Schiavismo in subappalto

Senza soldi, senza cibo e per letto un cartone all'interno di una palazzina in costruzione. In queste condizioni, il sindacato Unia ha trovato una dozzina di lavoratori in due cantieri della periferia di Lugano, terza piazza finanziaria di uno dei paesi più ricchi al mondo.  

Reclutati a Milano per lavorare in Ticino per opere di gessatura, con la promessa di un regolare contratto, di uno stipendio e la garanzia di vitto e alloggio. Questi lavoratori non hanno visto niente di tutto ciò. Per salario era stato loro "offerto" un pagamento di 4 franchi al metro. A cottimo dunque. Illegale, perché formalmente proibito dalle norme vigenti e ben al di sotto della paga oraria obbligatoria contenuta nel contratto collettivo del settore. Ma neanche queste promesse sono state rispettate. Qualche lavoratore è riuscito a farsi dare un dieci franchi ogni tanto, per un totale di 200 franchi in un mese. Gli era stato assicurato che avrebbero alloggiato in un albergo e mangiato al ristorante. In realtà hanno dormito in cantiere e ogni tanto, non sempre, gli portavano qualcosa da mangiare. Questo, in sintesi, il contenuto della denuncia pubblica di Unia Ticino presentata in conferenza stampa martedì.
«Siamo tornati indietro di cento anni» ha commentato Gabriele Milani, segretario Unia Sottoceneri. «La punta di un iceberg, di una realtà diffusa che testimonia il degrado delle condizioni di lavoro in questo paese» ha rincarato Enrico Borelli, segretario Unia, nel corso della conferenza stampa indetta martedì per denunciare quanto scoperto.
Sul banco degli accusati, la pratica dei subappalti. I responsabili? Committenti e imprese locali. I primi, siano essi pubblici o privati, appaltano i lavori solo in base al minor prezzo, senza troppo considerare altri aspetti. I secondi invece, sono coloro che delegano ad altre ditte dei lavori vinti in appalto, infischiandosene delle condizioni di lavoro in cui dovranno essere realizzati. «Per anni abbiamo difeso gli interessi di tutta la comunità contrattuale, ossia anche le imprese di artigianato locali» ha detto Saverio Lurati, segretario regionale di Unia Ticino, concludendo: «Oggi sono indifendibili». Naturalmente non si può generalizzare, ma appare particolarmente grave se una delle ditte di gessatura coinvolte, la Cpr di Barbengo, è quella del presidente dell'associazione padronale di categoria. Ci sono ditte che si comportano correttamente, ma i segnali sono preoccupanti.
La tendenza sembra orientarsi alla riduzione dei costi grazie ai subappalti, con un conseguente deterioramento delle condizioni di lavoro e dei salari.
Il granconsigliere Saverio Lurati, ha inoltrato tre interpellanze negli ultimi tre anni su casi sospetti di pratica illegale nel subappalto. Poche settimane fa, è venuto a galla il caso dell'inceneritore di Giubiasco, dove sono state scoperte almeno tre ditte che hanno versato salari ben al di sotto dei minimi previsti, sempre in regime di subappalto. «Perché delle imprese ticinesi che fino a ieri si sono assunte direttamente i lavori, oggi li subappaltano?», ha posto come questione centrale Lurati.
Oggi Unia dice basta alla pratica del subappalto e invita i partner sociali a trovare delle risposte sia sul piano contrattuale che politico. «Negli ultimi mesi stiamo assistendo ad un pericoloso crescendo del fenomeno» ha detto Lurati. L'obiettivo è fermarlo finché si è in tempo. Borelli non ha escluso mobilitazioni dei lavoratori in difesa della dignità sui posti di lavoro, affinché la pratica del subappalto sia vietata: «Battersi per questi lavoratori sfruttati significa battersi per tutti i lavoratori» ha sintetizzato il segretario sindacale.

Così vanno le cose. Ad esempio sul cantiere Torre Beta

Nel corso della conferenza stampa in cui sono stati denunciati i casi più flagranti di subappalto (cfr. articolo sopra), Unia ha ricostruito le varie responsabilità sui cantieri. Nel cantiere Torre Beta di Pazzallo, il committente, l'immobiliare Imafid di Lugano, mette a concorso le opere di gessatura. Per l'intonaco, vince l'appalto la Cpr di Barbengo, mentre i lavori di cartongesso se li aggiudica la Bazzana di Gravesano.
La Cpr, il cui direttore è presidente dell'associazione dei gessatori cantonali, subappalta i lavori alla Edil Locci di Milano. È la ditta che avrebbe, stando alle accuse di Unia, reclutato 4 o 5 lavoratori da Milano, facendoli "alloggiare" nella lavanderia di un palazzo in costruzione per tre settimane. La promessa di salario era a cottimo, 4 franchi al metro. Dopo qualche settimana, la Cpr disdice il contratto con la ditta milanese perché i lavori sono mal fatti. Invia quindi sul cantiere dei suoi operai per finire i lavori. Risulta che la Cpr avrebbe comunque saldato il conto all'impresa italiana. Quest'ultima però non avrebbe versato neanche una lira ai suoi "dipendenti".
La Bazzana invece ha subappaltato i lavori alla Dde di Lugano. Quest'ultima avrebbe reclutato due lavoratori a Milano facendoli poi "alloggiare" al quinto piano del palazzo Torre Beta in costruzione. La fotografia che pubblichiamo sulla prima pagina di questo numero di area è la loro "stanza". I lavoratori avrebbero abbandonato il cantiere in fretta e furia venerdì, allarmati dell'intervento sindacale di Unia in un altro cantiere, quello di una casa privata a Pregassona, dove operava la Dde ed erano stati trovati altri lavoratori "accampati".

«Pensavo di essere nel terzo mondo»

«Come mi sono trovato lavorando in Svizzera? Come nel terzo mondo» racconta ad area Abu* , uno degli operai reclutati a Milano per lavorare in uno dei cantieri luganesi. «In Italia è vero, si lavora spesso in nero. Ma almeno ti pagano. Qui non solo non mi hanno pagato, ma non mi hanno nemmeno dato alloggio e neppure nulla da mangiare». Di origine maghrebina, Abu, non era questa l'idea che si era fatto della Svizzera. «Mi avevano promesso quattro franchi per ogni metro. Sinceramente, non avevo nessuna idea di quanto potesse valere quel tipo di  lavoro in Svizzera. Era cinquanta centesimi di euro in più di quanto prendevo in Italia al nero. Mi sono detto: in Svizzera la vita è più cara e quindi è giusto che ti paghino un po' di più. Così ho accettato. Ma di quei soldi, neanche l'ombra». Neanche qualcosina? «Chiedevo ogni giorno la paga. Mi rispondevano che pensavo troppo ai soldi. Ogni tanto mi davano qualche dieci franchi per mangiare e le sigarette. Ma non tutti i giorni. Un operaio del cantiere che ha visto la scena, mi ha detto che conosceva bene il mio capo, che era uno che spendeva centinaia di franchi a bere nei night, mentre a noi non dava nulla». Quante ore lavoravi ? «Inizio alle 7 e finivo alle 8 di sera. Sai, poi diventa buio». E per dormire, cosa ti avevano detto? «Sarei andato in albergo. Il primo giorno però mi hanno detto che c'era un intoppo, che l'albergo era pieno, il secondo giorno un'altra scusa, dovevo portar pazienza. Alla fine ho dormito in cantiere per tre settimane» Come ti sei arrangiato? «Dormivo sui pannelli isolanti, senza coperta. Una notte era talmente freddo, che sono andato alla ricerca di un bus sul quale restare per un po', per potermi scaldare». Questo avviene a Lugano, Svizzera, nel terzo millennio.


Il commento

Con la deregolamentazione del mercato del lavoro siamo arrivati vicino allo schiavismo. Solo così possono essere definiti i casi portati alla luce dal sindacato questa settimana.
I bilaterali hanno dato un'accelerata ad un sistema già in caduta libera. Le misure di accompagnamento, seppur efficaci in molti casi, presentano delle falle. «I bilaterali, oltre a portar del bene, hanno portato situazioni anomale a cui non eravamo preparati. Dobbiamo reagire immediatamente», così ad area Edo Bobbià, direttore della Società svizzera impresari costruttori in Ticino.
«Vedo un imbarbarimento del mercato. Noto che tutti hanno una voglia di guadagnare in fretta senza mezzi termini» constata Bobbià, direttore di un'associazione padronale che, a differenza di altre, ha sempre sostenuto l'introduzione di regole e controlli con l'avvento dei bilaterali.
Oggi Unia chiede il divieto del subappalto, pratica che permette di deresponsabilizzare le imprese coinvolte, giocando allo scaricabarile. Tollerare queste pratiche significa spingere verso il basso tutte le condizioni di tutti i salariati, messi in concorrenza oggi con lavoratori al limite dello schiavismo. Affinché però una norma sia efficace è necessario che esista il controllo della sua applicazione.
Se per tre settimane dei lavoratori hanno potuto essere "alloggiati" in condizioni disumane in un cantiere è preoccupante. Difficile credere che nessuno se ne sia accorto. Sia il committente che la direzione lavori, dovevano essere molto distratti per non rendersi conto di quanto succedeva nel loro cantiere. Gli operai che abbiamo incontrato sul posto ci hanno detto di aver notato qualcosa di strano. Alcuni, impietositi, hanno condiviso il cibo e allungato qualche franco agli operai sfruttati. A testimonianza che la solidarietà non è una parola vuota. Altri ci hanno anche espresso la paura di denunciare la situazione perché a pagare sarebbero poi state le vittime. Forse è vero. Ma neanche lasciarli nello stato in cui erano è un grande aiuto. E se non si denuncia il fenomeno, quest'ultimo può diventare generalizzato. A pagarne le conseguenze poi saranno tutti i salariati. Nel suo intervento nel cantiere, il funzionario di Unia che ci accompagnava ha chiesto a tutti i lavoratori di segnalare ai sindacalisti questi casi. A chi lo fa, sarà garantito l'anonimato e sarà il sindacato ad assumersi l'onere della denuncia. Non si tratta di delazione, ma di permettere a chi deve difendere gli interessi dei lavoratori di poterlo fare concretamente. 


Pubblicato il

05.06.2009 01:30
Francesco Bonsaver
Editore

Sindacato Unia

Direzione

Claudio Carrer

Redazione

Francesco Bonsaver

Raffaella Brignoni

Federico Franchini

Mattia Lento

Indirizzo
Redazione area
Via Canonica 3
CP 1344
CH-6901 Lugano
Contatto
info@areaonline.ch

Inserzioni pubblicitarie

Tariffe pubblicitarie

T. +4191 912 33 88
info@areaonline.ch

Abbonamenti

T. +4191 912 33 80
Formulario online

INFO

Impressum

Privacy Policy

Cookies Policy

 

 

© Copyright 2023