Sarkozy all'attacco delle pensioni

Nicolas Sarkozy ha la tentazione di seguire, vent'anni dopo, l'esempio di Margaret Thatcher, che negli anni '80 scelse lo scontro e sbaragliò i sindacati ? Dopo aver insistito durante la campagna elettorale sulla necessità di operare una «rottura» drastica con il passato, in un paese rimasto indietro di decenni sulla strada delle riforme, il presidente francese ha confermato martedì le affermazioni del primo ministro François Fillon sull'imminenza di una riforma dei "regimi speciali" delle pensioni. Se ne saprà di più il prossimo 18 settembre, in occasione di un discorso già previsto di Sarkozy di fronte ai giornalisti che si occupano di questioni sociali. Ma sembra confermata la voglia di andare allo scontro con il nocciolo duro del sindacalismo francese, nei suoi bastioni della Sncf (ferrovie), Ratp (metropolitana parigina) e Edf (elettricità), dove la Cgt è forte.
Difatti, è concentrato in queste aziende il grosso dei lavoratori (500mila in tutto) e dei pensionati (1,1 milioni) a cui si applicano i "regimi speciali" delle pensioni: mentre, dal 2003, per poter andare in pensione, anche i funzionari pubblici devono lavorare 40 anni, come nel settore privato, alla Sncf, Ratp o Edf (ma anche in altre professioni, come i marittimi, o gli impiegati degli studi notarili e quelli di Assemblea e Senato) ci sono situazioni speciali, che permettono di pensionarsi dopo 37,5 anni di lavoro e di avere una pensione calcolata sull'ultimo stipendio (invece che sui migliori 25 anni, come nel privato). Sarkozy ha definito questa situazione «indegna»: secondo il presidente la scusa del «lavoro usurante» non è più di attualità. Sulla base di una serie di sondaggi che dicono che la maggioranza dei francesi è d'accordo con l'abolizione dei regimi speciali, Sarkozy potrebbe decidere di giocare il tutto per tutto, convinto che non si ripeterà la situazione del '95, perché i tempi e le mentalità sono cambiate: allora, Alain Juppé, primo ministro, aveva cercato di imporre con la forza, senza trattativa, un'analoga riforma dei regimi speciali. Risultato: la Francia si era fermata per quasi due mesi, a causa di uno dei più lunghi scioperi della sua storia. Alle elezioni anticipate organizzate poco più di un anno dopo, i gollisti erano stati spazzati via dalla vittoria della sinistra. Più di recente, le vive reazioni degli studenti e dei sindacati contro il Cpe (contratto di primo impiego) che Dominique de Villepin aveva cercato di imporre nel 2006, dovrebbero invitare alla prudenza. Ma Sarkozy sembra aver scelto di rischiare, anche per rilanciare e far dimenticare all'opinione pubblica una serie di promesse elettorali che non ha potuto mantenere, prima tra tutte quella su un aumento del potere d'acquisto. Se riuscirà a schiacciare i sindacati e a far passare la riforma, avrà la strada aperta per altre "modernizzazioni".

Sarkozy ha scelto una mossa in tre tempi per riformare in tempo-record le pensioni in Francia: domenica scorsa, il primo ministro François Fillon ha affermato che il governo aspetta solo «il segnale» del presidente per riformare i "regimi speciali" di certe categorie di lavoratori, abolendone le specificità, per allinearle sul regime generale dei lavoratori del settore pubblico. Il terreno era già stato spianato dalla legge, prevista per gennaio, che impone il servizio minimo nei trasporti pubblici e che dovrebbe impedire che si ripeta il "grande sciopero" con cui un'analoga riforma dei regimi speciali era stata accolta nel '95. Infine, le due prime mosse dovrebbero permetterne una terza: una riforma generale del sistema, per alzare l'età della pensione per tutti, oltre i 60 anni, come chiede da tempo il padronato. L'appuntamento è per il 2008. «Non siamo ingenui – ha affermato il segretario della Cgt, Bernard Thibault – questo passo è destinato a preparare il terreno per nuove misure nel 2008, che saranno applicate a tutti i pensionati».  
L'annuncio di una riforma imminente, fatto domenica scorsa da Fillon (che dice di avere già il testo pronto nel cassetto) è stato molto male accolto dai sindacati. Persino la Cfdt, che già nel '95 era d'accordo con la riforma dei regimi speciali e nel 2003 aveva appoggiato la "modernizzazione" delle pensioni dei funzionari dello stesso Fillon, ha messo in guardia il governo, sul rischio di «un conflitto importante» se il governo deciderà di «passare con la forza», senza trattativa con i sindacati. Per la Cgt, primo sindacato alla Sncf (ferrovie), se il governo sceglie «il fatto compiuto», in Francia «c'è il rischio di avere dello sport, e non solo negli stadi di rugby»: un'evocazione delle marce obbligate dei francesi, nel '95, privati di treni e mezzi pubblici. Per Sud-Rail, secondo sindacato Sncf, si tratta di «una vera e propria dichiarazione di guerra». I lavoratori che godono dei regimi speciali sono additati come "privilegiati" ad una popolazione messa sempre più a confronto con il precariato e l'incertezza del domani, ma convinta non a torto che non sarà la difesa dei regimi speciali a impedire di riformare tutto il sistema pensionistico. I sindacati, con gradi diversi, non contestano la necessità di discutere su una revisione di questo sistema. Ma sono uniti nel rifiutare un diktat del potere, senza trattative azienda per azienda, che si imporrebbe dall'alto (con una legge o un decreto), senza tener conto delle specificità.

Debole risposta della sinistra


I sindacati rischiano di essere molto soli a lottare contro il diktat della riforma delle pensioni. Non soltanto c'è il rischio che l'opinione pubblica, a differenza del '95, non li sostenga più, ma il Ps, principale partito di opposizione, abbattuto dalla terza sconfitta elettorale consecutiva alle presidenziali, non è ancora riuscito a trovare una posizione comune per controbattere a Sarkozy anche su questo tema sociale. Il partito è diviso e in preda al malessere. Sul principio della necessità di una riforma, il Ps è d'accordo con il governo. Per il capo-gruppo socialista all'assemblea, Jean-Marc Ayrault, non bisogna «negare la realtà», anche di fronte a «una presa di coscienza dei francesi». Ma la tensione è cresciuta nel partito, dopo le affermazioni di un giovane leone, il sindaco di Evry Manuel Valls, che ha fatto un passo ulteriore, riprendendo alla lettera le argomentazioni del governo: «bisognerà allineare i regimi speciali su quello generale – ha affermato Valls – è una questione di equità e una questione finanziaria». Il portavoce del Ps, Benoït Hamon, ha ribattuto che «la soluzione non è di essere sempre più a destra». Un altro giovane, Arnaud Montebourg, prende le distanze da questo linguaggio che tende a dare un'immagine di privilegiati dei pensionati dei regimi speciali e che parla di "equità" per l'eliminazione di certi vantaggi: la questione delle pensioni può essere «un mezzo per tradurre in pratica il rinnovamento del partito socialista – sostiene Montebourg – utilizziamo i mezzi prodotti dall'armonizzazione dei regimi speciali per dare nuovi diritti ai lavoratori più esposti ai lavori usuranti». Il segretario del Ps, François Hollande, si è limitato a criticare la «precipitazione» e la «brutalità» delle affermazioni di Fillon.  

Pubblicato il

14.09.2007 03:30
Anna Maria Merlo