“Gaza è peggio dell’inferno sulla terra”. Sono le parole con cui la Croce Rossa ha descritto la catastrofe umanitaria di Gaza. Tra gli oltre 54mila palestinesi uccisi dall’esercito israeliano (IDF) nel genocidio in corso a Gaza dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023, se ne contano ormai decine uccisi mentre tentavano di ricevere aiuti umanitari. Nei giorni scorsi è accaduto in varie occasioni a Rafah e Netzarim. «Mio fratello era andato a prendere gli aiuti ai punti di distribuzione americani a Rafah quando è stato colpito dai proiettili», ha spiegato Yarin Abu al-Naja, 44 anni. «I soldati israeliani hanno iniziato a colpire le persone che erano lì. Si era recato lì con due suoi amici, uno è rimasto ferito in maniera critica, l’altro è stato ucciso e mio fratello è stato colpito alla schiena», ha spiegato il testimone. Dal marzo 2024, sono stati numerosi gli avvertimenti degli organismi internazionali su un’imminente carestia a Gaza. Oggi almeno mezzo milione della popolazione vive con catastrofici livelli di fame mentre gli altri sono in costante emergenza. Bambini e malati muoiono quotidianamente per malnutrizione, i neonati crescono in un contesto di precarietà alimentare e fame. Per l’Integrated Food Security Phase Classification, 71mila bambini sotto i cinque anni a Gaza sono a rischio di “malnutrizione acuta”, con 14mila che si aggiungeranno nei prossimi mesi. Eppure, la carestia di Gaza rappresenta una politica sistematica e intenzionale da parte delle autorità israeliane per massimizzare la sofferenza e la fame tra i palestinesi con lo scopo di spingerli a lasciare la propria terra. Nella Striscia questo avviene ormai da anni con lo stato di assedio via mare, cielo e terra imposto da IDF. Già nel 2012, il governo israeliano ha pubblicato un documento del 2008 in cui il ministero della Difesa calcolava il numero minimo di calorie per evitare la completa malnutrizione della popolazione. Le Nazioni Unite e tante altre organizzazioni internazionali hanno condannato l’assedio come una forma di punizione collettiva senza però ottenere alcun passo indietro da parte di Israele. IDF è andata avanti dopo il 7 ottobre 2023 con la sistematica distruzione del sistema idrico, alimentare e medico della Striscia. Per l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) i bambini palestinesi stanno morendo di fame e disidratazione che impediscono il loro adeguato sviluppo cognitivo. In questo contesto disastroso, è arrivata anche l’intensificazione della manipolazione della macchina degli aiuti umanitari. Nella primavera del 2024, gli Stati Uniti avevano realizzato un progetto per fornire aiuti a Gaza via mare. A giugno la struttura è stata usata per attaccare il campo profughi di Nuseirat uccidendo 300 palestinesi. In parallelo, l’agenzia ONU per i rifugiati palestinesi (UNRWA), un tempo centrale per la distribuzione degli aiuti umanitari, è stata oggetto di un’intensa campagna di disinformazione e di attacchi da parte israeliana. La controversa Gaza Humanitarian Foundation E così, gravi critiche possono essere mosse ora anche alla Gaza Humanitarian Foundation (GHF), sostenuta da Tel Aviv e Washington, e creata per gestire la macchina degli aiuti a Gaza. Un ex funzionario di UNRWA ha parlato di “aidwashing” per spiegare come l’operato di GHF nasconda la carestia che va avanti tra la popolazione locale. Non ci sono centri per gli aiuti nel Nord di Gaza e questo forza la popolazione a spostarsi verso il Sud della Striscia, come prevede il piano di occupazione israeliano. E così questa forma di distribuzione degli aiuti aggrava lo stato di assedio invece di mitigarlo. Tom Fletcher delle Nazioni Unite ha definito GHF come “una foglia di fico per ulteriori violenze e deportazioni”. Come se non bastasse, con l’avvio delle operazioni di distribuzione degli aiuti, il ceo di GHF, Jake Wood, ha rassegnato le dimissioni. Si intensificano le pressioni internazionali su Israele Con i nuovi raid israeliani su Gaza, si intensificano anche le pressioni internazionali su Tel Aviv. Spagna e Irlanda sono i due paesi europei in prima linea nelle misure adottate contro le autorità israeliane. Il ministero della Difesa spagnolo ha bloccato i contratti che prevedono l'acquisizione di materiale bellico sviluppato con tecnologia israeliana: missili Spike LR2 e il sistema lanciamissili Silam. Il governo di Pedro Sánchez ha fatto riferimento più in generale a un “piano di disconnessione tecnologica” dall’industria militare israeliana. Dal canto suo, l’Irlanda potrebbe diventare il primo paese dell’UE a vietare l’importazione di beni prodotti negli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati. Il governo irlandese ha presentato una proposta di legge che renderebbe reato l’acquisto di prodotti israeliani provenienti dalla Cisgiordania e da Gerusalemme Est. Il disegno di legge prevede il divieto di importazione di beni come datteri, arance, olive, legname e cosmetici. Anche il presidente francese, Emmanuel Macron, ha finalmente puntato il dito contro gli eccessi di Israele dichiarandosi favorevole al riconoscimento dello stato palestinese. Dal canto suo, le autorità inglesi hanno fatto sapere che valuteranno ulteriori provvedimenti contro Tel Aviv. Il premier britannico, Keir Starmer, ha denunciato la violenza dei coloni e l’espansione della campagna militare a Gaza. Secondo Starmer, “la recente azione di Israele è spaventosa, controproducente e intollerabile, e ci siamo opposti con forza all’espansione delle operazioni militari e della violenza dei coloni, nonché al blocco degli aiuti umanitari”. Londra ha sospeso i colloqui sull’accordo di libero scambio con Israele e sanzionato alcuni coloni radicali, tra cui Daniella Weiss dell’organizzazione Nachala, che sostengono la violenza in Cisgiordania. “Continueremo a valutare ulteriori azioni insieme ai nostri alleati, comprese le sanzioni”, ha ammesso Starmer. Per la prima volta, sono arrivate le critiche a Israele anche da parte del cancelliere tedesco, Friedrich Merz, che ha condannato le operazioni militari israeliane nella Striscia di Gaza. La Germania è tra i principali fornitori di armi, usate nel genocidio a Gaza, da parte dell’IDF. Infine, sono arrivate anche le dichiarazioni critiche verso Tel Aviv da parte del presidente italiano, Sergio Mattarella, che ha definito “disumano” ridurre alla fame un’intera popolazione e ha criticato l’occupazione israeliana dei territori palestinesi che impedisce la nascita di uno stato palestinese. Non solo, è sempre più forte la mobilitazione internazionale di studenti, nonostante i limiti imposti all’attivismo accademico per la Palestina da Trump negli Stati Uniti, intellettuali, giornalisti, docenti e organizzazioni internazionali per chiedere la fine del genocidio in corso a Gaza, mentre continuano costantemente manifestazioni per Gaza nelle principali capitali europee. Il difficile negoziato per il cessate il fuoco Sul piano negoziale, proseguono in Qatar i colloqui per il cessate il fuoco a Gaza con la mediazione di Doha e del Cairo. Restano molti punti da sciogliere tra cui il rilascio degli ultimi ostaggi israeliani o dei loro corpi nelle mani di Hamas (24 su 59 sarebbero ancora in vita). I raid israeliani contro scuole, ospedali, i campi profughi di Khan Younis e Jabalia sono ripresi dopo la fine della prima fase, il primo marzo scorso, del difficile cessate il fuoco raggiunto il 19 gennaio, che ha portato al rilascio di quasi tutti gli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas. Nei giorni scorsi, gli Stati Uniti hanno posto il veto a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiedeva un cessate il fuoco immediato e permanente a Gaza. Gli altri 14 membri del Consiglio Onu hanno votato a favore della risoluzione, che definiva la situazione umanitaria a Gaza “catastrofica” e invitava Israele a revocare tutte le restrizioni alla fornitura di aiuti. Donald Trump, subito dopo il suo insediamento, aveva parlato del piano di pulizia etnica per realizzare a Gaza la cosiddetta “Riviera del Medio Oriente”. Tuttavia, Washington non ha dato il via libera a Israele per un attacco diretto contro le centrali nucleari iraniane mentre sono in corso i difficili colloqui per un accordo sul nucleare con l’Iran, sebbene le proposte USA siano state fin qui ritenute insufficienti da Teheran. E così si aggravano sempre di più le sofferenze per i palestinesi di Gaza. Tuttavia, mentre la crisi umanitaria diventa insostenibile e continui sono gli attacchi contro i palestinesi in fila per il cibo nella Striscia, è sempre più chiara la consapevolezza di tutti che a Gaza sia in corso un genocidio in uno stato di apartheid e pulizia etnica per i palestinesi. In questa fase però, le dichiarazioni critiche verso Israele di politici ed esponenti della società civile in Europa e nel mondo non bastano più, servono delle misure sanzionatorie strutturate che limitino le politiche genocidarie delle autorità israeliane. |