e vergogna sono i concetti maggiormente rappresentativi dei numerosi interventi dell’ottantina dei partecipanti all’assemblea sindacale, perlopiù giovani e donne. La prima, trasparenza, è una rivendicazione unanimemente condivisa. Non esiste la trasparenza dei posti disponibili nelle varie materie né all’inizio né alla fine del corso d’abilitazione, non esiste la trasparenza nelle graduatorie finali dei partecipanti ai concorsi e il sistema di attribuzione del monte ore è stato giudicato molto opaco. Repressione, è il secondo concetto ribadito più volte nella serata. Dai presenti è emersa una paura diffusa nell’esprimere dei dubbi, delle critiche o semplicemente nel chiedere spiegazioni sull’esito dei concorsi o di quelli promessi ma mai usciti. “Chi si espone, ha molte probabilità di pagarne le conseguenze” hanno testimoniato in diversi. Ne esce un quadro desolante di piccoli poteri ai vari livelli del sistema educativo ticinese, abusivamente e meschinamente esercitati. La parola vergogna invece, riferita al sistema di formazione del DFA, è stata accolta da un’ovazione di applausi. «Insegno da oltre trent’anni e mai, dico mai, ho incontrato qualcuno del mondo della scuola che parlasse bene del DFA. Qualcosa vorrà pur dire» ha riassunto un docente con decennale esperienza al termine della serata. Le numerose problematiche emerse nel corso dell’assemblea sono state riassunte in una risoluzione che sarà inviata dalla Vpod al DECS e al Consiglio di Stato. Nella risoluzione si chiede l’adozione di misure concrete per l’occupazione dei docenti neoabilitati (accesso prioritario alle supplenze, attribuzione di ore libere nella formazione professionale ecc.) e l’apertura di un confronto costruttivo con i rappresentanti sindacali e dei docenti abilitandi o neoabilitati. Sui temi di fondo del Dfa, si chiede l’istituzione di un gruppo di lavoro tra il DECS e le associazioni magistrali per una “riforma profonda e complessiva del sistema di abilitazione, che tenga conto degli aspetti qualitativi e della garanzia di sbocchi professionali”. Nella risoluzione infine, ci si augura un seguito costruttivo della disponibilità al dialogo espressa in svariate occasioni da Marina Carobbio, la consigliera di Stato a capo del DECS. Il disagio è indubbiamente ben presente, ampiamente diffuso e radicato nel tempo. Ignorarlo non sarà più possibile. |