Scheda senza intestazione, specchio per allodole

Il 22 aprile il Corriere del Ticino (CdT) ha pubblicato in prima pagina una tabella sulle "Comunali" (estrapolata da 21 comuni, 13 del Sottoceneri tra cui curiosamente Arogno ed 8 del Sopraceneri) titolata "il confronto". In essa ha paragonato i dati di Plr, Ppd, sinistra (Ps-Verdi) e destra (Lega-Udc) presentandoli in "percentuali 2004 e 2008". Il confronto sembra quello fra mele e pere in quanto non è stato inserito in quel grafico il dato, elevatissimo, di schede senza intestazione. Per cui, coniando un neologismo, quelle 2008 erano perottantali e non percentuali. Ne è nato uno scambio di battute con l'organo Plr Opinione Liberale (Ol) che ormai ha ben capito come, a differenza del passato, per il CdT i vertici attuali del Plr siano tutt'altro che amici.
Ol ha giustamente fatto notare che dopo l'arrivo della scheda "antipartito" i confronti vadano fatti sui seggi (che è il dato più sicuro) o sui voti (che è un po' meno affidabile in quanto ad ogni elezione varia il numero di votanti). In base al numero dei seggi difatti il preteso crollo del Plr (meno 11 per cento) risulta dimezzato (da 60 a 56 seggi), mentre Ps-Verdi e Ppd perdono ciascuno 3 seggi (rispettivamente da 30 a 27 e da 35 a 32). Lega-Udc salgono da 11 a 17 seggi. Da terremoto preteso (ad usum delphini) a scossetta, dunque.
Ma non è di questo che vorrei dire. È invece della tanto decantata scheda senza intestazione, dalla quale a suo tempo anch'io venni attratto, ma che ora non mi piace. Sono insomma un pentito della scheda non intestata: oggi la ritengo il ripiego di chi non ha il coraggio di scegliere, quando invece la politica è scelta e del resto con il panachage da decenni si può spaziare su candidati di ogni colore. Ma soprattutto è falsa l'affermazione secondo cui la scheda non intestata non è scheda di partito. Lo è invece, pur se travestita. Chi appone una crocetta accanto a un nome non solo attribuisce un voto a quella persona (e pertanto al suo partito), ma soprattutto ne attribuisce un secondo – impersonale e quindi strettamente di partito – alla lista su cui il candidato viene presentato. Un voto questo esclusivamente al partito e non a persone.
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«Chiedere meno imposte non è di destra né di sinistra. È giusto».
La frase apodittica si incontra a conclusione di un editoriale de Il Caffè (4 maggio).
Tocca qui ripetere alcune ovvietà, ma tant'è.
L'affermazione di cui sopra è tanto semplicistica quanto falsa.
Il livello delle imposte dipende da numerosi fattori, primo fra tutti l'erogazione di servizi e la loro qualità. Vi sono nazioni europee a fortissima pressione fiscale ed a bassissima diffusione e qualità di servizi. Là anche la sinistra chiede o dovrebbe chiedere sia un abbassamento della pressione tributaria sia un miglioramento delle prestazioni offerte ai cittadini. Vi sono poi nazioni con forte pressione fiscale e buona rete di servizi (nazioni scandinave) ove si può ragionare di mantenere il buon livello delle prestazioni erogate contenendo l'onere impositivo. Vi sono infine nazioni a bassa pressione fiscale e buona rete di servizi (come la Svizzera, sempre nel contesto europeo).
Orbene, tutti, o quasi, sanno che il Ticino è il secondo cantone per minor pressione fiscale sulle persone fisiche e il terzo se si considerano anche quelle giuridiche. Tutti sanno che a differenza di Zugo e Svitto, il Ticino deve però sobbarcarsi oneri propri legati alla marginalità geografica, alla separazione dal resto del Paese (ospedali, strade in un vastissimo territorio, università ecc), mentre presenta redditi medi molto più bassi ed alcuni oneri molto più elevati (premi dell'assicurazione malattia) rispetto agli altri cantoni.
Chiedere meno imposte in Ticino è pertanto oggi non solo un'assurdità (purtroppo rimane il principale se non unico argomento in mano alla destra da oltre dodici anni), ma è anche chiaramente di destra. Ed è sbagliato.

Pubblicato il

09.05.2008 12:30
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