Sciopero generale d'obbligo

Lunedì la Motorizzazione civile ha diffuso i dati sulle nuove immatricolazioni di automobili a novembre, confermando le previsioni negative della vigilia: rispetto allo stesso mese di un anno fa, il mercato è crollato del 30 per cento. I dati degli altri paesi europei parlano la stessa lingua assegnando il record alla Spagna, dove la contrazione è stata del 50 per cento. Lo stesso avviene per i camion, i furgoni, le lavatrici, le scarpe, l'abbigliamento, i mobili, l'edilizia, la cantieristica non di lusso. La Fiat resterà chiusa per quasi un mese, solo la produzione di trattori prevede un mantenimento dei livelli produttivi. La Antonio Merloni che assembla lavatrici è in amministrazione controllata e oltre 10 mila operai diretti e dell'indotto ballano sui carboni ardenti. Fabbriche serrate dalla crisi, lavoratori quando va bene in cassa integrazione e quando va male licenziati, mezzo milione di precari pubblici e privati che tornano a casa, consumi in caduta libera. Ve l'abbiamo raccontato una settimana fa.

Cosa fa il governo Berlusconi-Tremonti-Sacconi-Brunetta, in questa situazione drammatica che sta provocando un'emergenza sociale? Sostiene le banche, in parte le imprese e per nulla i pensionati e i lavoratori. Non detassa le tredicesime e non porta dal 12 al 20 per cento come nel resto dell'Unione europea le imposte sulle rendite finanziarie. Non estende la cassa integrazione e in generale gli ammortizzatori sociali a tutti i dipendenti e ai precari. Si inventa la social card, un'elemosina da 40 euro al mese per tre mesi da consumare al supermercato ai vecchietti che non hanno neanche gli occhi per piangere e vivono la mancia come un'umiliazione. Il sostegno che oscilla tra i 200 e i 1000 euro ai nuovi poveri, lavoratori sotto il minimo di sussistenza con famiglie numerose, riguarda un'area assolutamente ristretta della popolazione lavorativa. In un paese in cui l'evasione fiscale è tra le più alte d'Europa, non sarebbe difficile reperire le risorse per un piano straordinario di sostegno ai redditi da lavoro e alle pensioni. In compenso Tremonti e Berlusconi combattono la crisi invitando gli italiani a consumare di più.
«Un piano di interventi che non rappresenta la svolta economica, sociale e fiscale di cui il paese ha bisogno, perché di fronte a una crisi eccezionale occorrono risposte eccezionali». È questo il giudizio espresso dalla segreteria della Cgil sulla politica del governo, ed è in base a questa condanna che il maggior sindacato italiano ha confermato lo sciopero generale di tutte le categorie indetto per il 12 dicembre, con cortei e manifestazioni in ogni città italiana. Una fermata di 4 ore che diventerà di 8 nelle regioni più colpite dalla crisi e sarà di tutta la giornata anche per le principali categorie della Cgil, dai metalmeccanici della Fiom ai pubblici dipendenti della Fp. «I tagli alla spesa pubblica, scuola e sanità in particolare, non faranno che ampliare gli aspetti negativi sull'occupazione», aggiunge il sindacato guidato da Guglielmo Epifani. Il segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini, fa un quadro impietoso della situazione: «L'Italia ha una struttura industriale per molti aspetti simile a quella tedesca, dove il peso della produzione manifatturiera è ancora molto alto. Ma c'è una differenza sostanziale tra Roma e Berlino, ed è che noi facciamo una produzione povera, si può dire che siamo contoterzisti dei tedeschi. Se non ci sarà un investimento sostanzioso nella ricerca e nell'innovazione di prodotto la nostra industria farà una brutta fine, e con essa l'intera economia nazionale. Invece, questo governo taglia proprio nella ricerca, e la nostra classe imprenditoriale cerca la competitività non attraverso la qualità dei prodotti e dunque del lavoro ma attraverso l'abbattimento dei costi e il peggioramento delle condizioni lavorative». La Fiom chiede che i sostegni pubblici all'industria dell'auto siano finalizzati all'innovazione del prodotto, attraverso lo sviluppo delle fonti energetiche alternative al petrolio.
Ma proprio a proposito dell'ambiente, mentre dall'altra sponda dell'Atlantico Obama promette un rapido rientro degli Usa nelle nazioni civili, Berlusconi ha deciso di tartassare gli investimenti sulle energie alternative nell'edilizia. Tanto, dice con Tremonti, il futuro è del nucleare che è pulito (?), sicuro (?) e economico (?). Allo sciopero la Cgil è giunta dopo mesi di ravvicinato quanto inutile confronto con governo e Confindustria che hanno a cuore solo una cosa: trasformare la crisi in opportunità per ridisegnare i rapporti di forza nel paese, cosicché quando la crisi sarà superata (si parla ormai del 2010) il sindacato non sarà più quello di prima. Come? Attraverso lo smantellamento del sistema contrattuale e di regole conquistato con lo Statuto dei lavoratori e le lotte degli anni Settanta. Cisl e Uil stanno al gioco, avendo avviato da tempo la loro trasformazione in sindacati legittimati (e finanziati attraverso gli enti bilaterali) dal governo e dai padroni, non più dalla propria base sociale. Così hanno avviato una stagione di contratti separati firmati contro e senza la Cgil e cioè l'organizzazione che in Italia rappresenta la maggioranza dei lavoratori. Per questo, oltre che in contrasto con la politica classista del governo, Epifani è stato costretto a scegliere la strada dello sciopero generale nazionale.
A spingere in questa direzione hanno contribuito attivamente la Fiom e la Fp-Cgil che avevano già deciso autonomamente di effettuare il 12 uno sciopero generale nazionale con manifestazione "milionaria" a Roma. Meccanici e pubblici insieme, contro le spinte a portare lo scontro all'interno del mondo del lavoro, la prima volta. Ma le due categorie, dopo aver incassato la decisione della Cgil di trasformare il 12 in un appuntamento per tutti i dipendenti, hanno già annunciato per febbraio il loro sciopero generale con manifestazione a Roma. Una decisione obbligata, quella di Epifani, e al tempo stesso coraggiosa. Perché lo sciopero non sarà facile: si chiede a lavoratori con i salari decurtati del 40 per cento dalla cassa integrazione un grosso sacrificio, mentre impazza una campagna tesa a isolare la Cgil che rifiuta di salire sulla barca del vincitore, naturalmente al posto destinato ai rematori.
Le manifestazioni andranno benissimo. Il movimento degli studenti, in lotta da settimane contro i tagli alla scuola pubblica e la controriforma dell'Università, parteciperanno in massa, e persino la quasi totalità dei sindacati di base ha deciso di affiancare con un suo sciopero l'iniziativa di lotta della Cgil. Mentre le forze politiche di sinistra uscite sconfitte e divise dalle elezioni sono schierate come un sol uomo con la Cgil, l'opposizione parlamentare cincischia. Il Partito democratico è spaccato al proprio interno, non solo sulla collocazione continentale (chi con il Partito socialista europeo e chi contro) ma anche nel rapporto con i sindacati. Il programma del Pd, nato su un'improbabile equidistanza tra capitale e lavoro, puntava all'unificazione delle reti sindacali e cooperative, per cui la rottura tra Cgil, Cisl e Uil e la divisione tra Cgil e Confindustria sono mine sotto i pilastri che tengono in piedi un partito traballante, sommatoria di storie e identità diverse. Conclusione: la maggior parte dei dirigenti Pd di origine Ds aderiranno allo sciopero e alle manifestazioni a titolo individuale, mentre i dirigenti di origine Margherita continueranno la respirazione bocca a bocca alla Cisl. E, visto che ci sono, ai padroni.

Pubblicato il

05.12.2008 03:30
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