Eccolo, il Marco: gli ho insegnato a scrivere con il metodo naturale, alla fine degli anni Cinquanta. Allievo vivacissimo che io, antiautoritario per natura, facevo fatica a tener fermo in classe. Alla fine dell'anno scolastico mi portava l'uva americana. Ora lo vedo invecchiato, stempiato e deluso. Il posto traballa, dice. Non si è più sicuri di niente. Parlano continuamente di risorse umane, di sinergie, e poi sono capaci di lasciarti a casa dopo ventun anni di lavoro. Il capo va a Zurigo, torna e dice che in ufficio siamo in troppi, qualcuno deve saltare. Allora ti chiamano a colloquio. Sono sempre in due. Come i poliziotti. E ti convincono che la colpa, beninteso, non è di nessuno. È della globalizzazione. Parlano di sacrifici necessari e intanto incassano un milione di bonus. Hanno fatto un corso apposta per convincerti che nella società sei di troppo.
Lo vedo male, l'ex allievo, allora così allegro. Ha sconfinato anche lui come me: siamo alla "Fiera degli uccelli" di Ronago, il primo paese che s'incontra oltre il confine con l'Italia, partendo da Novazzano. È giorno festivo. Guardo Marco e, in controluce, vedo un predatore con artigli d'avvoltoio che lo ghermisce. È venuto qui a guardare i canarini, i pappagalli, i fringuelli, ad ascoltare il trillo del merlo, del tordo sassello, del tordo bottaccio; ma nella sua testa frullano altri pensieri, lì davanti alle quaglie in gabbia che così strette fanno anche un po' pena. Allora mi allontano dal campo della festa, dove uno se la sta prendendo con il magro africano che espone le sue mercanzie, e vado sul sentiero ad ascoltare gli uccelli in competizione che cantano  nascosti dietro le frasche. Un merlo che canta bene, mi dicono, può valere alcuni milioni di lire. Mi viene in mente il poeta: il suo canto nessuno lo ascolta, non vale una lira. Meglio nascere merlo, che affascina tutti con la bellezza del suo inutile gorgheggio: non fosse per queste gabbie troppo strette…
Ora sono seduto accanto a un concorrente al master ornitologico in attesa di medaglia. Medaglia d'oro, categoria tordina. E vengo a sapere i dettagli. Certi uccelli vengono tenuti allo scuro, messi in chiusa si dice in gergo. Così quando tornano alla luce cantano che è un piacere. E gli strappano anche qualche penna qua e là, nel frattempo.
Meglio cambiar aria. Superato il Maial Tour – cioè la giostra delle automobiline a forma di maiale – rivedo Marco davanti all'omino degli animali di plastica. L'omino sta inutilmente tentando di annodare due fili di refe, per consegnare il mostriciattolo colorato a un bambino; e l'ex allievo, messo in chiusa dalla vita, lo osserva, immerso nella meditazione sulle risorse umane.

Pubblicato il 

03.07.09

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