Scioperare poco non conviene

Andreas Rieger, come si trova nel nuovo ruolo di copresidente di Unia?
Bene, è molto interessante. Ora posso avere una visione ancora migliore della nostra organizzazione. Parlo di più con collaboratori, soci e fiduciari. E devo dirlo: in Unia si trovano riunite persone davvero notevoli, interessanti e dalle doti molto diversificate.
Tutte queste persone sono più gentili nei suoi confronti, oggi che è alla testa di Unia?
Le persone che conosco bene non hanno cambiato il loro atteggiamento. Ed è un bene che sia così. Quelli che invece mi conoscevano meno oggi mi prestano più attenzione.
È piacevole?
Non mi posso lamentare… (ride)
I topmanager come il capo di Ubs Marcel Ospel hanno aumentato i loro salari del 10 per cento nel 2006. I semplici impiegati invece devono accontentarsi di aumenti fra l'1,5 e il 2,5 per cento. Questi topmanager sanno condurre meglio dei sindacati le loro trattative salariali?
Questi manager non devono trattare per il loro salario. Sono fra coloro che prendono le decisioni fondamentali nell'economia e che partecipano alla distribuzione degli utili. Attualmente viviamo un boom economico. Questo è tanto più notevole se si considera che tre anni fa il Seco prevedeva che la Svizzera avrebbe sempre più perso terreno in Europa se la sua economia fosse rimasta così improduttiva, rigida e iperregolata. Ora improvvisamente la realtà è totalmente diversa. La stessa economia si rivela molto produttiva e innovativa. Il suo potenziale di crescita è molto maggiore di quanto volevano far credere gli eterni pessimisti neoliberali. Se tutti potessero beneficiare di questa ripresa potremmo essere contenti. Assistiamo invece ad un'enorme ridistribuzione delle ricchezze dal basso verso l'alto. Della ripresa beneficiano soprattutto quelli che già hanno: titolari di grossi capitali, investitori, speculatori eccetera. Il capitale finanziario è quello che più approfitta della crescita. E di questa crescita anche i manager si prendono la loro fetta.
Il giornalista economico Werner Vontobel stima che la Svizzera spreca i tre quarti della crescita in prestazioni di servizi finanziari. Detto in altri termini: ad ogni bancone degli atelier della Sulzer c'è un operaio che lavora, e dietro di lui cinque broker o analisti che pretendono di essere pagati…
… sì, non solo viviamo ridistribuzione della ricchezza dal basso verso l'alto, ma anche un imponente spostamento dall'economia che realmente produce al capitale finanziario, cioè alle banche, ai fondi d'investimento, alle multinazionali farmaceutiche che realizzano soltanto una  parte dei loro utili attraverso la produzione reale. È da lì che si preleva la ricchezza. Il capitale finanziario non sono solo dei fondi d'investimento astratti, sono anche personaggi ben noti, come Vasella e Ospel: sono personificazioni di questo capitalismo e corresponsabili per questa ripartizione della ricchezza. È per questo che la gente è così arrabbiata. Se Vasella rappresentasse solo sé stesso come Jonny Holliday il suo salario sarebbe comunque urtante, ma il tutto non sarebbe così grave. Ma la gente sa che Vasella rappresenta tutto un sistema, una macchina che prende gran parte delle ricchezze create nel mondo attraverso il lavoro e le versa nelle tasche di pochi.
I sindacati hanno affrontato le trattative salariali 2006 con la richiesta "4 per cento di salario in più per tutti". Non potrà quindi essere contento dei risultati, compresi fra l'1,5 e il 3 per cento.
Per la prima volta da anni abbiamo ottenuto un aumento reale degli stipendi. Ma naturalmente non siamo contenti di molti accordi e dei loro risultati. Per questo la nostra campagna continua con la stessa intensità anche nel 2007.
E come?
Deve considerare che usciamo da un periodo di 15 anni caratterizzato, tranne qualche interruzione, da stagnazione economica accompagnata da disoccupazione di massa. Ciò nel 2006 ha esercitato ancora una forte pressione sulle trattative salariali. Per molti salariati il pericolo della disoccupazione non era ancora scongiurato. Se l'evoluzione economica positiva durerà, allora migliorerà anche il clima fra i lavoratori. Diminuirà la paura di perdere il posto di lavoro e si farà più pressante la richiesta di aumenti salariali. Compresa la richiesta di parità salariale da parte delle donne. Unia nel 2007 aumenterà ancor più la pressione sulle imprese affinché rivedano la loro politica salariale in materia.
L'8 marzo s'è visto chiaramente in Consiglio nazionale che i partiti borghesi, compreso il Ppd, di verifiche dei salari nell'economia privata non ne vogliono assolutamente sapere, esattamente come la maggioranza delle imprese. Perché le cose dovrebbero cambiare?
Sono le ultime battaglie di retroguardia. Anche per i borghesi alla lunga sta diventando insostenibile dire che purtroppo non si può fare nulla contro il 20 per cento di discriminazione salariale, anche se questa viola la costituzione. Se i partiti borghesi non diventeranno presto ragionevoli, noi sindacati saremo costretti ad inondare le imprese con azioni giudiziarie.
Riassumo: lei spera in tempi migliori, in lavoratori più coraggiosi e in datori di lavoro più ragionevoli. Basta per rallentare la ridistribuzione della ricchezza verso l'alto?
Certo, non ci viene regalato nulla. I sindacati devono sfruttare la situazione migliore sul mercato del lavoro. E lo stiamo già facendo. Sono ancora aperti alcuni conflitti dall'anno scorso. In Ticino sono appena scesi in strada 2 mila lavoratori edili per un aumento decente salariale generalizzato. E nella ristorazione stanno per iniziare le trattative salariali per il 2008.
Lo scorso anno Unia ha fatto parlare di sé soprattutto per gli scioperi a Reconvilier e allo Schauspielhaus di Zurigo. In confronto il 2007 è iniziato in maniera molto più tranquilla. Unia è stanca?
Scioperi dirompenti come quello di Reconvilier non ne capitano tutti gli anni. Ma non siamo affatto stanchi. Quest'anno abbiamo già avuto diversi conflitti e alcuni scioperi con diverse catene di vendita al dettaglio a Ginevra e con un operatore di telefonia mobile a Losanna. Per non parlare dell'azione degli edili ticinesi.
Sinceramente: l'enorme pretesa di risarcimento avanzata da Swissmetal non ha reso Unia un po' più prudente?
Con pretese di risarcimento infondate non si può intimorire Unia. Siamo abituati ad essere ricoperti da cause giudiziarie da parte dei datori di lavoro. Migros ha continuamente cercato di intimorirci. Ma finora nessuna delle sue venti azioni giudiziarie contro il personale di Unia ha avuto successo.
Anche a lei piace scioperare come al suo predecessore Vasco Pedrina?
Non è una questione di piacere. Uno sguardo alle statistiche dimostra che in Svizzera la pace eterna del lavoro non è mai esistita. In Svizzera si è sempre scioperato. Soltanto nella fase di alta congiuntura degli anni '80 c'è stato un periodo più lungo in cui praticamente non si è scioperato. Ma in quel periodo i sindacati poterono ottenere diversi progressi per i lavoratori anche senza scioperi. Dagli anni '90 la situazione è completamente cambiata. I salari ristagnano, in compenso crescono le tasse e i premi, così che il potere d'acquisto della gente diminuisce sempre più. Anche per altri aspetti le condizioni di lavoro sono peggiorate e più insicure. Ecco perché da alcuni anni a questa parte si sciopera di più. Ma anche oggi in Svizzera si sciopera proporzionalmente poco: in Inghilterra e nei Paesi scandinavi si sciopera quattro o cinque volte di più. E con successo: gli aumenti reali di stipendio lì sono il doppio che da noi. Per questo dobbiamo chiederci: ne vale la pena per i salariati in Svizzera scioperare così poco? Non credo proprio.
Sotto la sua copresidenza dunque Unia sciopererà di più?
Uno sciopero non è mai uno scopo in sé. Ma se al tavolo delle trattative non si riesce più a fare progressi a favore dei lavoratori e i datori di lavoro vogliono anzi imporre peggioramenti delle condizioni di lavoro, allora lo sciopero è un mezzo legittimo.
Ma con la sciopero di Reconvilier Unia ha ottenuto davvero poco.
La maggior parte degli scioperi che abbiamo condotto negli ultimi anni hanno avuto successo. Ma in singoli scioperi, diretti contro lo smantellamento o la delocalizzazione di posti di lavoro, la situazione di partenza era molto difficile. Oltretutto a Reconvilier avevamo a che fare con un management che agisce secondo logiche di capitalismo finanziario e non di politica industriale. Un siffatto management non si lascia facilmente impressionare da uno sciopero, anzi, può addirittura sfruttare il tuo sciopero per far crescere il valore delle azioni. Certo, uno sciopero non è garanzia di successo. Ma le garantisco che un sindacato che non è in grado di scioperare oggi non può avere successo.
Swissmetal, Sulzer, Ascom: i sindacati avranno sempre più a che fare con una controparte padronale che persegue soprattutto interessi di capitalismo finanziario. Come intende reagire?
Una volta si prevedeva che in Svizzera l'industria non sarebbe comunque sopravvissuta. Oggi vediamo che l'industria che produce realmente ha molto successo. C'è ancora speranza dunque. Il problema è che esponenti parassitari del capitalismo finanziario tentano di dissanguare questa industria fiorente. Dobbiamo quindi chiederci se, su questo punto, non dobbiamo fare causa comune con quegli industriali che anche in futuro vorranno produrre dei valori reali in Svizzera. Anche loro hanno ad esempio tutto l'interesse a che il mercato azionario sia meglio regolato.
Prima della sua nomina a copresidente di Unia lei era responsabile per il settore terziario e quindi anche per la Migros. Fra Unia e la Migros già da tempo ci sono scintille, oltre ad una situazione di vuoto contrattuale. Cos'ha contro la Migros?
Assolutamente nulla. In fondo la Migros è quasi un'impresa di "proprietà del popolo", dato che è una cooperativa. Anch'io ne sono membro. Per questo il conflitto con i vertici di Migros è a maggior ragione spiacevole. E non è mai stato nemmeno un obiettivo di Unia. Obiettivo di Unia è che possiamo rappresentare al meglio i nostri membri di fronte alla Migros. E che possiamo farlo, se possibile, nel quadro di un Contratto collettivo di lavoro (Ccl). Ricordo che Migros era abituata per molto tempo che i sindacati se ne stessero nella loro cuccia – fino a quando abbiamo lanciato la campagna contro i salari da fame sotto i 3 mila franchi. Migros aveva molti impiegati che guadagnavano meno di 3 mila franchi. A questa campagna i vertici di Migros hanno risposto dapprima opponendo resistenza. Ma di fronte alla pressione alla quale erano esposti pubblicamente dovettero cedere. Fu un grosso successo per i sindacati. Ma ai vertici di Migros la cosa non andò giù. Così posero ad Unia come condizione per partecipare al Ccl che noi non avremmo mai più potuto criticare la Migros pubblicamente: una museruola, una condizione assolutamente inaccettabile. Logico che non abbiamo accettato. Per questo ancora oggi siamo in una situazione di stallo.
Quanto durerà ancora questo stallo?
Dipende dalla dirigenza della Migros. Da parte mia sono noto come qualcuno che riflette strategicamente e ha il fiato lungo. Dal mio punto di vista fra un anno potremmo essere nel Ccl se non ci fosse più la condizione della museruola. Ma ce la facciamo a resistere a lungo anche senza Ccl, rappresentando gli interessi dei nostri iscritti dall'esterno. Unia vuole essere partner contrattuale di Migros, ma non ad ogni costo. Vogliamo trattare con la Migros da pari a pari.
Prima della fusione si disse che il successo di Unia come grande sindacato lo si sarebbe misurato dal suo successo nel terziario. Quali successi può annunciare oggi?
Già oggi siamo il più grosso sindacato nel settore privato dei servizi e aumentiamo costantemente il numero di associati. Lo scorso anno siamo cresciuti di 500 iscritti sia nel commercio al dettaglio che nella ristorazione. E già oggi 300 mila salariati del terziario lavorano sotto Ccl di cui Unia è parte. In più in tempi recenti si sono aggiunti un Ccl per tutte le venditrici della città di Losanna, un Ccl per le venditrici del Vallese, un nuovo contratto per il personale di vendita a Basilea e un contratto normale di lavoro per la vendita nel canton Berna. Nel terziario, accanto al commercio al dettaglio, le nostre priorità sono la ristorazione, i servizi di sicurezza, i trasporti stradali, le istituzioni culturali e le pulizie. Qui vogliamo crescere. E ottenere aumenti reali di stipendio. Questo è molto importante. Perché in questi settori mediamente si guadagna meno che nell'industria e la precarizzazione delle condizioni di lavoro è maggiore. A ciò si aggiunge che in questi settori lavorano soprattutto donne. C'è quindi il problema della discriminazione salariale. Contro di essa e per più rispetto nei confronti degli impiegati lotteremo quest'anno.

Pubblicato il

06.04.2007 01:00
Marie Josée Kuhn