Swissair: «rien ne va plus». Una nuova denuncia penale contro i dirigenti di Swissair Group è stata sporta martedì presso il procuratore generale di Zurigo. Emana da un singolo creditore, Pierre-Alain Droz, e chiede la detenzione preventiva dei presunti responsabili della catastrofe finanziaria del gruppo, le cui attività aeree sono rimaste paralizzate in questi giorni. Economista a Moutier, nel cantone di Berna, Pierre-Alain Droz, che agisce in qualità di creditore di 70mila miles Qualyflier, ritiene che i conti 1999 siano stati truccati e che le relative comunicazioni sociali siano state falsificate. Lascia perplessi infatti il capovolgimento brutale della situazione finanziaria dal 1999 al 2000, anno in cui l’azienda ha registrato circa 3 miliardi di franchi di perdite, ufficialmente a causa dell’avventata campagna di espansione all’ estero. Possibile che Sabena, Aom-Air Liberté e la tedesca Ltu abbiano causato una tale voragine nell’arco di soli dodici mesi?
Il bilancio 1999 si era chiuso con un beneficio di 273 milioni. Come Pierre-Alain Droz, altri creditori ricorreranno alle vie legali. In precedenza gli azionisti hanno promosso un’azione penale per accertare eventuali responsabilità nel disastro dell’azienda. I circa 800 membri dell’Associazione di difesa degli azionisti di Swissair Group, presieduta dall’avvocato zurighese Hans-Jacob Heitz, decideranno nelle prossime settimane se intraprendere anche una causa civile per violazione del dovere di diligenza da parte delle fiduciarie incaricate della revisione dei conti, PriceWaterhouse Cooper e McKinsey.
Fino a ieri i piccoli azionisti hanno dato fiducia a Mario Corti. Oggi è l’ora dei conti. Non c’è più nessuno a cui affidare misure di risanamento, poiché l’azienda non esiste più. Il gruppo ha una moratoria concordataria che sarà concessa in un primo tempo, ma non sarà probabilmente accettata dai creditori. Questi potrebbero optare per la soluzione del fallimento che offrirebbe possibilità di procedimenti penali. La pioggia di denunce che cadrà sulla testa del gruppo farà da propulsore alla ricerca e alla definizione delle responsabilità del disastro. Ad essere chiamato in causa è innanzitutto l’ex-presidente del consiglio di amministrazione Philippe Bruggisser, che aveva coltivato il sogno dissennato di trasformare a colpi di acquisizione una piccola compagnia di un piccolo paese in un colosso mondiale del trasporto aereo. L’ex-direttore finanziario, Georges Schorderet dovrà dare spiegazioni su un’eventuale gestione infedele e sull’ uso presunto di false informazioni nelle attività commerciali (reati contemplati dagli articoli 152 e 158 del Codice penale).È probabile che a comparire ci saranno anche gli ex-amministratori delegati Josef Ackermann et Hannes Götz. Chiarimenti saranno dati sulla liquidazione di 5 milioni di franchi a Eric Honegger, consigliere di stato zurighese, ex-membro del consiglio di amministrazione di SairGroup, facente parte di un gruppo di manager che, dopo una serie di operazioni azzardate, ha abbandonato precipitosamente il volo lasciando una grossa patata bollente nelle mani di Mario Corti.
Nuvole nere si addensano anche sulla testa di Lukas Muhleman, amministratore delegato di Credit Suisse Group. Il numero uno del secondo gruppo bancario elvetico continua per il momento a tenere il coltello dalla parte del manico. Membro del consiglio di amministrazione durante l’era Bruggisser, il banchiere si era più volte dichiarato ostile alla politica di espansione dell’ex-presidente del gruppo. Oggi Lukas Muhleman si trova a fianco di Marcel Ospel, presidente del colosso bancario Ubs, nel presunto tentativo di «salvare il salvabile», cioè le attività aeree del gruppo. Il disegno delle banche presenta dei tratti diabolici che non sono sfuggiti a osservatori attenti. Sin dal primo momento Ubs e Credit Suisse si sono orientati versa la compagnia regionale Crossair, la cui situazione finanziaria è reputata sana, rilevandone le quote Swissair (circa il 70%) per 260 milioni di franchi.
Esposte fortemente nei confronti del gruppo gli istituti bancari tentano di recuperare almeno parte delle somme messe a disposizione (circa 1,35 miliardi). Il disegno delle banche è stato definito da più voci, in primo luogo da fonti sindacali, come un atto rapace. Ma al coro delle critiche si sono aggiunti moltissimi politici. Molti analizzano oggi, a mente fredda, il blocco totale dei voli come una conseguenza prevista e prevedibile.
Annunciando la moratoria concordataria la compagnia si sarebbe irrimediabilmente esposta ad una serie di reazioni a catena, quali il taglio del carburante e l’annullamento dei voli. Adesso, fa notare un analista, la ripresa delle attività aeree di Swissair sarà rinegoziata a probabilmente conclusa al ribasso. Il fallimento si configura, cinicamente, come la migliore soluzione per le banche.
La classe politica svizzera si è dimostrata, alla prova dei fatti, di un’impotenza preoccupante. Dietro l’immagine, quasi caricaturale, di Kaspar Villiger in lacrime che si fa desiderare al telefono da Marcel Ospel, c’è il segno di una fragilità disarmante del governo di fronte a situazioni di emergenza. Martedì, durante il giorno più funesto della storia dell’economia svizzera, il governo ha implorato un aiuto immediato di 125 milioni di franchi. «Nein» hanno detto all’unisono e con arroganza le banche, lasciando intendere che ormai il dado è tratto.
Una posizione intransigente che è all’origine dell’annullamento di tutti i voli, circa 230, e dello smarrimento di 18mila passeggeri. Dal canto suo, il Consiglio federale, per bocca del ministro dell’economia, Pascal Couchepin, ha dichiarato non poter assumere «impegni finanziari con i soldi dei contribuenti». La posizione del governo è determinata da vincoli di natura concorrenziale che, a livello internazionale, impediscono a uno Stato di sostenere compagnie private. Né tantomeno è stata presa in considerazione un’eventuale clausola di emergenza, a seguito degli attentati a New York et Washington, che avrebbero generato bisogni di nuove risorse per circa 4 miliardi. È esplosa così una crisi di liquidità che nello spazio di pochi giorni ha messo definitivamente in ginocchio il gruppo.
Nei giorni scorsi il Consiglio federale si era pronunciato in favore di un aiuto straordinario. Oggi gli sguardi sono puntati sull’esecutivo il cui margine di manovra resta ancora intatto, in considerazione del fatto che gli Stati Uniti e l’Europa hanno concesso contributi straordinari ai loro rispettivi trasporti.
A fare le spese della catastrofe sono in primo luogo gli impiegati. Dopo il martedì nero il numero di esuberi è stato rivisto in rialzo. Alle 2’560 soppressioni di posti di lavoro, di cui 1’750 in Svizzera, se ne aggiungono almeno altre 5000. Attualmente nel comparto aereo lavorano per Swissair (in Svizzera) 7000 persone, che si ritrovano senza lavoro. Per le altre società e divisioni del gruppo al momento non sono previsti licenziamenti, ma il loro futuro non è garantito. In un settore, quello dell’aviazione, alle prese con enormi difficoltà, i piani di vendita di certe filiali e la cessione di alcune attività si presenta come un compito arduo. |