Scorciatoia di salvaguardia

È ormai imminente la decisione del Consiglio federale di ricorrere alla “clausola di salvaguardia” prevista dall’accordo bilaterale con l’Unione europea sulla libera circolazione delle persone, al fine di contenere una crescita incontrollata dell’immigrazione dall’Ue. Per l’Unione sindacale svizzera (Uss) questa è una scorciatoia controproducente; molto più efficace sarebbe invece una puntuale e rigorosa applicazione delle misure di accompagnamento.

 

L’accordo di libera circolazione con l’Ue prevede per la Svizzera, nel caso di un forte aumento dell’immigrazione, la reintroduzione del contingentamento dei permessi di lavoro e, quindi, di soggiorno. Questa possibilità viene detta “clausola di salvataggio”. Condizione per invocarla è che il numero dei permessi di dimora (B) e di soggiorno di breve durata (L) concessi a lavoratori provenienti dai Paesi Ue superi, in un determinato anno, di almeno il 10 per cento la media dei tre anni precedenti. Per l’anno successivo il numero dei permessi potrà quindi essere abbassato al 105 per cento della media dei tre anni precedenti (cioè si potrà concedere il 5 per cento in più di permessi rispetto alla media degli ultimi tre anni).

 

Questa clausola di salvaguardia potrà essere invocata ancora per una sola ed ultima volta, poiché l’accordo prevede che da giugno 2014 la libera circolazione delle persone sia completa con tutti i Paesi dell’Ue (salvo che con Romania e Bulgaria, i cui cittadini continueranno a soggiacere a determinate restrizioni fino al 31 maggio 2016).


Difficilmente la clausola di salvaguardia frenerà l’effettiva immigrazione, come scrive il Comitato dell’Uss in un suo documento interno. Il numero dei permessi rilasciati rimarrà alto e comunque superiore alla media degli ultimi tre anni. Inoltre non verrebbe limitata né l’occupazione di frontalieri, né quella sottoposta all’obbligo di notifica (p. es. nel caso di ditte distaccate). Ciò significa che datori di lavoro svizzeri potrebbero fare ricorso a queste categorie di lavoratori stranieri. Già l’anno scorso, in occasione del contingentamento dei permessi di dimora per cittadini dell’Ue-8 (Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria), i datori di lavoro hanno reagito ricorrendo a contratti di lavoro a tempo indeterminato invece che a tempo determinato con permessi di soggiorno di breve durata. E proprio con queste categorie di lavoratori (soprattutto con quelli sottoposti all’obbligo di notifica) che vengono più spesso violate le norme salariali e le condizioni di lavoro.


Un altro aspetto da considerare è che nei Paesi membri dell’Ue il ricorso da parte della Svizzera alla clausola di salvaguardia non viene capito, dato che la Svizzera ha, nel confronto internazionale, una disoccupazione molto bassa. Già nel caso del contingentamento per i Paesi dell’Ue-8 c’erano stati dei contrasti. Certo, questa volta sarebbero coinvolti praticamente tutti gli stati dell’Ue, per cui non si potrà rinnovare l’accusa alla Svizzera di comportamento discriminatorio verso alcuni cittadini dell’Ue piuttosto che verso altri. Ma se non vi sono le condizioni per applicare la clausola di salvaguardia anche sui permessi di breve durata relativi a cittadini dell’Ue-17 (tutti i Paesi dell’Ue meno quelli dell’Ue-8), si offrirà nuovamente ai datori di lavoro l’oportunità di aggirare il contingentamento dei permessi B facendo ricorso a questi permessi L.


E infine – considera ancora il Comitato dell’Uss – poiché non vi sarà più la possibilità di ricorrere alla clausola di salvaguardia, al momento in cui l’iniziativa popolare “contro l’immigrazione di massa” verrà posta in votazione, il Consiglio federale dovrà dire alla popolazione che in futuro non ci sarà più alcun contingentamento. Un argomento, questo, che potrà essere utilizzato dell’Udc per la sua campagna in vista della votazione.
Per tutte queste ragioni, l’Uss ritiene che sia molto più efficace, per limitare l’aumento dell’immigrazione, migliorare le misure di accompagnamento. Questa sarà una delle rivendicazioni che verranno adottate dall’assemblea dei delegati dell’Uss il prossimo 3 giugno. Già adesso la necessità di un rafforzamento di dette misure è evidente. Sebbene i cantoni constatino regolarmente che si fa del dumping salariale, finora non hanno voluto (con l’eccezione dei cantoni Ticino, Ginevra e Vallese) imporre i salari minimi per proteggere il livello dei salari svizzeri. Una necessità avvertita in modo particolare in alcune categorie, quali il giardinaggio, il commercio al dettaglio, il settore della sicurezza eccetera.


Nel frattempo, in risposta a questa pressione, il Consiglio federale ha deciso che in futuro i datori di lavoro dello spazio Ue/Aels dovranno notificare preliminarmente il salario corrisposto ai loro lavoratori distaccati in Svizzera. La misura riguarda le aziende che prestano in Svizzera servizi trans­frontalieri temporanei fino a 90 giorni per anno civile. I lavoratori distaccati in Svizzera da tali aziende non devono ottenere un permesso ma devono essere notificati. Adesso, a partire dal 15 maggio, anche il loro salario deve essere notificato. Lo scopo è di consentire ai competenti organi di controllo di procedere a verifiche più mirate e di perseguire i casi in cui c'è un sospetto di dumping salariale.

 

Pubblicato il

19.04.2013 15:48
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